Capitolo 36 - I Rifugiati (Parte 1)

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I Ribelli l'hanno catturata! Non riesco a pensare ad altro.

Sprono le mie meningi e cercando disperatamente di rimettermi in contatto con lei, ma nella mia testa fluttua il buio più totale; nella sala si espande il rumore cadenzale di gocce d'acqua putrida che si infrangono in una pozza.
Se mi fossi immaginato la sua voce nella mia testa?
«Ti ha detto dov'è?» Domanda Jason bramoso e avanzando di qualche centimetro con il busto.
Appoggio le mani sulle tempie e faccio circolare le dite creando cerchi immaginari. Devo isolarmi e concentrarmi, so che posso ristabilire di nuovo il contattato. Ma avverto un lacerante dolore alla testa come se qualche esserino invisibile avesse strappato un pezzo del mio cervello.
«Questo qui è veramente pazzo.» Afferma Wade faceto.
«Cazzo, amico! Ti vorrei vedere nei suoi panni.» Soggiunge Daren.
«Prendi sempre le sue difese. Non posso che pensare che voi due siete stati mandati dalla NASA a sedare questo posto.» Insinua Wade.
«Sì, certo. Rubiamo le vostre pentole arrugginite e le armi senza munizioni.» Daren indica con gli occhi l'arma che Wade tiene serrata fra le sue grosse e callose mani. Non so come se ne sia accorto che il fucile di Wade fosse scarico, ma so per certo che Daren ha un buon occhio. 
«Sgorbio, te lo posso sempre spaccare in testa e aprirti quella zucca nera.» Wade si lancia verso di lui digrignando i denti; sono faccia a faccia. Le vene di Wade iniziano a indurirsi, sembra vedere la rabbia che scorre dentro come un fiume inquinato da sostanze chimiche. Daren, proprio in questo momento, ha fatto cozzare la sua fronte contro quella di Wade. 
Jason si frappone immediatamente cercando di sedare la zuffa. «Okay, ragazzi. Stiamo esagerando. Siamo dalla stessa parte.» Afferma cercando di calmare le acque, ma al tempo stesso trascina lo zio distante da Daren, che osserva con astio ogni minima mossa di Wade.
«Carl, cerca di rimetterti in contatto. Io devo parlare con mio zio.» Mi informa quando ormai ha raggiunto il gradino che dà allo spiazzale.
«Gli frantumo le ossa a quello lì.» Fa Daren infiammato.
«Non riesco più a mettermi in contatto con lei.» Soggiungo osservando un punto morto della sala.
«Da quando hai aggiunto la telepatia alle tue doti?» Mi domanda lui curioso.
«Da oggi!» Rispondo stentoreo.
«Beh... Considerando che io ho impiegato circa tre anni per imparare a nuotare, mentre tu impari cose come la "telepatia"...» Virgoletta e dalla sua espressione buffa mi esce un sorriso represso. «...in un secondo, trovo questa cosa alquanto ingiusta. Ho deciso,  tua nonna dovrà iniettarmi anche a me la formula del DNA.» Finisce assumendo il broncio.
Chissà dive sarà la nonna. Nel momento dell'impatto ho smarrito gli apparecchi e non ho la minima idea di dove si trovi. Ricordo che aveva menzionato una base nel cuore della foresta, ma non ha rivelato le coordinate precise.
Roteo leggermente gli occhi, e la mia attenzione cade su Jason, che parla animatamente con Wade.
Mi stuzzica l'idea di origliare, ma non sarebbe corretto. Cos'è corretto in questo mondo abitato da folli?  
«Cosa ne posso sapere io che non è stato mandato da sua nonna a carpire informazioni su di noi, e poi... Hai visto come si comporta. All'improvviso chiude gli occhi e parla telepaticamente con chissà chi.» È la voce disprezzante di Wade; paragonare la sua lingua a quella di un serpente sarebbe un eufemismo.
«Cosa si stanno dicendo?» Mi domanda Daren sotto voce.
Rimango in silenzio ascoltando il proseguito della discussione. Jason china il capo e martella un piede sulla pietra. «Wade, lo sai che la base della NASA è esplosa. Quel ragazzo che tuo chiami "Mostro" mi ha salvato la vita, e poi hai visto in che condizioni è venuto. Era moribondo.» Fa un strano effetto sentire Jason prendere le mie difese.
«Cosa si dicono?» La voce di Daren è come uno sciame di mosche che se la spassano vicino alle mie orecchie. Involontariamente, poggio una mano sulla sua spalla e lui viene preso da un spasmo. «Cosa cazzo...» Ma interrompe la sua frase schiudendo la bocca. «Che forza, amico. So ascoltando anch'io.» Ammicco, senza scompormi. Ormai sono avvezzo all'idea di scoprire nuove abilità che il mio DNA cela. 
