18. Non finisce qui.

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Cammino a passo veloce per New York, con gli occhi lucidi e la voglia di spaccare la faccia a qualcuno. Non ne posso più, perché lascio che le persone mi trattino come se fossi una marionetta?

Sono troppo buona con tutti, ecco il motivo. Il fatto è che dovrei essere più fredda e non fidarmi facilmente della gente, ma non ci riesco. Non posso cambiare, è più forte di me!

E mi odio per questo. Vorrei tanto essere senza cuore, a volte, in modo che tutti possano rispettarmi. Vorrei essere una di quelle persone che, quando gli altri ne parlano, dicono: "ma sai quanto ci ho messo per guadagnarmi la sua fiducia?". E poi vorrei tante altre cose, solo che non le otterrò mai. Non se continuo così.

Il telefono squilla e non ho proprio voglia di rispondere, ma quando leggo il nome sul display sospiro e mi faccio forza: è Aaron, devo per forza. "Pronto?"

"Ehi, ma dove sei? Sono venuto a casa tua ma non ha risposto nessuno!"

Giusto! Mi ero dimenticata di avvisarlo per la fretta! "Dio! Scusami, mi sono scordata di dirti che sono andata a New York a trovare i miei genitori...non avevamo programmato niente, è avvenuto tutto all'ultimo minuto ed è stata Betty a dire di sì ai miei per me e Freddy. Perdonami!"

Resta in silenzio per un secondo. "Oh, d'accordo. Non preoccuparti, la cosa importante è che tu stia bene. Solo...stai attenta a chi incontri, okay?" Posso capire benissimo a chi stia alludendo e alzo gli occhi al cielo, anche se non mi sta vedendo.

"Okay, ti avviso appena torno a Boston."

"Ovvio che devi avvisarmi! Ora dove sei?"

"Sto andando a trovare un paio di vecchi amici che non vedevo da tanto tempo." Spiego mordendomi il labbro. Non gli racconterò quello che mi è successo qualche minuto fa.

"Va bene. Fai attenzione! Ci sentiamo più tardi. Ti amo."

"Ti amo anche io." Chiudo la chiamata e continuo a camminare a passo veloce.

Giro l'angolo e attraverso la strada, manca ancora tanto per arrivare da Leon e Natalie. So che andare dai miei amici in questo stato non è la cosa migliore da fare, ma ormai sono qui.

Sto pensando ancora a ciò che è accaduto prima e mi vengono gli occhi lucidi, quando rischio di andare a finire contro qualcuno. -Ma come ho fatto a non accorgermi che facevano a gara? A gara? Mio Dio!- Per fortuna mi blocco immediatamente prima che avvenga l'impatto e faccio un passo indietro.

Il tipo davanti alla sottoscritta mi fissa senza fiatare. Resto ferma e ricambio il suo sguardo in silenzio: è Brian, il quale è così sorpreso che non riesce a muoversi. Quando sta per aprire bocca, guardo in alto e sbatto più volte le palpebre per ricacciare via le lacrime che stanno per uscire -non voglio mica piangere davanti a lui!-, tiro su col naso, scuoto la testa.

Non ne posso più.

"Il destino è proprio contro di me." Sussurro infine passandogli davanti e lasciandolo allibito, come se non lo avessi riconosciuto. Spero che non cominci a seguirmi. Conoscendolo, lo farà. Mi volto indietro per vedere se ho ragione ma non trovo nessuno e, felice, ritorno a camminare.

Il tempo scorre e, dopo un po', odo dei passi dietro le spalle. Mi sento osservata. Giro nuovamente la testa nella direzione opposta alla quale stavo andando, ma resto fregata un'altra volta.

Che sia la mia immaginazione che sta giocando brutti scherzi?

Quindi continuo a fare l'azione che stavo svolgendo prima, ma i rumori si fanno vicini. Sempre di più. Sbuffo e mi fermo per guardare dietro, ovviamente senza successo. Comincio a spaventarmi. Non credo più che sia Brian, insomma: lui non è così misterioso.

Io volevo te. [#2]Where stories live. Discover now