Epilogo

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EPILOGO


Life is what happens
to you while
you're busy
making other plans.



... 5 ANNI DOPO

Pietro era silenzioso in quei giorni.
Silenzioso in un modo strano, soprattutto se consideriamo il fatto che solitamente parlava in continuazione sprizzando gioia da tutti i pori. 

Mario e Claudio l'avevano notato subito, la casa era diventata improvvisamente più cupa, e avevano provato a chiedergli se ci fosse qualcosa che lo turbava, ma il bambino aveva risposto che no, non c'era niente a rannuvolarlo.

Eppure.
Eppure quella situazione continuava da ormai tre giorni e nessuno dei due riusciva a capire cosa stesse succedendo al loro bambino, a quel bambino che stavano crescendo con tutto l'amore del mondo e a cui cercavano di non far mai mancare niente, come se fosse il loro piccolo tesoro da proteggere.
E lo era.

Quella mattina avevano addirittura fermato la maestra di Pietro a scuola per chiederle se fosse successo qualcosa ma lei non aveva saputo aiutarli, ritrovandosi così punto e a capo.

Ne avevano parlato anche tra di loro, chiaramente, perché erano dei tutori estremamente attenti e premurosi, ed erano entrambi spaventati da quel primo ostacolo che il piccolo aveva interposto tra lui e loro. Credevano di essere dei punti di riferimento solidi per Pietro, ma quella convinzione aveva inziato un po' a vacillare e a portarli ad interrogarsi sui possibili sbagli commessi.

"Stasera proviamo a riparlargli", si erano promessi davanti al cancello di scuola, con la speranza di vedere presto il ranocchio saltellare e urlare felice in giro per la casa, poi si erano salutati con un bacio a fior di labbra e un ti amo sussurrato prima di dirigersi verso i rispettivi posti di lavoro. Perché sì, si amavano ancora maledettamente tanto e sì, Mario era un ostetrico a tutti gli effetti ed era stato assunto ormai da quattro anni all'ospedale di Verona con un contratto indeterminato, e Claudio con una parte di eredità aveva acquistato il bar in cui aveva iniziato a lavorare cinque anni prima quando il proprietario si era ritrovato costretto a venderlo diventandone lui il possidente.


A cena riuscirono a malapena a farsi raccontare cosa aveva fatto di bello in classe quel giorno, e lanciandosi un'occhiata d'intesa, mentre Mario si alzò per mettere i piatti sporchi nel lavello, Claudio invitò suo nipote a saltare giù dalla sedia e a sedersi sulle sue gambe.

"Pietro, tesoro, cosa c'è che non va?", gli domandò spostandogli un ciuffo chiaro di capelli dalla fronte. Il bambino sospirò abbassando gli occhi.

Mario portò via l'ultimo piatto poi si sedette accanto a Claudio accarezzando la guancia morbida di Pietro. "Ranny", avevano preso l'abitudine di chiamarlo così, in modo affettuoso e scherzoso, quando gli avevano raccontato che quand'era piccolo a suo zio Claudio sembrava un ranocchio, "siamo noi, zio Mario e zio Claudio, e noi tre non abbiamo segreti perché le persone che si amano non hanno motivo di nascondersi qualcosa, ricordi?".

Pietro alzò il capo scrutandolo a fondo, poi annuì. Certo che se lo ricordava, se lo promettevano sempre loro tre, e quei due erano la sua vita e li amava così tanto... non voleva pensassero non fosse così. Così decise di parlare.

"A scuola mi prendono in giro", confessò abbassando nuovamente gli occhi, permettendo così a Mario e a Claudio di lanciarsi uno sguardo turbato, "dicono che vivo con due zii perché la mia mamma e il mio papà non mi vogliono".

Gli occhi di Mario si fecero lucidi mentre il cuore di Claudio perse un battito. Sapevano, lo avevano messo in conto, che la prima elementare sarebbe stata più difficile dell'asilo, però non pensavano... così presto.

L'aria per me Donde viven las historias. Descúbrelo ahora