«Può essere anche una messa in scena, mi aspetto questo ed altro dall'organizzazione comandata da quella vipera di Cara Johnson, oppure i Ribelli. Da come tu mi hai spiegato, lui e il figlio di Robert, l'uomo a capo della rivolta. Quindi deduco possa essere un spia che lavora per i Ribelli.» Asserisce Wade.
«Fottuto coglione.» Commenta Daren espirando con l'olfatto.
«Dai, Wade. Tutto questo è ridicolo. Se uniamo le nostre forze possiamo far uscire la tua gente da questo lurido posto e far terminare la guerra.» Afferma Jason speranzoso.
«Ragazzo, bada a come parli. Sei mio nipote, ma non ti permetto di venire nella mia casa e screditarla.» Wade assume un'aria offesa. «E non mi alleerò mai con quella gente.» Addita la nostra posizione.
«Ciao, piacere Ai.» Sobbalzo e distolgo l'attenzione nel pieno della conversazione. Una ragazza dalla pelle giallastra e gli occhi a mandorla si è appena presentata.
«Piacere, Carl.» Bofonchio ponendole la indeciso, poi la riabbasso. La ragazza è bassina e i suoi capelli raccolti di un colore castano scuro al limite col nero le si posano sulla fronte andandole ad oscurare le sopracciglia. Indossa una maglia rappezzata con sopra una felpa mimetica che sembra appartenere a qualche soldato, poiché è di due taglie più grandi.
«Non ascoltare Wade, lui è così, ma infondo è un tipo buono.» Confessa sciolta e faceta.
«Beh... Se i tipi buoni appena compi un solo passo ti puntano un fucile contro, allora questo pianeta fa veramente schifo.» Soggiunge Daren alle mia spalle.
«Ciao, non ti avevo visto.» Fa lei a mo' di saluto.
«Eppure è strano, c'è un netto contrasto con le pareti di questo posto è la mia pelle.» Risponde lui cogitabondo.
Jason e Wade si sono spostati a discutere in luogo in cui non posso scorgerli. Alcune persone hanno iniziato a confabulare creando un brusio che penetra dei timpani come una lama tagliente, Do un'occhiata fugace, e poi presto tutta la mia attenzione sui Ai.
«Se vuoi, possiamo andare a parlare in un altro posto.» Propone la ragazza roteando gli occhi. «Qui hai tutti gli occhi puntati su di te.» Continua avvicinandosi di soppiatto al mio orecchio.
Annuisco e faccio segno a Daren con il capo. Seguo Ai lungo un stretto corridoio, per poi salire una breve scaletta ed uscire fuori in una piccola radura. I raggi solare abbacinano la mia vista per qualche secondo. Sento l'odore dell'erba che si dirama nell'aria sino ad iniettarsi nelle mie narici. Apro prima un occhio, poi l'altro, mentre Daren sale la scaletta imprecando.
Un'immensa prateria verde si estende per lunghi ettari e quasi al ridossa della linea dell'orizzonte si erge una piccola cittadina dai palazzi pencolanti. Gli alberi sparsi per la radura creano dell'enormi ombre sul prato e delle farfalle svolazzano nell'aria qua e là nell'aria pura. 
«Non è stupenda?» Commenta Ai.
«Cazzo, non potevano fare questa scala un po' meno ripida.» Protesta Daren alle mia spalle affannato.
«Sei uno scansa fatiche.» Gli dico e lui mi risponde con un verso impronunciabile.
Ai prende posto su un enorme macigno e mi intima di sedermi al suo fianco. 
«Quando sono triste mi siedo qui e rifletto.» Dice.
«È veramente suggestivo!» Confermo. «Perché mi ha portato qui?»
Lei abbassa lo sguardo scalciando l'erbe rasa. «Perché tu puoi fermare tutto questo.»
Sussulto; sono onorato che questa ragazza riponga così tanto fiducia in me, ma non credo di essere il ragazzo cui le crede. Come posso fermare una ribellione se non riesco neanche a prendermi cura delle persone a cui tengo; ne esempio Chryssa, l'ho esposta al pericolo e ora l'hanno catturata.
«Coma fai a saperlo, se non mi conosci neanche?» Rispondo guardandola negli occhi color nocciola.
Lei abbozza un sorriso, come se già avesse preparata la risposta da molto tempo e avesse aspettato questo momento da decenni.
«Perché le persone diverse sono speciali. Anche se su questo pianeta ne so rimaste in poche, loro hanno sempre la possibilità di cambiare questo mondo. Ma a volte diversità può incutere timore gli altri.» Dagli occhi di Ai traspare un velo misticheggiante di tristezza.

