20. Tutta colpa delle corde.

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BRIAN' S POV

"Ehi, passami la valigia." Tiro un piccolo cuscino trovato per terra a Hector, il quale lo riceve in faccia e sbuffa.

"Vai a prenderlo." Sussurra con voce impastata dal sonno, poi si mette a pancia in giù sul letto.

"Sei più vicino tu."

"Quanto sei pigro!" Grida.

"Da che pulpito viene la predica." Gli passo davanti e vado vicino al materasso, prendendo la valigia situata sotto di esso. La poggio sulla scrivania della nostra camera e la apro per tirare fuori tutte le mie magliette. "Fai davvero pietà in queste condizioni...se dovesse venire a trovarci qualcuno e ti vedrebbe in questo modo..."

"Smettila, sembri mia madre!" Mi interrompe. "E poi non ci conosce nessuno, qui a Boston." Volto la testa per osservarlo meglio: è sdraiato sul letto pieno di schifezze quali cartoni di pizza, lattine di coca cola, birra ed un pacco di patatine mezzo strappato che rivela un sacco di briciole sparse.

Washington gli manca proprio.

Scuoto la testa e ridacchio, poi torno a disfare le mie cose. "Esci e vai in cerca di nuove conoscenze, no?" Propongo.

"Non ne ho voglia."

"E allora muori sotto le coperte."

"Non ho coperte, è estate!" Grida spazientito.

Lo mando a quel paese con un gesto della mano. Mi guardo attorno in cerca dello scatolone che dovrebbe contenere i miei pantaloni e tutti gli altri indumenti, ma non lo trovo. Poi ricordo dove l'ho lasciato e porto una mano sulla fronte.

"Senti, renditi utile e alzati da lì. Nell'ingresso dovrebbe esserci uno scatolone che ho dimenticato di prendere, potresti portarmi almeno quello? Ci sei anche tu in questa casa, vuoi o non vuoi, quindi aiutami!" Lo rimprovero.

Hector sbuffa e, senza dire altro, si alza dal letto e si dirige nel corridoio. Quel ragazzo è peggio di me. Quando gli ho detto del mio trasferimento, anche se sarebbe stato per poche settimane, si è lamentato per tutto il giorno. Avrebbe potuto rimanere nella nostra casa ma ha detto che, se fossi rimasto solo in balia di una città a me sconosciuta, non mi sarei orientato bene e non mi sarei fatto degli amici.

Secondo me, invece, l'ha fatto perché non voleva rimanere lui da solo. E perché sa che qui c'è Betty.

A proposito di loro...chi l'avrebbe mai detto che sarebbero stati nostri vicini? Ah, il destino! Non avevo proprio idea che abitassero nella casa di fianco la nostra!

Quando ho visto Jackie, ho creduto che stessi ancora dormendo. Insomma, mi sveglio da poco e mi ritrovo lei, bellissima come sempre, davanti la mia casa e con una torta in mano...non poteva essere vero.

Invece è andata così.

Sono al settimo cielo: questa è un'opportunità fantastica per fare in modo che lei mi perdoni e le spieghi tutto! So che mi ama ancora, ne sono sicuro. Quel tipo, Aaron, non la tratta come lo facevo io. Su questo ci scommetterei la vita. Lei non è felice, non senza di me. E io farò di tutto per renderla contenta.

È la mia occasione e non devo farmela scappare. Jackie sarà mia. La ricoquisterò.

Scuoto la testa e lascio che i pensieri si dissolvano. L'ultima maglietta che tiro fuori è la mia preferita: ha le maniche corte ed il numero 26 in grande, scritto in bianco. La osservo meglio, quando noto una macchia nera su di esso. Mi avvicino e capisco che è un piccolo ragnetto. Stupidi insetti che si intrufolano dappertutto!

Sospiro e apro la finestra del balcone per agitare la maglietta e cacciare via quel coso che non sembra abbia intenzione di staccarsi. La scuoto con più forza, scocciato, e quando controllo di nuovo, mi accorgo che sono riuscito a mandarlo via e esulto tra me e me.

Io volevo te. [#2]Où les histoires vivent. Découvrez maintenant