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Dominic parcheggiò la sua Toyota nera davanti casa di mia madre e insieme scendemmo dall'auto. Con una mano reggevo la mia borsa beige e con l'altra un vassoio pieno di dolcetti al cioccolato. Seguii Dominic lungo il sentiero sterrato, maledicendo la pioggia che si era riversata sulla città fino a un'ora prima e che aveva trasformato il suolo in una poltiglia fangosa. Riuscii ad arrivare alla porta di casa sana e salva e, mentre mi sistemavo il cardigan, Dominic suonò il campanello tre volte. Mi guardai intorno, osservando il luogo dove una volta vivevo: l'immenso prato verde, il piccolo boschetto dietro casa, la stalla con i cavalli. Ogni mattina mi svegliavo presto e cominciavo la giornata dando da mangiare a Lucy e Flash, i due cavalli di famiglia. Lucy, uno splendido esemplare di Andaluso, me l'aveva regalato zio Richard quando avevo diciannove anni. Flash, invece, era un Frisone dal pelo nero e lucente che correva più veloce del vento; mio padre lo aveva comprato ad una fiera in una città vicina in un giorno d'autunno.
"Ciao, ragazzi" ci salutò mia madre spalancando la porta.
Entrammo in casa mostrando un sorriso raggiante e, appena appoggiai il vassoio sul tavolo, mia madre mi abbracciò forte.
"Ciao, mamma." Ricambiai la stretta, anche se con meno entusiasmo.
"Buon compleanno" mi disse a bassa voce, dandomi un bacio sulla guancia.
"Grazie."
Lei si voltò verso Dominic e i suoi occhi si illuminarono. Soltanto in quel momento mi accorsi dell'orribile vestito rosso e blu che indossava e che la faceva sembrare più grossa di quel che era.
"Ciao, Joanne." Dominic si chinò per abbracciarla e mia madre, a causa della bassa statura tipica di famiglia, si alzò sulle punte dei piedi per stringerlo tra le sue braccia.
Anche Dominic non scherzava in fatto di altezza e sovrastava tutti quanti con il suo metro e novanta e con i suoi chili di troppo. Non era grasso, solo un po' robusto; ma di sicuro aveva bisogno di prendere un appuntamento con un nutrizionista.
"Che bello vedervi! Allora, come state?" squittì mia madre, facendoci accomodare sul divano in soggiorno.
"Alla grande" replicò Dominic con la sua solita voce bassa e tonante. Si sedette al mio fianco e mi prese la mano.
"Che cos'hai portato Haylee?" domandò mia madre, indicando il vassoio sul tavolo.
"Oh, sono dei dolcetti al cioccolato. La mamma di Dominic mi ha regalato un libro di cucina e ho voluto provare una nuova ricetta" spiegai con voce piatta.
"Grazie, tesoro. Non vedo l'ora di assaggiarli."
Io annuii e nello stesso istante Dominic mi rivolse un'occhiata amorevole.
"Sono squisiti, Joanne. Haylee è una cuoca formidabile, proprio come te." Le rivolse un sorriso melenso e mia madre si sciolse.
"Caro, sei troppo gentile" asserì, diventando rossa come i suoi capelli.
"È la verità." Dominic strinse un po' più forte la mia mano e io mi costrinsi a non ritrarla.
"Vi fermate a cena?" Mia madre ci guardò e noi annuimmo contemporaneamente.
"Vuoi una mano a preparare da mangiare?" le domandai.
Lei scosse la testa sorridendo. "No, cara. Oggi è il tuo compleanno. Ci penserà Dominic ad aiutarmi."
Lui si alzò prontamente, liberando la mia mano, e si diresse in cucina.
"Io vado nella stalla e forse farò una passeggiata qui intorno" annunciai, vedendo scomparire mia madre e Dominic.
"Divertiti" mi augurarono in coro.
Prima che qualcuno dei due cambiasse idea, mi precipitai alla stalla stando attenta a non scivolare sul fango.
Quello era l'unico posto che mi mancava, tutto il resto no. Quando ero piccola trascorrevo gran parte del mio tempo nella stalla, poi, dopo l'arrivo di Lucy e Flash, avevo deciso di passarvi ogni minuto libero della giornata. Accudivo i cavalli dando loro da mangiare e spazzolando il lucente pelo, sistemavo il fieno e, quando c'erano ancora le galline, mi occupavo della raccolta delle uova.
Appena aprii il pesante portone di legno e varcai la soglia, inspirai profondamente lasciandomi travolgere dall'odore di fieno. Mi riportava ogni volta indietro nel tempo. Raggiunsi i box di Lucy e Flash, uno di fianco all'altro, e accarezzai il loro muso con le dita. Era passato poco più di un mese dall'ultima volta che li avevo visti, ma a me pareva un anno. Mi erano mancati molto e avrei voluto vederli prima, ma Dominic era un uomo molto impegnato e aveva bisogno di me.
"Ciao, Lucy." Le diedi un bacio sul muso e lasciai scorrere la mano sulla sua morbida criniera bianca. Lei emise un sospiro che mi fece capire quanto apprezzasse il mio gesto, così la accarezzai a lungo.
Mancava ancora un'ora alla cena e mi decisi a fare una cosa che non facevo da mesi, quasi un anno: una cavalcata.
Presi una sella in pelle marrone e la posizionai sul dorso di Flash, che nitrì forte. Anche lui aveva bisogno di una bella corsa.
