18. Aris

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ARIS

Era tutto buio, non capiva cosa stesse succedendo, sentiva delle voci rimbombare in quella che sembrava essere una stanza vuota. Gli erano familiari, ma non capiva di chi fossero. Alcune erano maschili altre femminili, non riusciva a riconoscerle.
Avrebbe voluto capire cosa stesse succedendo, non si ricordava manco chi fosse lui stesso.

«Aris, so che mi puoi sentire..ci manchi, manchi a tutti.» parlò. Era una voce femminile.
«Sai, Newt ancora non sembra essersi svegliato del tutto, ma posso giurarti che sei stato uno dei suoi primi pensieri. Ogni tanto dice qualcosa..chiama "Tommy" oppure dice "Aris, stai bene?"..credo che un po' sia cosciente, forse pensa che tu sia sveglio, quando invece non sei in una situazione migliore della sua.» ridacchiò, ma la sua voce non era tanto spensierata come cercava di mostrare.
«Spero tu ti svegli presto, siamo preoccupati per te. Sai..soprattutto io lo sono.»

Chi era quella ragazza? Era tutto troppo confuso e le sue parole si sentivano come sdoppiate per l'eco. Sapeva che era una persona con cui aveva un rapporto stretto, ne era più che certo. Ora però si ricordava il suo nome: Aris.
Cos'era successo? Si stava sforzando a ricordare qualcosa. Poi qualcosa si fece spazio fra i suoi pensieri.

Newt e lui chiusi in una macchina con delle pistole puntate contro da Nathan, il ragazzino che a quanto pare era il figlio di Janson, e August.

August, si ricordava di lui. Di lui sia nella sua vita passata sia degli scontri avuti una volta incontrati fuori dal labirinto.
Perché si ricordava della sua vita passata?
Di questo non era certo.

August era suo amico fin da piccolo. Quando il virus Flare si diffuse, i loro genitori decisero di sottoporli a degli esami per verificare se fossero immuni, e lo erano. Li lasciarono alla W.C.K.D. dicendo loro che lì sarebbero stati al sicuro. All'inizio era così, li sottoponevano a test facili all'inizio, come per esempio la forza fisica, la velocità..poi cominciarono con l'IQ e cose del genere. Questa condizione ai due amici non andava a genio, non stavano bene lì, perciò si organizzarono per scappare. All'inizio gli infetti erano pochi, ma Flare era nell'aria, e quelli non immuni finivano per diventare Spaccati in ogni caso. Quando riuscirono nella loro missione tutto cominciò ad andare a rotoli. Oltre ad essere seguiti dalla fondazione dovevano fare la massima attenzione agli Spaccati in giro. Avevano soltanto 14 anni.
Era tanto da affrontare da soli. Ma nonostante tutto rimasero insieme.
Poi, una sera, era passata più o meno una settimana dalla loro fuga, si accamparono vicino a delle macerie, avevano perlustrato la zona in modo da non trovare brutte sorprese. Una volta che presero sonno rannicchiati nei loro sacchi a pelo versi angoscianti cominciarono a farsi più forti ogni secondo che passava. Aris giurò che non gli sembrava reale.
Un gruppo di mutanti gli si stava avvicinando sempre di più, e lui se ne era accorto troppo tardi. Quando si rese conto della situazione quei mostri erano a pochi metri di distanza. Era ancora stordito per il sonno, ma prese comunque la pistola che teneva vicino alla sacca. La puntò verso gli Spaccati di fronte a lui e sparò senza battere ciglio. Quando poi guardò verso August aveva visto il suo sguardo dolorante supplicare aiuto, due infettati gli erano addosso che lo graffiavano. Sparò anche a loro.
Lacrime bagnavano il viso del suo amico.
Si sentiva in colpa per non aver badato subito ai rumori, per non aver controllato subito. Per colpa sua August era ferito, e non erano pronti a questo, non si erano preparati a quello, pensavano sarebbero riusciti a trovare un posto sicuro prima.
Il respiro del ragazzo dai capelli rossi era affannato lasciando qualche lamento uscire dalle sue labbra. Aris stava entrando in panico. Poi realizzò.
La mutazione.
Non poteva fare nulla per lui. Forse era meglio tornare alla W.C.K.D. e portarlo con lui, forse lo avrebbero potuto salvare. Ma era troppo lontano, come avrebbero fatto a farsi trovare?
Si mise seduto vicino a lui e gli accarezzò la spalla.
«Amico, non so che fare..» balbettava lui, avrebbe voluto salvare August, in qualche modo.
Il suo amico lo guardava con uno sguardo indifferente, ma poteva giurare che se lo guardava attentamente negli occhi poteva vedere che era arrabbiato con lui.
Si alzò lentamente e prese le sue cose, poi si fermò a guardarlo qualche secondo.
«Mi spiace..» fu l'ultima cosa che disse all'amico ferito e infetto.
Se ne andò, lasciandolo solo.

