Capitolo 32 - Riscossa

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Scuoto la testa e tutto il mondo ruota vorticosamente. Tutte le certezze sono crollate ed ora fluttuo nell'ombra della disperazione.

Do un'occhiata al corpo esanime di Joshua e scorgo che ha ancora gli occhi aperti.

Poggio la mani sulla sua fronte già fredda, e scendo l'arto piano verso il basso.

«Carl. Io...» Jason Balbetta. Percepisco la sua tensione dalla bocca tremante.

Non è colpa sua, anche lui come me voleva evitare il peggio, ma entrambi abbiamo fallito e ora non so cosa ci aspetta.

«La colpa è soltanto dei Ribelli e della NASA.» Lo rassicuro.

Il fucile gli scivola dalla mani come se la sua mente avesse cessato di trasmettere impulsi ai muscoli.

L'arma al contatto con il pavimento produce un tonfo sconnesso, e Jason inizia a tormentarsi i capelli consunti.

«Ho appena ucciso un ragazzo.» Ha l'espressione terrorizzata, e potrebbe cedere da un momento all'altro commettendo una qualsiasi pazzia.

Poggio tre dita al suolo dandomi uno slancio.

«Jason fermati!» Gli ordino in tono autoritario, ma lui è troppo sconvolto dall'azione che ha appena commesso.

Di certo non capita tutti i giorni di uccidere un proprio coetaneo.

«Come posso.» Si volta e sbraita gesticolando. «Io non volevo neanche essere qui.» Leggo la disperazioni nei suoi occhi.

Le lacrime iniziano ad aggiungersi al sudore che già gli irrorava il viso.

Blocco la sua camminata paranoica mettendo le mie mani sulle sue spalle.

«È colpa di tuo padre se ti trovi in questa situazione. A volte i genitori ci trascinano in situazioni di cui noi non vogliamo entrare. Ma hai la piena libertà decidere. Tuo padre non c'è. Dobbiamo farla pagare a coloro che hanno commesso quello spargimento di sangue.» Addito i monitor, ma le inquadrature ormai sono interrotte; l'esplosione avrà devastato ogni cosa.

Jason tira sul con naso e alza lo sguardo per poi annuire.

«Okay, ora dovremo uscire di qui.» Propongo cingendomi le mani sui fianchi.

Trasporterò il corpo di Joshua e nonostante il genocidio che ha appena commesso, lo seppellirò.

Un piccolo rumore che sembra provenire da piano di sopra ci prende alla sprovvista.

«Dobbiamo muoverci, ho tutta l'impressione che non siamo soli.»  Pronuncio in fretta, ma non faccio in tempo.

Dalla penombra compare un uomo nerboruto di mezz'età che tamburella una mazza d'acciaio fra le sua mani.

Avvisto tutto la gang dietro di lui e ne conto quindici. «Dove vai ragazzo? Tuo padre ti aspetta.» Dice il primo in tono stentoreo.

Ma le parole dell'uomo non mi scalfiscono, anzi fanno crescere in me il senso d'odio che provo per i Ribelli. «Fottuti bastardi! Avete fatto morire migliaia di ragazzi.» Gli urlo contro.

«Oh, oh! Qui abbiamo un ragazzo "Ribelle"» Dice tormentando la mazza contro il suo palmo.

Al sol pronunciare della parola "Ribelle" mi viene da vomitare. Non entrerò a far parte di questo gruppo di folli psicopatici ed ora che anche la NASA è stata spazzata via, e con essa mia nonna, Daren, Daisy, Chryssa e tutti gli altri,  i Ribelli sono convinti di non avere più nemici, ma si sbagliano di grosso.

«Tieniti pronto.» Mormoro in direzione di Jason. Alla mia frase tentenna e sembra essere stranito.

Scatto assalendo l'uomo e assestandogli un gancio nello stomaco. Il suo corpo si infrange contro le parete coinvolgendo buona parte dei balordi.

MARXAN: LA PRIMA GENERAZIONE [PRESTO CARTACEO]Where stories live. Discover now