Capitolo 4:-"Tra i campi di grano"

192 94 60
                                    

Quel giorno sarei dovuta andare presso la fonte con le altre bambine per raccogliere l'acqua, ma arrivata al bivio con molta cautela, facendo in modo che nessuno potesse accorgersene, decisi di imboccare la via per i campi di grano alla ricerca di qualche nuovo indizio, alla ricerca di mio padre.

Era l'ennesima volta che infrangevo la regola , ma con i capelli attaccati su una treccia arrotolata su se stessa e la veste come copricapo riuscivo a mascherarmi abbastanza bene da sembrare un piccolo bambino.

Il sole era cocente, la veste strisciava sulla terra e chinandomi verso le spighe ,velocemente riempii la mia cesta, le spighe sembravano quasi traboccare e il loro colore dorato tingeva la terra di una nota lieve e solare , mi incamminai sul viale ombrato costeggiato da baobab e acacie giungendo verso il piccolo mulino consegnando la mia cesta al capo.

Era un uomo con una lunga barba grigia e incolta, uno dei più anziani della tribù, la porsi all'uomo con un cenno del capo notando tra i lobi del suo orecchio dei piccoli frammenti di avorio, poteva essere un uomo sospetto; da quella cesta avrebbe tratto la nostra farina dividendola poco prima del tramonto in ogni enkang.

Svoltai l'angolo e riconobbi il luogo della strage, secondo antiche credenze gli elefanti per riposare si appoggiavano agli alberi e i cacciatori usavano segare parzialmente alla base i tronchi facendo così in modo che gli elefanti franino a terra e vengano poi più facilmente uccisi.

Il campo era stato ripulito dall'acqua piovana della notte e le carcasse degli elefanti sembravano essere scomparse; quasi come se durante l'alba qualcuno avesse ripulito quella terra marchiata e macchiata di sangue animale e forse anche di sangue umano.

Sapevo che un giorno qualcuno avrebbe riscattato i soprusi avvenuti in quella terra kenyota poiché gli animali erano ritenuti sacri ai nostri occhi, soprattutto il bestiame da pascolo; infatti la ricchezza di un uomo veniva valutata in base al numero dei figli e del bestiame, era stato proprio il nostro Dio Enkai ad affidarci il bestiame e tutte le altre specie animali quando aveva abbandonato la terra per recarsi verso il cielo.

Dovevo difendere la specie animale per evitare la loro completa estinzione, dovevo ritornare verso la grotta e procurare del cibo per il piccolo, mi avvicinai ad un baobab e arrampicatami ne staccai delle foglie molto verdi raccogliendole all'interno della mia veste e arrivata alla grotta, sentii barrire, quel barrito che inondava la mia vita e gettai le foglie vicino ad una roccia e accolsi il mio nuovo amico con una carezza sulla proboscide, sembrava quasi essere contento del piccolo pranzo, capii fin da subito che sarebbe stato un rischio uscire durante la notte, in quanto le tenebre lo avrebbero divorato portandolo verso la morte, mentre il piccolo Anshar uscii dalla caverna vagando per la savana alla ricerca di altro cibo , io scrutai la zona circostante e la grotta.

Quel piccolo tratto di savana sembrava essere molto rigoglioso, l erba cresceva alta e luccicante, quasi un verde pungente tingeva quei fili, ma ciò che veramente mi incuriosiva e spaventava allo stesso tempo era la grotta, sembrava come essere ai due poli opposti della terra, il calore al di fuori di essa sembrava sciogliere la terra fino a ridurla ad una miscela di polvere, mentre un freddo raggelante si abbatteva sulle pareti rocciose, era così tanto profonda.

Alla vista della luce si intraveda qualche esemplare di pipistrello, continuai ad addentrarmi finché potei scorgere un flusso d'acqua scendere da uno strapiombo fino a formare un piccolo laghetto all'interno della caverna, decisi di togliermi la veste e immergermi per alleviare quella calura che tormentava il mio corpo, la pioggia portava con sé una nota di umidità e un' ondata di calore lacerante.

L' acqua scorreva sul mio capo accarezzando la mia nuca, limpida bagnava tutto il mio corpo, ne bevvi un po' e subito Anshar sembro quasi imitarmi, ma non mi accorsi che parte dell'acqua era stata aspirata dalla sua proboscide, l' acqua schizzo per tutta la grotta e risi sentendomi viva, sentendo l' affinità che stava nascendo tra me e il mio cucciolo.

Uscita dall' acqua presi la mia shuka e tamponai la mia pelle e la mia folta chioma castana, presi le brocche che avevo poggiato distrattamente sulle rocce riempiendole di abbondante acqua che avrei dovuto riportare alla mia enkang.

La giornata sembrava essere svanita, uscita dalla caverna baciai la proboscide umida di Anshar e osservai il cielo, mancava solo un' ora al tramonto e dovevo arrivare in fretta altrimenti Gleidis avrebbe sospettato qualcosa.

Corsi facendo attenzione all'acqua che traboccava dalle brocche, sentendomi così felice, sapevo dentro di me che un giorno avrei raccontato questa storia ai miei figli oppure ad una futura sorellina dato che Gleidis aspettava un bambino dal mio papà, ma fino a quel momento tutto doveva rimanere soltanto un segreto tra me, Anshar e il Kenya.

Giunsi a casa e riposte le brocche sul retro della cucina attesi il capo mulino, appesa ad un baobab godendomi il mio solito tramonto, da lì potevo scrutare anche il mio luogo segreto.




Angolo autrice


Cari lettori spero che possiate apprezzare questa nuova avventura sostenendomi attraverso voti e commenti.


Chissà cosa succederà nel prossimo capitolo. Qual è avventura dovrà affrontare Sunset? Chi sarà realmente suo padre?


Al prossimo capitolo.


Baci baci

Sunset 🐘Where stories live. Discover now