Capitolo 15

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"Che... che cazzo ho appena fatto?!"

Jimin era chino sul bancone della cucina da ormai dieci minuti abbondanti, nel tentativo di nascondere l'evidente rosso acceso che colorava le sue guance.

Sapeva di essere impulsivo, l'aveva sempre saputo, ma non pensava di poter perdere così tanto la cognizione di sé stesso in quel breve lasso di tempo. Era bastato solo un attimo di distrazione per infrangere totalmente la reputazione che si portava appresso da tutta una vita e lui era sinceramente spaventato dalla sua stessa impulsività. Si sentiva estremamente in imbarazzo e, al contrario di come aveva ammesso a sé stesso la sera precedente, continuava a pensare a come Yoongi a scuola lo avesse... toccato.

Diamine, quel ragazzo lo avrebbe fatto impazzire, ne era sicuro. Un attimo prima gli teneva testa, apostrofandolo per un nonnulla, poi lo molestava senza motivo e infine crollava in lacrime a caso, nel bel mezzo della notte, lasciandolo con milioni di interrogativi irrisolti ed un costante senso di confusione. Non riusciva a capirlo ed era certo che nessun'altro ne sarebbe mai venuto a capo.

E quindi, nel dubbio, che aveva fatto? Gli aveva mandato quel dannatissimo messaggio, senza neanche sapere cosa desiderasse ottenere.

Non voleva vedere Yoongi, non voleva parlarci e non voleva pensare a lui in alcun modo, eppure se l'era cercata e lo sapeva. Non gli rimaneva che sperare, sperare che Yoongi gli ridesse in faccia o lo ignorasse, poiché sapeva che sarebbe stato più facile odiarlo che ammettere di tenere a lui.

Passarono le ore e il telefono di Jimin rimaneva silenzioso, poggiato sul mobile vicino al televisore. Il ragazzo controllava nervosamente lo schermo del cellulare ogni cinque minuti e, ogni volta, non sapeva se sentirsi ansioso o sollevato nel constatare che non ci fossero notifiche. Yoongi non si presentò a pranzo e lui fu tempestato di domande, alle quali si sforzò di mentire, assicurando alla signora Min che suo figlio fosse fuori con degli amici. Lei sembrò interdetta in un primo momento, ma poi si lasciò convincere e mise fine all'interrogatorio.

Jimin, vedendo che si stava avvicinando l'orario dell'incontro, decise di prepararsi, non prima di aver dato un'ultima occhiata al cellulare.

Niente, nessuna risposta.

Tirò in parte un sospiro di sollievo, d'altronde aveva ottenuto ciò che voleva e non poteva lamentarsi, probabilmente il maggiore lo odiava così tanto da non voler neanche visualizzare i suoi messaggi e lui poteva ritenersi fortunato.

Cercando di non pensarci, aprì l'armadio e rovistò tra tutti i vestiti ben ripiegati, per poi scegliere un leggero maglioncino color crema, molto lungo e scollato sul davanti, abbinato ad un paio di jeans neri e aderenti che, come più volte molte ragazze gli avevano fatto notare, mettevano ben in risalto le sue gambe perfettamente scolpite. Quel giorno decise di esagerare e passò un filo di ombretto sotto gli occhi, per poi osservare il proprio riflesso nello specchio con fare soddisfatto. Si sentiva pronto e non vedeva l'ora di uscire da quella casa, sperando di riuscire a scacciare definitivamente l'immagine di Yoongi dai suoi pensieri.

Aveva sbagliato e si era lasciato sopraffare ma, da quel momento in poi, non avrebbe più commesso errori, nossignore.

E poi c'era la questione "Jane", alla quale ormai neanche pensava più. Aveva certamente trascurato i sentimenti che provava per lei in quei giorni e si convinse che fosse stato tutto per via dello stress. O almeno, tentò disperatamente di convincersi a pensare che Yoongi non gli importasse e che non c'entrasse nulla con quello che provava per la sua amica, eppure faceva sempre più fatica a distinguere la natura delle sue emozioni.

Arrivò dunque di fronte alla stazione pensieroso e notò subito i suoi amici che lo squadravano con occhio truce, rimproverandolo per il suo solito ritardo biblico.

Truth Untold || YoonMinWhere stories live. Discover now