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Janine mi aveva spedito il primo libro due giorni dopo il nostro pranzo. Era un piccolo tomo che racchiudeva le poesie di un giovane scrittore di New York. Non era famoso, ma dai suoi versi e dal suo talento capii che avrebbe dovuto esserlo.
I suoi componimenti erano profondi, pieni di significato, e spesso mi suscitavano emozioni così forti che dovevo interrompere la lettura per elaborare i miei sentimenti. Non mi era mai successo prima di sentirmi così coinvolta da una lettura.
"Haylee?" La porta dell'ufficio di Trevor si aprì e lui mi chiamò.
Posizionai il segnalibro alla pagina dove ero arrivata e mi alzai, lasciandomi alle spalle la sala d'attesa.
"Hai cominciato a leggere?" domandò Trevor appena entrai nella stanza. Non mi diede nemmeno il tempo di sedermi.
"Diciamo di sì" risposi con un tono volutamente vago.
Lui alzò un sopracciglio, e i suoi occhi scuri brillarono di una luce nuova.
Appoggiai la borsa sulla poltrona, ma, quando feci per sedermi, Trevor mi attirò contro di lui.
"Potresti essere più specifica?" La voce bassa e sensuale.
Un sorriso mi incurvò le labbra. "Stavo lavorando."
"Stavi lavorando?" Avvicinò il viso al mio, tanto da far sfiorare le punte dei nostri nasi.
Assentii. Volevo parlare, ma la vicinanza di Trevor me lo impediva. Il cuore mi batteva forte perché eravamo uno contro l'altra. Avevo le mani sul suo petto, sentivo il calore della sua pelle e volevo baciarlo.
Come se mi avesse letto nella mente, Trevor avvicinò le labbra alle mie, toccandole delicatamente. Quello sfioramento mi fece scoppiare di gioia, tanto che ne bramai ancora. Volevo sentire di nuovo quel calore e il suo sapore.
"Ciao" mi disse appena si staccò leggermente da me. "Come stai?"
Mi protesi verso di lui, dandogli un bacio sul mento. "Molto meglio, ora."
Trevor strinse le braccia intorno alla mia vita, annullando del tutto quel poco spazio che era rimasto tra noi e facendo esplodere il mio cuore. Non potevo chiedere di meglio.
Eravamo passati da un rapporto dottore-paziente a uno completamente diverso da ciò che mi aspettavo. Non avrei mai immaginato che saremmo finiti a baciarci come due adolescenti in preda agli ormoni.
"Forse dovremmo calmarci" mormorai contro le labbra di Trevor sorridendo.
Lui si staccò subito da me, mi osservò per un istante, poi mi diede un ultimo lento bacio che mandò in tilt il mio cervello.
"Hai ragione." Annuì appena, mettendo un po' di distanza tra noi.
Non era troppa, e Trevor restava comunque molto vicino, ma sentii il mio corpo protestare.
"Che libro stavi leggendo?" chiese, iniziando un discorso che non implicasse l'utilizzo di baci, labbra, lingue, mani... Stavo impazzendo.
"Una raccolta di poesie." Mi tremavano le ginocchia, e portare l'attenzione su qualcosa di diverso da Trevor mi costava più fatica di quanto immaginassi.
"Per lavoro?" Mi fisso confuso e sorpreso al tempo stesso.
Annuii entusiasta. "Ho riavuto il mio vecchio lavoro. Beh, più o meno. Adesso mi occupo solo di recensioni."
Gli occhi di Trevor si illuminarono e il mio cuore minacciò di uscire dal petto. "È fantastico, Haylee."
"Già." Lo guardai, felice per la prima volta dopo tanto tempo, poi lui si fece scuro in volto. "Che succede?"
Trevor fece un piccolo passo nella mia direzione. "Non riesco a resistere."
E, un istante dopo, la sua bocca e le sue mani furono di nuovo su di me.

Il modo in cui mi guardava era semplicemente disarmante. Tutte le mie paure e incertezze andavano in frantumi sotto il suo sguardo serio e concentrato.Non mi aveva mai guardata così prima. Tutto era cambiato dalla notte in cui ci eravamo baciati. Il modo in cui ci guardavamo, i gesti che facevamo e anche le sedute. Non parlavamo quasi più; ci baciavamo soltanto.
"Cosa ci fai qui?" domandai titubante
Dovevo essere felice di vederlo. Dovevo sentire il cuore saltare e fare le capriole nel petto. Ma la sua espressione aveva annullato tutte le mie emozioni.
"Ti devo parlare." Trevor entrò in casa senza aspettare una mia risposta, e la sua fretta mi sorprese.
Lo seguii in cucina, dove lui rimase fermo vicino al bancone. Le mani con i palmi che toccavano il ripiano freddo, le spalle rigide.
"Che succede?" L'insicurezza nella mia voce lo fece voltare verso di me.
Una nuova luce illuminava i suoi occhi. Qualcosa che non avevo mai visto prima e che mi fece torcere lo stomaco.
"Resta con me."
Lo fissai confusa. Cosa voleva dire?
"Resta con me" ripeté avvicinandosi. "Per sempre."
L'espressione sul suo viso si addolcì, riempendomi il cuore di gioia.
Era suo. Il mio cuore era suo. Lo avevo sempre saputo.
