46. Sogno che odora di realtà

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46
SOGNO CHE ODORA
DI REALTÀ


E se un sogno ha
così tanti ostacoli,
significa che è
quello giusto.
Bob Marley



Mario era nervoso.

Non sapeva spiegarne bene il motivo dato che ormai Claudio era parte integrante della sua vita da mesi, eppure quello a cui stava per andare gli sembrava a tutti gli effetti il loro primo vero appuntamento per come il castano gliel'aveva chiesto e solo l'idea di avere un appuntamento ufficiale, con tanto di completo elegante, gli faceva avere i nervi a fior di pelle. E poi... e poi stava pensando ad una cosa importante che aveva intenzione di dirgli quella sera. Anzi. Due. E una gli metteva più ansia dell'altra.

Addirittura, quando il campanello segnalò l'arrivo di Claudio, Mario saltò in aria dallo spavento e costrinse Giulio ad andare ad aprire al suo posto la porta perché lui aveva bisogno di controllarsi un'ultima volta allo specchio e assicurarsi che tutto fosse in ordine.

Stava giusto parlando da solo imprecando su come quel dannatissimo ciuffo quel giorno non volesse stare al suo posto quando sentì alle sue spalle la voce di Claudio togliergli il fiato.

"Sei...", sei pronto avrebbe voluto dire, "wow. Bellissimo", si annunciò così invece, percorrendo poi i pochi passi che li divideva, accostandosi alla sua schiena. Mario osservò il castano riflesso dietro di lui e sospirò a corto di parole per quanto fosse semplicemente... perfetto.

Caspita, lui si che era bellissimo.

"Tu lo sei", gli disse infatti mentre Claudio gli lasciava un bacio sul collo e uno sulla mascella, "non avrei mai pensato di vederti vestito così, un giorno", si girò per trovarselo faccia a faccia lasciandosi baciare a fior di labbra.

"Guarda come mi rendi", fece finta di essere scocciato alzando perfino gli occhi al cielo. Mario ridacchiò sentendosi finalmente un po' più leggero ora che Claudio era lì con lui; si osservò un'ultima volta e poi intrecciò le sue dita a quella dell'altro. "Andiamo", prese un grande respiro mentre salutavano Giulio e uscivano di casa, infine salì in macchina e aspettò che il castano mettesse in moto. Non sapeva dov'erano diretti di preciso ma capì presto, dalla strada che avevano imboccato, che Claudio lo stava probabilmente portando in quel ristorante sul lago in cui erano già stati tempo addietro.

E infatti fu così. Il castano si premurò anche di aprirgli la porta per farlo entrare per primo, poi annunciò al cameriere il nome della prenotazione e vennero indirizzati al loro tavolo in una zona appartata e allestita in maniera egregia in ogni suo più minimo dettaglio. Quasi stonava rispetto al resto del ristorante, che per quanto bello e ben tenuto non era di certo così tanto particolareggiato e curato, e Mario ne capì presto il motivo quando il cameriere parlò.

"Signor Sona spero vada bene così. Abbiamo seguito alla lettera le sue commissioni e richieste".

"Più che bene", gli sorrise, "è proprio come lo immaginavo. Grazie".

Al che il quasi ostetrico si voltò sconvolto verso Claudio. Aveva davvero organizzato lui tutta quella meraviglia? Per lui?
Lo guardò ammaliato, con gli occhi che brillavano di gioia pura, e glielo domandò per sicurezza.

"Beh sì", rispose il castano grattandosi il collo imbarazzato, "volevo che fosse tutto alla tua altezza", gli spiegò spostandogli la sedia per farlo sedere. "Quando siamo stati qui la prima volta dopo cena ti ho detto chiaro e tondo che quello non era un appuntamento - ero un po' un idiota", ridacchiò, "invece voglio sia ben chiaro che oggi sono qui con tutt'altro spirito".

L'aria per me Where stories live. Discover now