Avevo sempre cavalcato volentieri Lucy, le volevo un mondo di bene; ma la velocità di Flash mi faceva scorrere l'adrenalina nelle vene, e in quel momento ne avevo bisogno per dimenticare.
Mi issai sul dorso di Flash e gli diedi un piccolo colpetto al fianco. Lui partì subito e, appena uscimmo dalla stalla, lo feci cominciare a correre. Non lo indirizzai verso nessun posto in particolare, lo lasciai libero di andare dove voleva e io mi concentrai soltanto a sentire il vento sulla pelle. Era una sensazione così bella e liberatoria che avrei voluto provarla per il resto della mia vita.
Flash attraversò il campo dietro casa, in direzione del boschetto. Galoppava veloce, guardando dritto davanti a sé e lasciando delle profonde impronte con i suoi zoccoli nel terreno fangoso. Procedette a zig zag tra gli alberi, schivando anche gli arbusti, e io mi chinavo ogni volta che vedevo un ramo troppo basso. Non c'era alcun rumore a parte quello degli zoccoli di Flash. Raggiungemmo quasi la fine del boschetto, dove si trovava un ruscello dall'acqua limpida e fresca. Flash si fermò sulla riva per bere e io ne approfittai per scendere dal suo dorso e sgranchirmi le gambe. Mi sedetti su un masso che sbucava dal terreno, l'unico punto privo di fango, e mi guardai intorno, cercando di memorizzare ogni particolare di quell'ambiente. Le foglie arancioni e marroni, i grossi tronchi degli alberi, i rami sottili che si diramavano verso il cielo, i sassi grigi vicino al ruscello, l'aria che profumava di verde.
Flash finì di bere e mi si avvicinò sporgendo il muso, che io accarezzai più che volentieri. Il suo respiro caldo mi solleticava la pelle e mi illudeva che niente fosse cambiato.
Quando il sole cominciò ad abbassarsi e la sua luce lasciava il posto all'ombra, rimontai in sella e tornai a casa. Nel momento in cui arrivai davanti alla stalla, vidi mia madre e Dominic che si guardavano intorno preoccupati. Appena sentirono il rumore degli zoccoli di Flash, si voltarono verso di me e l'espressione sul viso di mia madre si distese.
"Haylee, dove sei stata?" Dominic mi corse incontro mentre io scendevo da cavallo. La sua voce tesa mi fece venire la pelle d'oca.
"A fare una passeggiata con Flash. Ve l'avevo detto."
Dominic mi lanciò un'occhiata severa.
"Sei stata via tanto tempo. Abbiamo iniziato a preoccuparci" disse mia madre angosciata.
Controllai l'orologio e, notando l'ora, mi chiesi il perché di tanta preoccupazione.
"È passata meno di un'ora."
Gli occhi neri di Dominic furono attraversati da un lampo di rabbia che però scomparve quasi subito.

Mentre ritornavamo alla nostra casa vicino al centro della città, Dominic non disse nulla, e io neppure. La cena era stata silenziosa come sempre, interrotta soltanto dai complimenti che Dominic faceva a mia madre.
"Wow, Joanne, questa bistecca è favolosa" le aveva detto subito dopo averla assaggiata.
Per me era come le altre volte che l'aveva preparata, ma non lo feci notare. Mia madre adorava i complimenti di Dominic. Adorava Dominic.
L'auto si fermò davanti al garage di casa e io misi subito la mano sulla maniglia per scendere, ma mi fermai quando mi accorsi che Dominic era immobile con gli occhi fissi davanti a sé. Stringeva con forza il volante, ogni muscolo del suo corpo era teso.
"Tutto bene?" chiesi, spostando lo sguardo da lui alla porta di casa.
Dominic non rispose subito, ma il suo respiro irregolare era un chiaro segno che non stava affatto bene.
"Dom?" lo chiamai, sporgendomi verso di lui.
Batté le palpebre due volte, poi si voltò di scatto verso di me, tanto che mi spaventai.
"Volevi andartene?" mi domandò all'improvviso.
"Cosa?" mormorai confusa.
Lui non ripeté la domanda, bensì uscì dall'auto e io lo seguii in casa. Appena chiusi la porta dietro di me, Dominic si voltò bloccandomi contro la parete.
"Ti ho chiesto se volevi andartene" ringhiò a denti stretti.
Il battito del mio cuore aumentò all'improvviso, così come il mio respiro.
"Cosa? No. Che intendi dire?" mi affrettai a rispondere.
Il suo corpo non toccava il mio, ma era come se lo stesse facendo.
"Oggi pomeriggio, quando te ne sei andata con quello stupido cavallo, volevi scappare?"
"No, Dom. Come ti è venuto..."
"Giuralo!" urlò a pochi centimetri dalla mia faccia.
Mi sembrava di non riuscire a respirare per la paura.
"Mi stai spaventando" sussurrai col fiato corto.
Lo sguardo furibondo di Dominic si addolcì immediatamente, i suoi muscoli si rilassarono.
"Mi dispiace, tesoro. Per un momento ho temuto che..." si interruppe chinando il capo.
Quando tornò a guardarmi, la furia nei suoi occhi era scomparsa, lasciando il posto ad un sentimento più tenero. Mi prese il viso tra le mani, poi mi baciò.
"Scusa, Haylee."

Life - Ricominciare a vivereWhere stories live. Discover now