Ricordandosi di tutto ciò Aris sentiva di voler piangere, ne aveva il bisogno, voleva sfogarsi, ma non riusciva. August era sopravvissuto in qualche modo, e si voleva vendicare.

Tornò a pensare a Newt.
Perché avevano preso anche lui?
Poi si ricordò che c'era anche Nathan.
Nathan c'è l'aveva con Thomas, perché non prendere lui? Forse era una "preda" più complicata da ottenere, quindi erano andati sul più facile.
Newt non era "facile". Forse erano a conoscenza del rapporto fra lui e il ragazzo bruno.
Come potevano averlo preso?  Si ricordava che aveva cercato di parlare durante il viaggio ed era andata a finire che si era beccato un pugno in faccia così forte da spaccargli il labbro.
Newt cercava di ribellarsi, voleva difenderlo. Si era messo di fronte a lui cercando di nasconderlo, e, ovviamente, così facendo si prese un cazzotto anche lui.
Si ricordava anche di aver urlato un "lasciatelo stare!".
Uno sparo.
Gli avevano colpito la caviglia.
Perché la caviglia? Lo volevano vivo?
La sua vista cominciò ad offuscarsi, Newt gridava cose come "cosa avete fatto" oppure "state fermi".
Le palpebre si fecero sempre più pesanti, poi, buio totale.
Questa era l'ultima cosa che si ricordava.

Continuava però a pensare che fosse successo altro, che avesse sentito altro.
Ricordava di aver sentito delle voci urlare "Thomas, fermo!" "Io ti ammazzo!" e altre cose.
Thomas.
Thomas era lì?
O era stato lì?
Aveva anche sentito sbattere e urlare, non capiva cosa fosse successo.

«Ragazzi! Aris sembra stia piangendo!» chiamò una voce femminile, facendogli scordare ciò a cui stava pensando.

«Sicura non sia soltanto sudato, Sonya?» parlò un'altra voce, sta volta maschile.

«Non lo so, ho detto che mi sembra!»

Sonya.
Si ricordò subito di lei.
Quella ragazza lo stava facendo uscire fuori di testa, ogni singola cosa che faceva lo incantava, dal primo giorno che la aveva vista nel labirinto.
Era l'unico ragazzo lì, lei fu una delle poche che lo trattava come se non fosse diverso da loro.
Le altre si allontanavano da lui soltanto perché era un ragazzo, pensavano fosse uno "sporco pervertito", così lo chiamavano.

Amava Sonya, lo sentiva, ma non sapeva come dirglielo né come dimostrarglielo.
Era bastato così poco a farlo dimenticare di ciò che stava pensando poco prima? Sì.

Si stava ricordando di tutto pian piano, però ancora non aveva capito dove si trovasse, e questo non gli piaceva.

«Minho, ne sono sicura, adesso sta piangendo..» continuò la voce femminile, sta volta però la sentiva più vicina, catturando nuovamente la sua attenzione.
«Pensi ci senta?»

Aris avrebbe voluto risponderle, ma non poteva, questo lo disturbava ancora di più.

«Molto probabile, quando una persona è in coma si dice che ti sentano nonostante sembri stiano dormendo.» parlò poi una voce maschile, probabilmente era Minho visto che era stato chiamato poco prima dalla ragazza.

Era in coma?
Non riusciva a capire.

Poi ci pensò un po' di più, aveva tutto sempre più senso.

«Thomas, ci siamo noi qui, okay? So che non vuoi lasciare Newt, ma devi andare a parlare con August..» continuò ancora la stessa voce di prima.

«No.. aspetto che si svegli.» si aggiunse un'altra voce, una di quelle che si ricordava di aver sentito.
Doveva essere Thomas ad aver risposto.
Non sentì più nulla dopo quello.

Survivor // newtmas fanfictionWhere stories live. Discover now