Panchina

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Quante notti fredde su quella panchina
Ad urlare al vento che il nostro odio era più freddo.
Quante caldi mattine ad urlare al sole che le nostre lacrime erano più calde.
Quanti "ti amo" sussurrati e "ti odio" urlati.
Quante volte ci siamo ritrovati su quella panchina, certe volte ubriachi, certe volte assonnati.
Che c'era caldo o freddo, pioggia o sole, noi eravamo lì, seduti o sdraiati.
Arrabbiati, felici, delusi o entusiasti, noi eravamo lì, nella nostra panchina.
Sotto il nostro spezzettato di cielo.
Era il nostro posto quello.
Avevamo l'assurda capacità di renderlo magico.
Quante verità sono rimaste su quella panchina, quanti segreti mai svelati, parole mai dette, gesti mai compiuti.
È rimasto tutto lì.
E forse anche noi siamo rimasti lì, forse stiamo ancora ammirando quelle stelle che ci facevano sognare o forse stiamo ancora urlando ubriachi cantando quelle stupide canzoni.

Ci sono tornata sai?
Non ho avuto la forza di avvicinarmi troppo a quella maledetta panchina, l'ho fissata per così tanto tempo è l'unica cosa che riuscivo a vedere, eravamo noi, due ombre traballanti ancora seduti lì.
Non c'era più la botola, quella in cui abbiamo scritto ognuno il suo segreto.
Per un attimo mi sono chiesta se qualcuno avrebbe letto, se ci avesse fatto caso a quelle incisioni.

Sulla panchina ci sono ancora incisi i nostri disegni e i nostri falsi nomi.

"Scegli come vuoi chiamarti e poi aggiungici un disegno che rappresenti la tua serenità."
Ed ho disegnato una moto come te.

Forse avevi ragione quell'ultima sera, quando eravamo troppo stanchi anche per urlare, così stanchi da non prenderci nemmeno un secondo a guardare le stelle.

"Rimaniamo qui noi, rimaniamoci stasera. Rimaniamo per sempre"

È stato così, siamo rimasti lì, tra il cielo è la terra, su una panchina abbandonata.
Ed è stato meglio, qual che eravamo rimarrà lì, indistruttibile.

La forza di rialzarsi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora