27. Immobile

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IMMOBILE


Attendere significa stare tra l'immobilità e la speranza.
Pauline Michel



Claudio si guardò allo specchio prima di coricarsi a letto dopo una giornata che gli parve lunga come tre.

Sul viso e sulle braccia ancora i segni delle sue unghie conficcate sulla pelle mentre qualche ora prima aveva provato a lavarsi via di dosso lo sporco che lo ricopriva; gli occhi stanchi e ormai spenti gli comunicavano che era solo come una pezza da buttare.

Sospirò mentre lentamente raggiungeva il letto accanto a lui, e stendendosi supino si mise a fissare il soffitto inerme.

Cristiano sbucò poco dopo da dietro la porta, gli chiese il permesso di portare Pietro a casa con sé dicendogli che se ne sarebbe occupata senza alcun disturbo sua mamma se durante la notte ne avesse avuto bisogno perché di lasciarlo lì da solo con Claudio in quello stato non se la sentiva, poi gli augurò di passare una buona notte invitandolo a dormire così da lasciarsi alle spalle quella giornata difficile e rassicurandolo circa il fatto che sarebbe tornato a trovarlo l'indomani.

Claudio annuì distrattamente, la mente persa altrove, a Mario che aveva rivisto dopo oltre un mese e che aveva dannatamente bisogno di rivedere il prima possibile.

Ancora una volta, come quel pomeriggio, non si accorse subito del suono del campanello. Se ne accorse solo quando il rumore si fece insistente, come se un pazzo avesse incollato il dito al pulsante rendendo quel trillo fastidioso al punto che Claudio dovette premere forte le mani sulle orecchie.

Il suo amico era ancora a casa sua, ne era abbastanza certo, quindi attese che andasse lui a vedere chi fosse senza muoversi di un centimetro. E in effetti presto il suono cessò e la porta d'ingresso sbatté pesantemente.

Pietro iniziò a piangere per il rumore.

Cristiano rimase per lo più scioccato nel ritrovarsi davanti a Mario dopo tutto quel tempo e dopo tutto quello che era successo. Gli chiese a bassa voce che cosa ci facesse lì, sperando che Claudio non se ne accorgesse, e guardandolo con un cipiglio serio cercò di cullare Pietro già riposto nel passeggino.

"Dov'è?", si guardò attorno Mario cercando colui che lo aveva distrutto senza però trovarlo, "dimmi dove è, subito".

"Cosa vuoi da lui?", lo studiò allora l'altro con circospezione.

"Ho bisogno di parlargli", si mantenne sul vago, fissando poi le scale che portavano al piano superiore come se dentro di sé sapesse esattamente dove trovarlo.

"Non è il caso, Mario, non saprebbe sostenere un confronto ora come ora".

"Non me ne frega niente!", sbottò arrabbiato mentre Cristiano lo intimava di fare silenzio, "è su?", domandò prima di avviarsi la dove sentiva di dover andare iniziando a salire gli scalini.

Cristiano lo raggiunse velocemente e provò a fermarlo dandogli la conferma che fosse davvero lì, ma Mario non lo ascoltò e si diresse a passo deciso verso la stanza in cui non gli era mai stato possibile dormire, se non dopo... dopo. Deglutì quel pensiero atroce e senza chiedere il permesso spalancò la porta.

Claudio rimase immobile, come se nessuno avesse fatto irruzione nella sua camera, gli occhi spalancati e rivolti verso l'alto mentre il pianto di Pietro in sottofondo gli graffiava il sistema uditivo.

Anche Mario rimase immobile per qualche istante, incredulo per la staticità di quel corpo che sembrava morto, poi Cristiano lo riportò alla realtà chiamando il nome del suo amico e affiancandolo.

L'aria per me Where stories live. Discover now