Annuii appena, e lui mi baciò prima che potessi parlare.
Mi attirò a sé con forza, stringendomi la vita e affondando le dita nella carne. Mi succhiò il labbro inferiore, tenendolo tra i denti per un istante, poi mi accarezzò la lingua.
Trevor era spesso così passionale, ma non mi stancavo mai. Il modo in cui mi toccava, guardava e baciava mi faceva perdere la testa. Lui mi faceva sentire bene. Ero una nuova Haylee grazie a Trevor.
"Dillo. Dì che resterai con me." Trevor ansimò contro la mia bocca.
Era un sensazione inebriante.
"Sì. Resterò con te" sussurrai col fiato corto.
La mia promessa liberò Trevor di tutti i freni inibitori, e io feci lo stesso.
Mi sollevò senza il minimo sforzo e io allacciai le gambe intorno ai suoi fianchi, sentendo la sua eccitazione premere contro di me.
Mi portò in camera, dove, senza staccarsi dalle mie labbra, mi adagiò sul letto.
"Dimmi che mi ami, Haylee." Sorrise, poi, con uno sguardo malizioso, spostò la sua attenzione sul mio collo, che riempì di piccoli baci sensuali.
"Ti amo, Trevor." Inarcai la schiena quando le sue labbra si spostarono raggiungendo l'interno delle cosce. Chiusi gli occhi e assaporai quella sensazione paradisiaca.
Volevo sentirlo. Volevo sapere fin dove poteva portarmi. Volevo donargli tutta me stessa.
Riaprii gli occhi quando Trevor si scostò lasciandomi senza respiro. Era come se mi avessero tolto tutta l'aria dai polmoni.
"Trevor?" La sua voce, prima roca e sensuale, si fece più bassa, oscura. Diversa.
Alzai la testa confusa e incontrai gli occhi neri come la notte di Dominic.
"Chi è Trevor?" Il tono più alto e disgustato.
Dominic troneggiava ancora su di me. Il suo corpo forte e muscoloso era una gabbia che non mi lasciava scampo.
Provai a divincolarmi, ma lui era più forte. Era sempre stato più forte di me.
"Chi cazzo è Trevor?" Dominic gridò così forte che mi portai le mani alle orecchie.
Sapevo che dovevo rispondere perché era quello che lui voleva, ma ero paralizzata. Il terrore si era impossessato di me. Un'altra volta.
Dominic non aspettò un secondo di più: mi strattonò, immobilizzando le mie mani sopra la testa. Con un gesto rapido divaricò le mie gambe, mi abbassò i pantaloncini e le mutande, poi si slacciò i pantaloni.
Scossi la testa, mentre le lacrime mi bagnavano le tempie.
"Ti prego, non farlo" lo supplicai guardandolo negli occhi. "Non farmi del male."
Un ghigno sinistro animò il viso duro di Dominic.
"Non voglio farti del male, Haylee. Voglio solo ricordarti chi è il tuo ragazzo."
Cercai di liberarmi dalla sua presa forte e dolorosa, ma non ci riuscii. I miei sforzi furono inutili.
"Non sei il mio ragazzo."
"Non dimenticarlo, piccola: tu sei mia. Soltanto mia."
"No."
"Sì, cerca di ricordartelo" ringhiò, avvicinandosi al mio corpo esposto.
Chiusi forte gli occhi, mentre le ultime forze che avevo mi stavano abbandonando.
Io avrei perso. Dominic avrebbe vinto.
Io non avrei più riavuto indietro la mia vita. L'avrebbe tenuta lui per sempre. Per sempre all'inferno.
"No!"
Spalancai gli occhi in preda al panico. Il cuore che batteva fortissimo, l'aria che faticava a entrare nei polmoni e Dominic... Dominic non c'era. Era sparito nel nulla.
Mi guardai intorno nel buio della mia stanza. Non sentivo rumori, a parte il mio respiro strozzato.
Lasciai vagare le mani sul materasso. Era vuoto e freddo di fianco a me.
Accesi la luce: tutto era come quando ero andata dormire poche ore prima.
Dominic non era mai stato lì.
Era un brutto sogno. Un altro incubo.
Scostai le coperte e mi misi a sedere, passandomi le dita tra i lunghi capelli scuri.
Era un incubo, lo sapevo. Dominic non era lì, non mi avrebbe trovata. Eppure non riuscivo a calmarmi.
Scattai in piedi, mi infilai la tuta e uscii. Corsi verso l'auto parcheggiata sul retro, poi guidai fino a casa di Trevor.
Probabilmente viaggiai ad una velocità superiore a quella consentita, perché arrivai a destinazione in pochi minuti.
Bussai alla porta di casa di Trevor più volte. Quattro in tutto. Passarono diversi minuti prima che una luce si accese, alimentando la mia speranza.
Sapevo di averlo svegliato. Erano le tre di notte e sapevo che stava dormendo, ma avevo bisogno di aiuto. Avevo bisogno di lui.
La porta si aprì e un Trevor confuso e assonnato mi scrutò a lungo.
"Haylee?" Pronunciò il mio nome con voce bassa e roca.
"Aiutami, ti prego." Mi appoggiai allo stipite e mi lasciai andare ai singhiozzi.

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