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Un altro lampo. Questa volta squarciò il cielo verticalmente. Subito dopo un tuono.

La pioggia cadeva copiosamente, bagnando il ragazzo che correva con tutte le forze che aveva in corpo. Era una lontana notte di dicembre; tutto era circondato dal freddo ghiacciante e dal silenzio. Le case gli scorrevano accanto. I muri grigi, tempestati di scritte, fatti da malviventi, ora formavano un'unica muraglia.
I polmoni gli bruciavano, in cerca d'aria che faticava ad arrivare. I muscoli cedevano. La forza diminuiva e la vista si offuscava. Lo sforzo era maggiore alla forza del ragazzo. Avrebbe ceduto a breve, ne era certo, ma non poteva fermarsi. O sarebbe stato peggio.
Le scarpe già sporche di fango e malridotte, schizzavano acqua ovunque, bagnando maggiormente i suoi pantaloni; in precedenza bianchi, ora marroni.
Si tolse velocemente i capelli biondi dal viso. La bocca era aperta e secca. Il naso bruciava. Gli occhi pizzicavano e minacciavano di chiudersi. Poco gli importava, però, doveva trovare un luogo sicuro dove stare per la notte. Era deciso, il giorno dopo sarebbe partito per l'Europa, almeno lì non l'avrebbero mai trovato.
Le strade buie iniziavano a diventare lunghi corridoi senza fine. I lampioni si spegnevano. Le macchine cessavano di passare. Le persone si rintanavano nelle loro case.
Casa. Questa era una delle molte parole di cui il ragazzo non sapeva il significato. L'avrebbe mai scoperto? Forse, ma prima doveva scappare.
Il sangue gli colava lungo il collo, macchiando l'unico indumento che aveva oltre che ai boxer. La camicia a scacchi, un tempo bianca come la neve, ora era rossa. Che poteva farci?
Svoltò bruscamente l'angolo, quasi scivolando sull'asfalto bagnato. Si graffiò i palmi delle mani aggrappandosi al cemento di cui era fatto il muro. Con notevole terrore notò che era un vicolo ceco.
Sentì dei passi in lontananza. Il battito delle ciglia bagnate era facilmente udibile alle sue orecchie e schizzo di gocce d'acqua era simile al rumore di tuoni.
Si tappò le orecchie con le mani, appena vide un lampo, che subito venne seguito dal rumore assordante di un tuono.
Si accucciò a terra, in cerca di conforto abbracciando le sue gambe scoperte, bianche, infreddolite e fin troppo magre.
Poggiò una mano sul suo collo, sentendo chiaramente la ferita. Rabbrividì al solo ricordo.

"Ora come faccio?" pensò, toccò la maglietta, inzuppa di quel liquido rosso che conosceva fin troppo bene.

I rumori dei passi si avvicinavano; si schiacciò di più contro al muro.
Quando i passi si fermarono, aprì gli occhi, vedendo un ragazzo alto, dai capelli neri e vestito con un completo del medesimo colore. Si guardava in giro come in cerca di qualcosa.
Appena si voltò verso il vicolo, in cui si era rifugiato, strabuzzò gli occhi.
Raggiunse il ragazzino che cercava in tutti i modi di nascondersi, inutilmente. Il ragazzo lo aveva visto.

-Ehi, come ti chiami? - gli chiese, inginocchiandosi davanti a lui.

Il ragazzo lo guardò attentamente. Gli occhi iniettati di sangue, indicavano che non si era ancora cibato. La pelle bianca, mostrava chiari segni di astinenza dal sangue. Nonostante gli evidenti segni della fame, non dava segni di voler succhiare il suo liquido rosso, che era visibile sulla sua pelle bianca e che non smetteva ancora si scendere.
Poteva fidarsi? No.

Ma non aveva altre scelte.

-F-Felix- sussurrò. La voce mancava. Le corde vocali si muovevano, sottraendogli una forza estrema.

-Che ti è successo... chi ti ha morso? - si allarmò il ragazzo più grande, vedendo i due segni scuri, che spiccavano sul rosso.

- Park Sung-hoon... ti prego, risparmiami- disse, quasi in un sospiro. Gli occhi cedevano. La fame smetteva di insistere. Le forze sparivano.

-No, ehi, guardami, okay? Non chiudere gli occhi, o non li aprirai più. Non ti preoccupare, ti porto a casa mia- lo prese in braccio, macchiandosi del suo sangue.

Con la poca lucidità che gli rimaneva, Felix osservò le iridi dell'altro ingrandirsi, segno che il suo sangue l'aveva attirato.
Lo sguardo cadde sul suo collo, rimanendo attratto da uno strano ciondolo.
Era un triangolo di metallo, con al centro una lettera scritta in oro: H.

"No, no, no, no, no, no! Proprio lui!" si maledisse mentalmente, per essere proprio tra le braccia del suo nemico. Se poteva definirlo tale, ovviamente.

La realtà, era che il ragazzo più grande, era il grande Hwang Hyunjin. Il vampiro più malvagio, assetato di sangue e temuto di tutti i secoli. E lui era proprio fra le sue braccia, mentre lo portava non si sa dove.
E Hwang Hyunjin stava cercando di resistere alla sua voglia di succhiargli il sangue.
Perché?


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nn so pk, ma mi è venuta voglia di scrivere una hyunlix.

lo so che ho una storia in corso, e non è una grande cosa farne due contemporaneamente, ma volevo pubblicare.

nn so quando pubblicherò, non credo regolarmente. è solo una storia per distrarmi di più dal mondo, perché ne ho bisogno. Un Sogno Come Realtà mi aiuta, ma soprattutto in questo momento, ho bisogno di più cose che mi tengano lontane dal mondo, ho bisogno del mio sogno.

e una hyunlix è la migliore soluzione!

nn so se conterrà smut, perché nn le ho mai fatte e nn credo ne avrò mai il coraggio, ma MAI dire MAI, quindi...aspettatevi di tutto!

The Vampire's loveWhere stories live. Discover now