Capitolo 14

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Quella domenica mattina le prime luci dell'alba filtrarono delicatamente dalle tapparelle della stanza, permettendo ai timidi raggi solari di illuminare il letto sul quale Jimin era accovacciato, immerso in un contorto groviglio di coperte. Il ragazzo grugnì contrariato e fece per voltarsi dall'altra parte quando percepì un dolce profumo di vaniglia provenire dal cuscino sotto la sua testa. Strofinò quasi istintivamente il naso sulla federa, inebriato dalla sua dolce fragranza e, d'un tratto, colto dai ricordi, riprese coscienza, rendendosi conto che l'ambiente attorno a lui non fosse affatto familiare.

Non era tornato in camera la sera precedente e quello era il letto di Yoongi.

Il rosso acceso sulle sue guance era in assoluto contrasto con le lenzuola più chiare, le quali vennero subito tastate dal ragazzo in modo frenetico, alla disperata ricerca di Yoongi.

Ma il maggiore, a quanto pareva, aveva già lasciato la stanza da un pezzo e Jimin si sentì improvvisamente sollevato al pensiero di non doverci parlare subito di prima mattina. Venne poi colto dal panico: che avessero dormito... insieme?

La sua catastrofica ipotesi fu fortunatamente smontata subito dopo, quando si accorse che le lenzuola dall'altro lato del letto erano perfettamente rimboccate.

La domanda di Jimin sorse dunque spontanea: dove diavolo aveva dormito il maggiore?

Malgrado il suo accenno di preoccupazione nei confronti di Yoongi, non aveva nessuna intenzione di rimanere in quella stanza ancora a lungo e fu così che, con un movimento rapido, spostò le coperte da sopra il suo corpo, per poi balzare giù dal letto e sgusciare in corridoio.

Raggiunse la sua camera e, sentendosi finalmente al sicuro, si lasciò cadere di peso sul letto, portandosi istintivamente una mano sul viso al pensiero di ciò che era successo la sera precendente.

Aveva bisogno di riflettere e pulire la mente, perché mai come in quel momento era stato tanto confuso, da che ne aveva memoria. Ormai non riusciva a pensare a Yoongi senza rimanere inevitabilmente travolto da tutte le sensazioni contrastanti che il ragazzo gli suscitava, e la cosa peggiore era il fatto di non saper nemmeno interpretare tali sentimenti.

Era arrabbiato con sé stesso perché era debole e non poteva fare altrimenti e sapeva perfettamente che non si sarebbe trattenuto dallo sfogare il suo rancore su Yoongi, anch'egli troppo orgoglioso per potersi piegare a suon di umiltà.

Chissà quanto quel braccio di ferro sarebbe potuto durare. Chissà chi tra i due avrebbe ceduto per primo, straziato inevitabilmente dal troppo bisogno di essere capito.

Dopo qualche minuto in solitudine, Jimin decise di cambiarsi e scendere al piano di sotto. Non ne poteva più di star da solo coi suoi pensieri, si sentiva oppresso e soffocato. Indossò una semplice maglietta bianca e dei pantaloni della tuta decisamente larghi, non curandosi troppo di fare bella figura, d'altronde chi poteva vederlo?

Raggiunta la sala da pranzo, notò la madre di Yoongi seduta al tavolo, totalmente immersa nella lettura di vari fascicoli giudiziari sparpagliati per tutto il ripiano in legno. Jimin sapeva che la donna avesse affrontato una marea di problematiche in seguito alla scomparsa del marito e non voleva neanche immaginare come si sentisse. L'aveva criticata per i suoi convenevoli fin troppo finti e forzati ma non poteva biasimarla in alcun modo, anzi, la ammirava e pensava che avesse davvero una gran forza di volontà.

Negli anni gli era capitato di incrociarla alle varie cene organizzate dai suoi genitori per promuovere la loro azienda, ma non aveva neanche mai provato a distinguerla da tutte le altre donne presenti. Lei, come le altre, sfoggiava vestiti meravigliosi e costosissimi, indossava un pesante trucco e sorrideva in ogni direzione, malgrado non fosse affatto felice.

Truth Untold || YoonMinOnde histórias criam vida. Descubra agora