Capitolo 38 - Proposta

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Spalanco le palpebre ma i miei occhi non mettono a fuoco il luogo in cui sono finito. Il buio regna padrone in questo posto.
Sono steso al suolo e mi duole la testa. Quei farabutti hanno scaraventato un miriade di dardi contro il mio corpo. Respiro a fatica e in questa gattabuia l'aria è pesante; da quanto riesco a vedere non c'è una sola apertura dove possa entrare un po' d'aria respirabile.
Volto il capo cambiando visuale e avvisto un baluginio rosso che brilla nelle tenebre di uno stretto corridoio. Credo debba trattarsi di una fiaccola. Mi isso senza calibrare lo spazio in cui mi trovo e urto il capo contro il soffitto emettendo un lamento che echeggia fra le pareti sotterranee. I miei occhi si sono abituai al buio, ma quando fisso anche per un secondo il fuoco la mia retina crea un effetto disorientante. Gattono, ma la mia mano urta involontariamente contro una ciotola, che si capovolge riproducendo un suono metallico agghiacciante. Mi trattano come un cane. Non voglio sfruttare le doti che possiedo per uscire da questo posto, ma Wade si sta davvero impegnando perché ciò possa accadere . Gattono ancora un po' sino a giungere vicino a delle spesse sbarre di ferro, che segnano il confine tra libertà e proibizione.  Afferro una lastra e ne soppeso la resistenza. Alla mia stretta due sbarre traballano e la voce di un uomo si fa sentire un attimo dopo.
«Se solo provi a sfuggire, ti sventro!» E un altro uomo sogghigna alla battuta dell'amico. Scorgo un'ombra che si avvicina; si ingrandisce per poi rimpicciolirsi sulle pareti di pietra.
«Ho portato il pranzo al prigioniero.» Dice un terzo uomo in tono pacato.
«Fa' presto.» Bofonchia il tizio che poco prima voleva sventrarmi.
L'ombra dell'uomo si appresta a venire verso la mia prigione. Ritraggo le mani dalla sbarre e chiudo la gambe sedendomi curioso di scoprire la sua identità. L'uomo porta una torcia e man mano che i suoi tratti di delineano il mio stomaco si contorce. Il suo viso prende forme: occhi a mandorla e capelli lisci come spaghetti. Sguardo temerario e camminata convinta: è il padre di Joshua.
Farabutto! Serro le mascelle e mi cimento contro la sbarre iniziando a percuotere colpi a raffica. Il boato è infernale, e sento le orbite iniettarsi di ira.
«Shh.» Sibila lui senza scomporsi neanche di un millimetro. Si china poggiando il vassoio a terra, poi quasi con disprezzo lo lancia verso di me facendolo scorticare con il terreno. Il vassoio passa al di sotto delle barricate producendo uno stridulo fastidioso, ma lancio la pietanza invitante contro la parete rifiutando i servigi di quest'essere ignobile
«Tuo figlio è morto e la colpa è solo tua!» Mi spolmono sputando saliva.
Lui trasalisce per un attimo, ma si ricompone subito dopo assumendo un'aria fiera. «Ha fatto quello che doveva fare, si è sacrificato per una giusta causa. E poi era un ragazzo debole, ma alla fine ha avuto fegato a completare la missione .» Farnetica.
«BASTARDO!» Mi infiammo ancora di più, e lui indietreggia come se si trovasse di fronte ad un animale spregevole. Che razza di padre oltraggerebbe un figlio appena deceduto? È tutto così ineccepibile, e non fa altro che aumentare la mia collera.
«Non sono qui per ricevere insulti, sono qui per comunicarti un messaggio importante da parte di tuo padre. Se vuoi, continua ad urlare, ma sappi che va tutto a discapito tuo, poiché se non farò ritorno, la tua cara amichetta si farà molto male.» Le sue parole bloccano i miei muscoli, come se una scheggia appuntita si fosse appena infilzata nel mio petto. I Ribelli hanno Chryssa. Guardo iroso il farabutto che ho davanti, ma reprimo la rabbia stringendo i pungi e flettendo ogni muscolo del mio corpo.  Come avrà fatto mio padre a trovarmi? Il padre di Joshua era già qui quando sono venuto? Se è così saprà bene che il secondo soggetto a cui è stato impiantato il DNA sintetico sono io. Mantengo la calma e trattengo il respiro per poi buttare un grossa quantità d'aria tanto da formare una piccola nuvoletta di condensa. Mi butto contro le sbarre e il mio volto viene rigato dal ferro; avverto il freddo del metallo che raggela i nervi facciali.
«Se ti azzardi a toccarla, ti conficcherò quella fiamma nella tua insulsa bocca.» Sibilo indicando con gli occhi la torcia che pende dalla parete. Lui sorride e non sembra intimorito dalla manaccia.
«Come puoi, tu sei dietro a delle sbarre, mentre io sono libero.» Dice con aria da presuntuoso.
Reprimo ancora una volta tutta la forza che scorre nelle mie vene. Spero che il padre di Joshua sia ignaro delle mie doti.
«Hai fatto scattare tu il sensore, vero?» Domando freddo. Lui annuisce disinteressato mentre si tormenta i pollici e si appoggia al muro sinuoso. «Stasera in questo posto si terrà una riunione per decidere la tua condanna e quella dei tuoi amici, mentre le persone saranno riunite in quella specie di arena...» è una serpe, le parole che usa sono taglienti e disprezzanti e il suo tono di voce è asettico «...io ti libererò e tu verrai con me da tuo padre senza opporre alcuna resistenza. Se non lo farai la tua amica ne pagherà le conseguenze.» Finisce risoluto e senza alcuno scrupolo per la vita di Chryssa.
Ci rimugino su, ma nonostante il mio cervello sia al di sopra del quoziente intellettivo di un normale essere umano, non trovo scappatoie. Se questo è l'unico sentiero per liberare Chryssa, allora lo percorrerò fregandomi di quanto sia tortuoso . Nelle mie palpebre avviene un sistema automatico: si chiudono, per indicare il rammarico delle azioni che ho compiuto. Se sono in questa situazione, in questo determinato posto e in questo dato momento è solo colpa mia. Dovevo appormi quando lei ha deciso di unirsi al salvataggio di quel ragazzino. Dovevo farlo, dannazione! Rodo dentro, ma sono al capolinea, e la proposta che mi ha servito il padre di Joshua è l'ultima spiaggia per rimediare ai miei errori.
Rivedo queste ultime settimane scorrermi davanti agli occhi, come se il mio cervello fosse un ologramma in grado di proiettare immagini dal vivo: la capsula, il messaggio della nonna, l'incontro con i ragazzi, e poi la cruda verità di Clem Hale, che chi sa dove sarà. Tutto mi scorre velocemente davanti agli occhi, alla stessa velocità della motocicletta cui ho rubato a Wade.
Rammaricato, distrutto, ma soprattutto disperato scuoto il capo in segno d'assenso. Non avrei mai voluto accettare questa proposta, ma devo farlo, il mio istinto ha dato l'ordine e io l'ho recepito.
«Bene, allora tieniti pronto per stasera. Rivedrai il tuo amato padre.» Pronuncia beffandosi di me. Si volta per andarsene, ma lo blocco con un'ultima domanda:
«Un'ultima cosa.» Lui si ferma e volta leggermente la nuca spingendo controvoglia il suo udito sinistro per ascoltare la mia proposta.
«Da quanto sei qui?»
«È di vitale importanza questa domanda?» Ribatte scomposto.
«È una clausola dell'accordo.» Rispondo osservando la sua pupilla sinistra che si muove senza un punto preciso.
«Poco dopo che quella specie di essere umano, che si fa chiamare Wade, vi ha catturati. Io ho simulato di essere stato coinvolto nell'ulitmo scontro fra la NASA e i Ribelli. Questi poveracci non sono molto bravi a capire quando qualcuno mente.» Aggiunge per poi farsi inghiottire dal buio del passaggio.
Ho estrapolato l'informazione che mi serviva, ed è l'unica nota positiva nella discussione che ho appena avuto con l'uomo più disamorato che io abbia mai conosciuto. E così, mio padre non sa che l'altro soggetto dell'esperimento è il suo "adorato" figlio. Potrei sfoggiare la mostruosità del mio DNA, solo dopo essermi accertato che Chryssa sia stata liberata. Al solo pensiero dell'espressione di mio padre quando scoprirà la verità,  mi scappa una risata ironica.
È la mia ultima chance, mi ripeto convincendomi che sia questa la verità.

[SPAZIO AUTORE]

Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Carl ha scoperto che il padre di Joshua l'ha attirato in una trappola. La libertà di Chryssa e in cambio Carl dovrà recarsi dal padre senza opporre resistenza.

Secondo voi accetterà?

Al prossimo capitolo.

MARXAN: LA PRIMA GENERAZIONE [PRESTO CARTACEO]Where stories live. Discover now