34. Ragionare col cuore.

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Nascondo la mazza da baseball dietro la schiena e poggio le mani sulla porta senza staccare gli occhi dai suoi. "Brian?" Ripeto. "Cosa ci fai qui?"

"Vieni con me." È invece il suo ordine, mentre tende una mano verso la mia e ignora la domanda che gli ho appena posto. Non riesco a vedere molto, dato che è buio pesto, ma non c'è bisogno della luce per notare l'espressione ansiosa che ha sul volto e la speranza incisa nei suoi occhi.

"A quest'ora della notte? Ma sei pazzo?" Strillo. Non starà dicendo sul serio, spero. Forse è di nuovo ubriaco...per favore, fa' che non sia così. Fa' che siano solo cinque minuti di pazzia e che, tra poco, si scusi con me e torni a casa.

"Sì, adesso."

Riduco i mezzi con i quali riesco a vedere in due fessure, poi lo dico. "Hai bevuto?"

"No, sono perfettamente sobrio!" Sbuffa, cercando di mantenere una voce piatta e bassa. "Ti sto semplicemente chiedendo di venire con me in un posto, cavolo."

Allora è solo pazzo. Sono quasi le dodici di sera, andiamo! Dove vorrà mai portarmi? Faccio un passo avanti e chiudo gli occhi, allargando le narici: non puzza di alcol, anzi, ha addosso quel profumo di vaniglia che adoro tanto. Solo quando li apro mi accorgo della figura della chitarra che porta sulle spalle e non posso fare a meno di indietreggiare. "Cosa-?"

"Non fare domande. Voglio solo che tu mi risponda. Sì o sì?"

Perché non mi dice semplicemente dove vuole portarmi con il suo strumento? Se mi piacesse l'idea, magari, potrei anche accettare...ma non hanno senso, tutti questi misteri. "Brian," sospiro, "non posso. Voglio semplicemente tornare a dormire."

Allunga di nuovo la mano e si avvicina. "Ti prego." Sussurra con voce implorante. "Vieni con me."

"Io..."

"Jacklyn, ti sto scongiurando. Vuoi che lo faccia in ginocchio? Vuoi che mi renda più patetico di quanto già sia?"

Odio quando pronuncia il mio nome per intero. E deve smetterla di credersi patetico!

Mi guardo attorno. Cosa dovrei fare? Accettare? Il cuore urla di sì perché sono curiosa e voglio passare un po' di tempo con lui, ma il cervello grida di no: vuole che lo mandi a quel paese e che torni a dormire.

Entrambi cominciano a litigare come non facevano da tanto tempo e mi trovo nuovamente in conflitto con me stessa. Sarebbe ragionevole ascoltare il proprio cervello, ma quando mai l'ho fatto? Ho sempre agito con il cuore. Mi chiedo perché non sbagliare anche adesso.

Avverto lo spirito di avventura che, prima, dicevo di non aver provato con Aaron; l'adrenalina e la curiosità si accendono in me come una fiammella che prende energia fino a diventare vero e proprio fuoco, attratti dal mistero come una falena lo è con la luce. Pensare che prima avevo affermato di odiarli, i misteri.

"D'accordo." Annuisco alla fine, sorprendendo entrambi. "Dammi solo un po' di tempo per prepararmi, almeno..."

Brian annuisce. "Ricordati di portare anche il violino."

Mi volto di nuovo verso la sua direzione, dato che prima stavo rientrando in casa, allarmata. "Cos'hai in mente, Foster?"

"Tu portalo e basta."

Scaccio via tutti i pensieri e le domande che si intrufolano nella mia testa e sbuffo, percorrendo il corridoio ed entrando in camera. Tiro fuori le prime cose che trovo nell'armadio -una semplice t-shirt nera a maniche corte e dei pantaloncini di jeans-, mi vesto, corro in bagno per rendermi presentabile e prendo il violino, stando attenta a non provocare il minimo rumore.

Io volevo te. [#2]Where stories live. Discover now