03- An Indiscreet Girl

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Quella mattina mi svegliai a causa della sveglia che, come ogni giorno, alle sette in punto suonava e mi faceva spalancare gli occhi con seccatura, ricordandomi l'ennesimo giorno da affrontare in ufficio.

Stropicciai i miei occhi e lanciai un'occhiata a Lise, sdraiata su un fianco proprio nel posto accanto al mio ed immersa profondamente in un sonno invitante.
Allungai una mano nella su direzione, spostai una lunga ciocca dei suoi capelli castani dal suo volto e sorrisi poi, rendendomi conto che probabilmente quella bambina era l'unica cosa bella e positiva della mia vita.

Sospirai poi, mi rigirai sul letto e saltai in piedi, pronta per sentire le noiosissime lamentele del mio capo e per cercare di giustificare i miei pochi progressi.

Mi vestii semplicemente con una camicia bianca, dei jeans neri a vita alta e per finire,  ai piedi le solite e scomode scarpe nere con il tacco altissimo.
Detestavo indossarle, ma l'unica volta che avevo deciso di non farlo, Chris aveva minacciato di buttarmi a consegnare volantini.

Per questo, senza troppe storie, sbuffai e legai i miei capelli in una coda altissima.

Uscii di casa senza svegliare Lise, le lasciai la colazione pronta e chiusi a chiave qualsiasi porta o finestra potesse metterla in pericolo.
Sapevo che fosse una bambina responsabile, molto spesso più della sua stessa madre, ma comunque ero ancora scossa e turbata dall'episodio della sera precedente e in qualche modo, quasi come un senso di pericolo nel fondo de mio cuore, sentivo di non essere al sicuro.

Sapevo che fondamentalmente fosse ridicolo, soprattutto perché una parte di me stessa riusciva soltanto che ad accomunare il tutto con quell'inquietante Zayn Malik; ma preferii non pensarci.

Al solo immaginare delle teorie sulla sua presunta esistenza volevo prendermi a schiaffi ed auto convincermi che forse, la soggezione e le dicerie, stavano confondendo anche la mia mente. 

Per questo, prima di uscire e di andarmene a lavoro, telefonai a Harry, detto soltanto Styles dagli amici; nonché padre bastardo e costantemente assente di mia figlia.
Gli chiesi gentilmente di passar a casa mia verso le dieci, per assicurarsi che fosse tutto a posto.
Avrei lasciato le chiavi sotto al tappeto e poi me le sarei riprese. 
Pensai che fargli passare un po' di tempo con sua figlia non lo avrebbe di certo traumatizzato e non avrebbe minimamente compromesso la sua carriera da ragazzo ribelle ed infantile.

E per finire me ne andai, sistemai le ultime cose in borsa e spalancai la porta davanti ai miei occhi, con disinvoltura.
Ma quando feci per varcare la soglia e dirigermi all'esterno come qualsiasi persona sana di mente farebbe, i miei piedi si bloccarono sul pavimento e i miei occhi si sbarrarono all'istante, come fari, trovandomi difronte la figura di un ragazzo piuttosto perplesso e confuso, immobile davanti alla porta del mio appartamento.

Sussultai quando mi accorsi di lui e mi portai una mano al petto, osservando i suoi occhi azzurri e i suoi capelli biondi scuro, simili a quelli di qualcuno che era nato ai confini dell'Irlanda.
'Oh Dio, mi scusi!' Mi lamentai, sospirando di sollievo.

Il ragazzo alzò le mani in segno di innocenza e fece una risatina, mostrandomi il suo perfetto naso appuntito: 'non volevo spaventarla', si difese.

'No, no non è colpa sua!' Lo rassicurai immediatamente, scuotendo il capo con rapidità: 'sono soltanto distratta ultimamente', spiegai, gesticolando.
In realtà non capii esattamente perché cominciai a dare spiegazioni, nonostante non me ne avesse chieste.

