28. Reagire

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REAGIRE


L'aggressività,
questa meschina
parvenza d'audacia.
Henri Michaux



Claudio iniziò a tremare per la potenza di quella domanda e per la cattiveria con cui era stata pronunciata. Non che tutti gli insulti che gli aveva lasciato rivolgergli fossero stati da meno, chiaramente, ma quel quesito sprezzante e contraddistinto da una ironia sottile e pungente accompagnata da uno sguardo triste ed improbo lo destabilizzò. Sapeva che Mario non lo avrebbe mai perdonato ma sperava che dentro di sé sapesse che non avrebbe mai - mai - voluto fargli del male. Sperava che potesse comprendere il fatto che - e lo stava ammettendo a se stesso per la prima volta in quell'esatto istante - avesse dei gravi problemi da affrontare e che lo distruggevano da anni lentamente e in maniera latente a livello psicologico, e che non voleva usare come scusa o giustificazione, sia chiaro, ma che purtroppo erano stati la causa di ciò che era successo quella notte tra di loro, invece capì che Mario non solo non lo avrebbe mai perdonato ma non avrebbe nemmeno mai capito cosa ci fosse dietro a tutto quello.

Avrebbe voluto spiegarsi, parlargli, raccontargli perché era diventato una persona così deplorevole, e non per ricevere la sua compassione o assoluzione dai suoi peccati, ma per dargli tutto di se stesso e forse stare meglio, ma non ne aveva la forza. Si sentiva debole, tanto, soprattutto a livello mentale, e poi le parole uscivano a stento dalla sua bocca da intere settimane e sembrava così difficile tornare a parlare come un tempo. Non ne aveva più la voglia e il coraggio, in lui ormai innescata la paura di ferire ancora perché convinto di portare solo male e dolore alle persone.

E poi c'era un altro Mario davanti a sé, uno che non gli sembrava di conoscere tanto bene anche se nelle pieghe della sua pelle lo aveva visto spuntare in qualche frangente, e parlare a quel ragazzo non avrebbe portato a nulla perché non lo avrebbe ascoltato come la sua storia meritava di essere ascoltata. Anzi, lo avrebbe probabilmente deriso, umiliato ulteriormente, e quello che fece più male fu la consapevolezza che avrebbe, nonostante tutto, avuto ragione.

"No?", gli domandò Mario ridestandolo dai suoi pensieri, facendolo tornare con la mente alla domanda che gli aveva da poco rivolto, alzando le sopracciglia in modo sarcastico e scendendo dal suo corpo per inginocchiarsi di fronte a lui sul materasso, "strano, perché è l'unica cosa che hai sempre voluto fare, fin dal primo giorno, fregandotene di me e dei miei sentimenti", gli sputò finalmente addosso il suo pensiero sentendosi alfine un po' più leggero. Claudio deglutì sapendo che, in fondo, era quella l'idea di sé che aveva sempre voluto dare a tutti. "E sai una cosa? Visto che non vuoi, adesso ti obbligo a farlo. Vuoi provare la sensazione sulla tua pelle, mmh? Che dici?", lo sfidò spingendolo indietro fino a fargli toccare nuovamente il cuscino con la testa.

"Basta", trovò allora la forza di dire Claudio mentre ricadeva maldestramente sul materasso sotto lo spintone dell'altro, "basta Mario, ti prego", lo implorò di smetterla perché non ce la faceva più. Sentiva la testa esplodere e il cuore sbriciolarsi sempre di più.

"E quando ti chiedevo io di smetterla tu dov'eri?", lo aggredì sbattendo nuovamente il pugno, questa volta tra le lenzuola morbide attutendo il colpo.
Claudio chiuse gli occhi quasi spaventato per poi coprirsi il volto con le mani, al limite della sopportazione. Mario, invece, sentiva il sangue ribollire e i pensieri caotici portarlo alla deriva.

"E smettila", continuò, il tono di voce alto, la vena del collo pulsante, "di fare la parte della vittima!", gli afferrò prepotentemente le mani strappandogliele dal viso affinché lo guardasse, "non me ne frega niente se hai l'influenza o non so cosa a ridurti così", lo indicò in modo sprezzante per poi levargli di dosso il lenzuolo leggero che lo ricopriva fino alle anche scoprendogli le gambe fasciate da un pantalone della tuta. Gli si accostò e poggiando le mani ai suoi fianchi quasi glieli strappò di dosso assieme alle mutande lasciandogli entrambi gli indumenti alle caviglie. Claudio boccheggiò e puntellandosi sui gomiti si alzò nuovamente con il busto provando a fermarlo. Ma Mario vedeva tutto nero e senza rendersene conto afferrò forte il sesso dell'altro stringendolo in un pugno quanto più energicamente potesse. Le mani di Claudio corsero subito a quella dell'altro per cercare di staccarsela di dosso, ululando per il dolore di quella presa maligna, e quando riuscì a fargli allentare la presa ricevette altri due schiaffi, questa volta sulle mani che avevano osato interromperlo.

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