46. L'allenamento (rev.02)

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C'erano cose di cui Ben aveva chiaramente detto di non poterle parlare, almeno non subito. Possibile che il fatto che suo nonno, Robert Wigan, fosse ancora vivo, rientrasse tra quelle cose momentaneamente inconfessabili? E soprattutto, perché?

Forse Ben si vergognava ad ammettere di aver commesso una grave violazione: cancellare la mente di suo padre per scappare di casa. Eppure aveva commesso anche di peggio e lei ne era già al corrente. Perché non dire anche quello, allora?

Magari, semplicemente, non ne aveva ancora avuto l'occasione di parlargliene; in fondo, da quando si era rivelata, tutto era praticamente corso all'impazzata e lei era stata costretta a raccogliere tantissime informazioni in rapida successione senza aver modo di fare troppe domande.

Tenne per sé la scoperta e decise di riprendere il corso della giornata, il più normalmente possibile.

Erano già le dodici e trenta: entro quindici minuti il campanello per la pausa mensa si sarebbe fatto sentire. Era riuscita a schivare le domande di Sarah fingendosi più attratta del solito dagli argomenti delle lezioni di storia e filosofia, ma durante il pranzo non avrebbe potuto evitarla; doveva elaborare delle risposte, seppur lontane dal vero, ma il più convincenti possibili.

Gli ultimi minuti della lezione del professor Travor erano sempre abbandonati all'attesa del suono della campanella. Il professore di filosofia, un uomo stempiato sulla cinquantina, profondamente segnato dal fallimento del proprio matrimonio avvenuto due anni prima, preferiva condensare l'attenzione dei ragazzi nei primi quaranta minuti di lezione, dedicando i restanti alla riflessione. Così, mentre lui era solito chiudere gli occhi e reggersi la fronte con le mani, poggiando i gomiti al centro esatto della cattedra, gli studenti, senza disturbarlo troppo, passavano l'attesa anticipando il rilassamento della pausa chiacchierando tra loro.

"Sei sicura che vada tutto bene?" le chiese Sarah comparendo all'improvviso e sedendosi sul suo banco.

Perché Sarah ci vedeva sempre così dannatamente bene? Si chiese Adriel, mettendo in pausa l'ennesimo video dell'Azienda trovato su Youtube.

"Perché dici così?" le chiese evitando a fatica di mordicchiarsi il pollice destro.

"Niente... solo che ieri eri davvero al limite e oggi, beh, oggi sembra che tutto sia tornato normale."

Tutto era peggio e più incasinato di prima. Se a Sarah sembrava normale, allora lei era davvero brava a fingere.

"Non è cambiato niente" le disse ritirando il quaderno di filosofia sotto al banco per evitare il suo sguardo indagatore. "È solo che ieri non l'ho visto tutto il giorno e nemmeno stamattina, per cui non ci ho avuto modo di litigarci, tutto qui."

Sarah cambiò emozione, passando dall'ansioso al preoccupato. Anche la sua espressione si fece corrucciata.

"Caspita però, Adriel. Tutto ieri, stanotte e stamattina che Ben non passa da casa e non ti ha nemmeno mandato un messaggio o fatto una chiamata?"

Adriel si limitò a scuotere il capo in segno di diniego, senza però staccare gli occhi da Sarah per evitare di perderne anche la minima sfaccettatura. Poteva chiaramente sentirla, ma non ci era ancora abituata; l'espressione del viso, per ora, restava il metro di analisi più valido cui fare affidamento.

"Sarà anche stronzo, ma se mio padre sparisse per così tanto tempo, un po' mi preoccuperei..." continuò l'amica.

È solo quasi morto dissanguato sul tappeto del bagno, prima che lo portassi in ospedale dove un numero indefinibile di istigatori ha iniziato a darmi la caccia per mezza città prima che liberassi la mia energia rimandandoli nel Limbo. A proposito, l'esplosione della scorsa notte è farina del mio sacco. Queste le parole che scorsero rapide sulla punta delle lingua di Adriel mentre la sua espressione si sforzava di mantenere la linea che si era imposta di seguire.

La Rivelazione di AdrielDove le storie prendono vita. Scoprilo ora