Però l'uomo sembrò comprendere il mio disagio e si impegnò comunque a non farmi sembrare una stupida.
Sorrise con divertimento e fece poi due colpi di tosse, cercando di cambiare argomento: 'mi chiamo Nicklaus, comunque', disse, porgendomi una mano.

Di tutta risposta scossi il capo, cercando di ricompormi, e l'afferrai, presentandomi: 'Luveny', dissi, scuotendo il mio braccio.

Subito sciolsi quella stretta ed aggrottai la fronte, tornando ad osservarlo con confusone: 'ci conosciamo?' Domandai, osservando attentamente il suo volto.

Poté sembrare una domanda stupida, onestamente, e non mi sorpresi se l'uomo rispose con una risatina e con una battuta sarcastica del tipo: 'no, altrimenti non mi sarei presentato!'
Ma comunque pensai che visto il suo abbigliamento elegante ed ogni particolare curato del suo aspetto, potesse essere qualcuno mandato dal mio capo o comunque un tizio qualsiasi che aveva a che fare con il lavoro.

Ma sbagliai, per questo inarcai con imbarazzo le mie labbra e mi guardai poi intorno, con dispersione.

'Beh, diciamo che sono qui per il caso a cui sta lavorando', mi informò improvvisamente, infilando le mani nelle tasche dei suoi pantaloni, con distrazione: 'ho saputo che si occupa del caso del ragazzo scomparso e così, conoscendo bene la vicenda, ho pensato di venire a parlare di persona...' spiegò.

Improvvisamente, quasi come se ciò che stava per dirmi fosse alquanto interessante, il tipo abbassò lo sguardo con soggezione e sistemò la cravatta che aveva addosso, aspettando che rispondessi.

'Sei un giornalista?' Domandai, alzando un sopracciglio.

'Sono soltanto curioso', rispose lui, alzando le spalle.
Contemporaneamente inarcò le sue labbra e deglutì rumorosamente, prima di ricominciare a parlare: 'ho indagato sul caso, tempo fa', spiegò, 'e non è qualcosa con il quale dovresti avere a che fare, onestamente', sputò.

Improvvisamente, quella conversazione che sembrava essere tanto cordiale e formale, sembrò scendere particolarmente nell'informalità: 'cosa intende dire, mi scusi?' Chiesi.

La mia fronte si aggrottò con insicurezza e nel frattempo sentii il mio cuore battere velocemente all'interno del mio petto, con agitazione, quasi fino ad esplodere.

'Intendo dire che è pericoloso'.
Ogni suo tratto divenne serio.

I suoi occhi azzurri si scurirono, la sua gentilezza sembrò svanire e di quello che poteva sembrare un ragazzo educato e riservato; restò soltanto la giacca e la cravatta che aveva addosso.

'Pericoloso?' Ripetei, facendo una risatina nevrotica, 'come può essere pericoloso!?' Domandai.

'Pericoloso perché della gente è morta', asserì. 'Chi ha indagato a fondo su questo caso, ha intrapreso una strada di non ritorno'.
I suoi occhi erano fermi nei miei con freddezza, quasi cosparsi da un fondo di oscurità che mi raggelarono il sangue.

Di tutta risposta deglutii, distogliendo lo sguardo dal suo.

'Devo andare a lavoro', dissi velocemente, sistemando una ciocca dei miei capelli dietro all'orecchio, nervosamente, 'non ho tempo da perdere'.

E detto ciò, con terrore ed impossibilità, sorpassai la figura di quel tizio e mi diressi velocemente verso le scale, senza esitare.
Non mi lasciai fermare dal suo richiamo o dalla sua presenza immobile ancora alle mie spalle: scesi rapidamente ogni gradino ed uscì da quel palazzo con terrore, con dei brividi nelle mie ossa.

'Di guardi le spalle, Signorina Cox'.

Per la prima volta, forse, pensai davvero di essere in pericolo.

Sightings - ZAYNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora