38. Di tutto e di niente

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DI TUTTO E DI NIENTE


Sembra così banale
ma nelle relazioni
si deve comunicare.
Peter Krause



Mario si svegliò con ancora le parole scritte da Claudio in quel messaggio impresse nella mente. Sembravano così reali e sincere che le aveva addirittura sognate. Non gli aveva risposto, però, perché la sera prima aveva lasciato il castano con una strana sensazione ad aggrovigliarsi nel suo stomaco. Aveva paura che gli nascondesse qualcosa, infatti, e riteneva fosse lecito avere dei dubbi, dopotutto.

Ancora non si capacitava, a dire il vero, di come avesse fatto a lasciarsi andare così tanto con Claudio e a non essersene fino allora pentito.
Aveva qualche esitazione, certo, ma nulla a che vedere con la tachicardia e il panico che di recente lo aveva colpito. Forse era stata proprio la paura di vederlo stare male seriamente, l'aver saputo che fosse finito al pronto soccorso, l'ansia di non sapere se stesse bene, a fargli cambiare punto di vista sulla questione.

Su di loro.

Lui, difatti, una vita senza Claudio mica sapeva come affrontarla ora che lo aveva conosciuto. Ed era vero, la sua vita era stata per certi versi migliore prima di conoscerlo perché era stata un'esistenza serena e senza intoppi, ma vogliamo confrontare la calma assoluta con il brivido delle montagne russe da lui provocategli? Per vivere davvero, si rese conto, c'era bisogno anche del dolore, delle urla, dell'amore.

"Ti va di vivere come ieri anche oggi?", gli scrisse quindi una volta deciso di voler comprendere più a fondo le sue sensazioni e, in attesa di una risposta, andò a farsi una doccia.

*

Il segnale acustico che segnalava l'arrivo di un messaggio fece svegliare Claudio di soprassalto.

Aveva atteso quel rumore per così tante ore, prima di addormentarsi stremato, che sentirlo sopraggiungere nella quiete della mattina lo agitò.

Afferrò il cellulare e socchiudendo gli occhi per l'intensità della luminosità dello schermo lesse il nome del mittente con il cuore a mille, che era da tantissimo tempo che non riceveva un messaggio da parte sua e anche quel piccolo gesto ora acquisiva importanza.

Lo lesse e con mani leggermente tremolanti digitò una risposta affermativa chiedendogli poi dove e quando avrebbe preferito che si vedessero e la risposta di Mario arrivò dieci minuti più tardi, i dieci minuti più lunghi della vita di Claudio: lo avrebbe aspettato al bar davanti all'università mezz'ora più tardi.

Si alzò in fretta e furia dal letto improvvisamente troppo vuoto dopo aver accolto due corpi assieme e iniziò a preparare se stesso e Pietro per arrivare puntuali all'appuntamento.

Finalmente con un peso in meno sul petto, quello che gli si era posato la sera precedente nel percepire Mario un po' più distaccato, raggiunse la caffetteria e proprio sull'uscio della stessa trovò Mario ad attenderlo. Il suo voltò si illuminò vedendo che ci fosse anche il ranocchio e Claudio si morse il labbro inferiore per trattenere un sorriso.
Sapeva avrebbe fatto cosa gradita portando anche lui.

"Hey", lo salutò una volta di fronte non sapendo bene come altro salutarlo.

"Ciao", ricambiò il moro accennando un sorriso prima di inginocchiarsi a lasciare un bacio sulla fronte di Pietro. "Buongiorno cucciolo", salutò anche lui, poi si alzò e aprì la porta per far passare Claudio con il passeggino.

Si accomodarono ad un tavolo appartato in fondo alla stanza e dopo aver ordinato un caffè ciascuno si sorrisero quasi imbarazzati.

"È tutto ok?", si informò Claudio dopo essersi schiarito la voce, che ormai saperlo era una priorità.

L'aria per me Where stories live. Discover now