5. Prime volte

4.3K 367 44
                                    


5
PRIME VOLTE

Ogni ragazzo ha una fuga
dentro il cuore
e il sistema più sicuro
che conosce per scappare
da se stesso
è invaghirsi di chi
non fa per lui.
Massimo Gramellini


Il giorno seguente Mario fu scosso da un'altra prima volta. Dopo aver dormito per la prima volta per terra come un barbone, infatti, non poteva di certo mancare la sua prima strigliata da parte della sua tutor aziendale. Troppo assente, troppo stanco, la testa altrove: queste erano le motivazioni che avevano spinto l'ostetrica a richiamarlo all'ordine e rimproverarlo. E aveva avuto ragione.

Mario quel giorno era davvero in un altro mondo. Si trovava, per la precisione, in un limbo a metà tra le braccia di Morfeo e a metà tra quelle di Claudio. Non aveva chiuso occhio, appoggiato al cancello di casa Sona: troppo scomodo, troppo spaventato e troppo immerso nei suoi pensieri, tutti relativi al ragazzo dagli occhi verdi.
E poi il modo in cui Claudio l'aveva avvicinato, seppur per poco tempo, la sera prima continuava a tormentarlo. Senza freni, disinibito. L'esatto contrario di Mario, che in materia era invece totalmente impacciato, goffo ed impreparato.

Sarà stato per questo, per il fatto di non esserne abituato, per il modo deciso e sfrontato con cui l'altro lo aveva afferrato per i jeans, per il modo intenso che aveva di guardarlo, ma Mario si sentiva già completamente in balia di quel ragazzo e questo non andava per niente bene.

Provò a darsi un contegno e continuò a lavorare cercando di dare il meglio di sé dopo essere stato redarguito, perché il suo sogno - quello reale, lavorativo, professionale - non poteva di certo essere intaccato da un ragazzino di cui non sapeva assolutamente nulla, se non che fosse una sorta di Don Giovanni. Uno di quei tipi a cui Mario non si sarebbe mai avvicinato spontaneamente insomma, per farla breve.

Si impegnò e diede prova alla sua tutor di essere lo stesso Mario di sempre anche con qualche ora di sonno in meno, così a fine turno la donna si scusò con lui per i toni alterati con cui gli si era rivolta a metà mattinata. Il suo ruolo di (quasi) ostetrico sembrava quindi non essere compromesso.

Fortunatamente il giorno seguente avrebbe avuto la notte in ospedale: lo aspettavano un giorno e mezzo di riposo. O almeno, questo pensava prima di uscire dalla struttura ospedaliera per poi trovarsi Claudio davanti agli occhi con Pietro disperato tra le sue braccia.

Claudio ondeggiava su e giù provando a far calmare il piccolino e a Mario venne da sorridere: era una bella scena ai suoi occhi.

Gli si avvicinò cautamente sfilandogli il bambino dalle braccia cercando di capire perché piangesse così tanto e alla fine, con qualche parola dolce e qualche carezza delicata, riuscì a calmarlo. Claudio lo guardava incredulo ma anche un po' estasiato. Si chiedeva come facesse, quale fosse il suo segreto, e perché quel rospo di suo nipote non si calmasse anche tra le sue di braccia.
Si convinse di non piacergli: gli sembrava evidente che non impazzissero l'uno per l'altro reciprocamente.

Mario adagiò Pietro nella carrozzina e prese a giocherellare con l'arco di giochi appeso al tettuccio catturando subito l'attenzione del più piccolo che lo guardava muovere i pupazzetti ammaliato. Poi gli lasciò un bacio delicato sulla fronte e si voltò verso Claudio che, a braccia conserte, assisteva a quella sottospecie di miracolo. Gli chiese come fosse possibile una cosa del genere e Mario rispose con un'alzata di spalle e un sorriso sghembo sul volto. Era stanco, si vedeva, e le occhiaie gli incupivano i lineamenti.

"Non è che i discorsi di ieri sera ti hanno eccitato?", scherzò Claudio ricordando di avergli parlato delle sue scopate occasionali, senza che però Mario capisse il perché di tale domanda, così continuò: "sembri parecchio stanco, hai passato la notte con qualcuno? O a masturbarti?".
Mario per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. "Nessuna delle due!", si affrettò a precisare, rosso in viso.

Claudio rise, compiaciuto dalla reazione dell'altro, poi lo afferrò per il gomito e lo invitò a camminargli affianco mentre spingeva la carrozzina con il neonato ora addormentato. Accompagnò Mario alla fermata del pullman e gli chiese di raggiungerlo a casa sua in serata. Decise di essere onesto con lui quella volta e gli spiegò di essere stato invitato ad una festa di compleanno: aveva bisogno che qualcuno tenesse Pietro per qualche ora.