«Se ti può incoraggiare io non faccio parte di questa ristretta cerchia di persone.» Continua chinando il capo e facendo sferzare nell'aria i suoi piedi.
«Perché?» Chiedo curioso.
Ai chiude gli occhi e le sue palpebre tremano e si stringono come se volesse cessare la sua esistenza. «L'Ultima Guerra era iniziata da poco. Io e mio padre abitavamo nell'epicentro del primo vero scontro avvenuto fra i due schieramenti. In meno di un minuto, androidi, navicelle e uomini rasero al suolo la nostra città. Le urla dei bambini sono impiantate ancora nella mia mente.»
Si prende una pausa raschiandosi la voce.
«Mio padre  aveva lavorato per molto tempo nelle forze armate e lesse la situazione in anticipo. Ci mettemmo subito in fuga, ma mentre fuggivamo lui si fermò a soccorrere una donna che portava in grembo un bambino neonato. Io aspettai a pochi passi da lui, ignara del pericolo che incombeva sopra di me e quando alzai lo sguardo mi accorsi che un relitto di una navicelle barcollava su un pendio. Mio padre mi avvisò, ma il mio corpo rimase pietrificato. Ero ferma lì, ad aspettare che quel detrito mi sommergesse.  Proprio mentre i miei occhi seguivano il lento oscillare della navicella, mio padre corse verso di me e mi scaraventò fuori dal raggio del velivolo. In quello stesso momento la navicella precipitò e lui rimase schiacciato sotto il peso del metallo.» Gli occhi di Ai iniziano a riempirsi di lacrime. «Scusa.» Continua con una voce tremante.
«Non devi scusarti.» La rincuoro in tono rassicurante.
«Non sono riuscita a fare un solo passo.» Scoppia a piangere e la rincuoro attorniando il suo busto con le mie braccia.
«Tuo padre si è sacrificato per te.» Dico a bassa voce, mentre il suo singhiozzo si fa sempre più acuto.
«S-se s-solo a-avessi f-fatto u-un p-passo, o-ora l-lui s-sarebbe q-qui c-con m-me.» Balbetta ed ogni parola viene spezzata a causa del singhiozzo.

«Ti prego, Carl. Hai la possibilità di salvare milioni di vite. Cambia questo mondo! Tu sei speciale.» Si alza dandosi una sistemata. Mi sorride; dopodiché affonda i suoi nell'erba asciutta apprestandosi a ritornare nel bunker.
La guerra lesiona le anime delle persone più candide. Non faccio che ammirare quanto sia suggestiva la natura, ma al tempo stesso mi compaiono le atrocità che le persone hanno dovuto patire durante questo interminabili tre anni di conflitto.  Se sono davvero speciale come dice Ai, allora sfrutterò questa mia dote per sovvertire le sorti di questo pianeta, iniziando a salvare le persone che amo.

MARXAN: LA PRIMA GENERAZIONE [PRESTO CARTACEO]Where stories live. Discover now