"Ti avevo detto di trovarti una babysitter per queste cose, Claudio", sospirò Mario, "anche se non ci conosciamo bene e tu magari non lo sai, anche io ho una vita e degli impegni e non posso fare da balia a tuo nipote".

"Lo so, lo so. Solo per questa sera, ti prego", unì le mani in gesto di preghiera, "non ho avuto modo di cercare una tata e solo tu puoi occupartene, da domani mi impegno e ne trovo una, te lo prometto". 

Il quasi ostetrico annuì non del tutto convinto e sussurrò un "ok" lieve mentre Claudio lo abbracciava maldestramente - e soprattutto fugacemente - ringraziandolo per poi andarsene.

Mario sentì lo stomaco contorcersi alla consapevolezza di quello che Claudio avrebbe sicuramente fatto anche quella sera con qualche estraneo in qualche bar, mentre lui se ne sarebbe stato tra le mura di casa sua ad aspettare che si accorgesse di lui. Gli venne l'idea di chiamarlo e dirgli di non poter più andare, così Claudio sarebbe rimasto a casa e non avrebbe potuto conoscere nessun ragazzo con cui passare la serata.
Alla fine non lo fece: aveva comunque voglia di rivederlo. Patetico.

Solo qualche ora più tardi, risvegliatosi dal suo riposo pomeridiano, si ricordò che anche quella notte avrebbe aspettato che si accorgesse di lui seduto sul cemento.

*

Claudio non rientrò tardi quanto Mario pensava. Certo, non era presto, ma nemmeno notte fonda.

Si trovava in salotto quando l'altro rincasò, la televisione accesa in un canale a caso giusto per sentirsi meno solo.
Pietro aveva preso sonno da poco e Mario si era steso sul divano per rilassare la schiena, in attesa che Claudio tornasse dalla festa.

Claudio, per l'appunto, rientrò in casa portando con sé un odore non molto piacevole. A detta di Mario, un misto di fumo, di alcol e probabilmente anche di sesso, ma tutto sommato il castano sembrava essere abbastanza lucido. E poi lui stesso lo aveva rassicurato dicendogli di stare bene e che se Pietro avesse avuto bisogno d'aiuto se la sarebbe cavata da solo come le notti passate.
Così Mario se ne andò, accasciandosi ai piedi del cancello come la notte precedente.

"Ma che fai?", sentì la voce di Claudio qualche instante più tardi, prima ancora che la sua mente iniziasse ad esplorare nuove galassie. Si voltò e lo vide affacciato ad una finestra del primo piano, un cipiglio interrogativo sul volto.

"Non ci sono autobus a quest'ora", rispose semplicemente Mario, scrollando le spalle. Poi vide Claudio chiudere la finestra, abbassare la saracinesca e scomparire dalla sua visuale. Sospirò, leggermente demoralizzato, tornando a fissare il buio di fronte a sé.
Non sapeva praticamente nulla di Claudio eppure quel ragazzo era già in grado di cambiargli l'umore. Si maledì da solo per essere così scemo ed ingenuo, poi il cancello alle sue spalle scattò - spaventandolo - e comparve Claudio tendendogli una mano. "Su, andiamo a dormire che sono distrutto", lo aiutò ad alzarsi, "stamattina eri a pezzi perché hai passato la notte qui fuori anche ieri, vero?". Mario annuì. Improvvisamente quell'idea sembrava totalmente priva di senso e si sentì profondamente in imbarazzo sotto lo sguardo verde e attento dell'altro.

"Sei proprio un idiota, lasciatelo dire. Ti avrei dato un passaggio fino a casa se me lo avessi detto. Oggi però non te lo do - il passaggio intendo", precisò sghignazzando facendo imbarazzare Mario, "perché sono veramente stanco e ho anche bevuto. Puoi dormire sul divano, ok? Buonanotte, Mario", si avvicinò per scompigliargli i capelli e poi lo stupì lasciandogli un bacio sulla guancia, pericolosamente vicino alle labbra.

"Buonanotte", sussurrò di rimando il più grande sfiorando con le dita il punto esatto in cui Claudio l'aveva baciato mentre lo osservava salire le scale che lo avrebbero portato alla sua camera. A Mario venne anche la bizzarra idea di seguirlo, il cuore impazzito per quel bacio mancato e l'adrenalina alle stelle, ma poi decise che quello non era ancora il momento giusto per compiere un gesto di quel tipo.

Quella notte Mario sognò occhi verdi e labbra morbide mentre al piano di sopra un altro ragazzo sognava per la prima volta il volto ben preciso di un suo coetaneo.

L'aria per me Where stories live. Discover now