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Waterbury. La città dove ero nata e cresciuta. Dovevo avevo sempre vissuto. La mia città. Eppure mi sentivo un'estranea lì, come se fossi in un luogo sconosciuto. E quella sensazione non mi piaceva per niente; mi faceva sentire impotente e senza via d'uscita. Riuscii a calmarmi a sufficienza soltanto quando entrai nel mio appartamento. Lì mi sentii finalmente a casa.
Dopo aver portato il borsone in camera ed essermi cambiata, mi sdraiai sul divano con il cellulare tra le mani.
"Ehi, bellezza! Stavo per chiamarti." Anaru rispose al secondo squillo con la sua solita voce serena.
"Ah, davvero? Ti manco già?" risi, dondolando una gamba oltre il bordo del divano.
"Manchi a tutti noi. Pensa che Michael vorrebbe tornare a fare surf con te, nonostante tu sia una frana."
"Ho solo bisogno di pratica." Mi finsi offesa.
Sentii Anaru ridere, poi mi chiese: "Allora, com'è andata a New York?"
Emisi un grugnito prima di rispondere. Non volevo pensarci, ma, probabilmente, parlarne con Anaru mi avrebbe fatto bene. Non mi faceva mai sentire giudicata, quindi gli spiegai tutto. Cominciai a descrivere l'aspetto di Casey, evidenziando ciò che ci rendeva diversi. Poi gli raccontai tutto il resto. Anaru ascoltò pazientemente, lasciandomi parlare senza mai interrompermi.
"Sei stata coraggiosa" asserì quando terminai di raccontare tutto.
"So che lo dici solo per tirarmi su di morale."
Anaru sbuffò. "Non è vero."
Alzai gli occhi al cielo con l'intento di ribattere, ma poi decisi di cambiare argomento.
"Il mio frigo è completamente vuoto e devo fare un po' di spesa. Stasera vorrei cucinare gli spiedini che ho preso nel locale dove lavori, te li ricordi?"
Mi alzai e andai in camera a mettermi le scarpe da ginnastica.
"Oh, sì. Erano quelli di pesce spada."
"Conosci la ricetta?" domandai, attraversando il soggiorno per prendere la borsa che avevo lasciato in cucina.
Mentre uscivo di casa, Anaru mi descrisse ogni passaggio della ricetta, che cercai di memorizzare con attenzione. Stavo uscendo dall'ingresso principale del palazzo quando andai a sbattere contro qualcosa. Alzai gli occhi frastornata, accorgendomi che quel qualcosa era qualcuno. E quel qualcuno era Stephan. Accanto a lui c'era la signora Brimbley.
"Scusa, devo andare. Ti richiamo più tardi" salutai Anaru, poi mi rivolsi a Stephan. "Mi dispiace, non guardavo dove stavo andando."
Lui, per tutta risposta, mi rivolse un'occhiata glaciale. "Ho notato."
Erano passate settimane dal nostro ultimo incontro, dalle ultime parole che mi aveva detto, eppure mi trattava come se avessi appena cercato di derubarlo.
"Stephan, ti sembra il modo di rivolgerti a Haylee?" lo rimproverò la signora Brimbley.
Il suo tono mi fece quasi sorridere, ma mi trattenni. Stephan continuava a fissarmi in cagnesco.
"Cara, non ti vedo da un sacco di tempo. Come stai? Ti trovo splendida. Hai preso un po' di sole?"
Spostai il mio sguardo sulla signora Brimbley, che non era cambiata minimamente dall'ultima volta che l'avevo vista. Il suo sguardo azzurro era vivace come sempre, e lo stesso il suo sorriso. I capelli, come al solito, erano raccolti in uno chignon sulla nuca.
"Sto bene, sono stata al mare per un po'. Lei? Mi sembra in forma."
"Mai stata meglio" replicò con un sorriso sgargiante.
"Ora dobbiamo andare." Stephan mi fulminò con lo sguardo prima di rivolgersi a sua nonna. "Devi prendere le medicine."
La prese sottobraccio e la condusse oltre l'ingresso.
"A presto, cara" mi salutò sventolando una mano.
Le risposi semplicemente con un cenno della testa.
Quando mi avviai verso il supermercato, ripensai allo sguardo di Stephan. Mi metteva davvero a disagio, ma allo stesso tempo mi faceva arrabbiare. Avrei preferito che mi ignorasse, non che mi trattasse con disprezzo. Voleva proteggere sua nonna, e lo capivo, ma si comportava come se fossi una persona cattiva. E questo mi innervosiva.
Con il cuore che mi batteva ancora forte per via dell'incontro con Stephan, entrai nel supermercato e presi un cestino, che cominciai a riempire in fretta. Era tardo pomeriggio, presto il sole sarebbe calato e io non volevo tornare a casa a piedi col buio. Non avevo paura di incontrare Dominic, semplicemente volevo evitare situazioni che mi avrebbero messo a disagio. E camminare da sola, al buio, per le vie deserte della città era una di quelle.
Mentre stavo afferrando una scatola di fiocchi d'avena, il mio cellulare squillò. La voce di Anaru echeggiò nel mio orecchio appena risposi.
"Mi era venuto un dubbio, così ho chiesto a Brad se devi usare il limone o il lime per la marinatura del pesce spada e ha detto il lime. Quindi prendi quello."
Risi tra me e me. "Agli ordini. Senti, scusa per prima. Ho incontrato un vicino di casa."
"Non devi scusarti. Comunque ti ho chiamato per assicurarmi che prendessi l'ingrediente giusto. Brad ha insistito." Anaru aveva un tono un po' lamentoso, e me lo immaginai alzare gli occhi al cielo.
"Il solito perfezionista."
Lui sbuffò facendomi ridere. "Puoi dirlo forte. Ieri sera ha impiegato quasi venti minuti per apparecchiare il tavolo. Voleva che le posate fossero perfettamente dritte, il coltello doveva essere sistemato con la lama girata verso sinistra e il tovagliolo piegato in quattro e infilato nel bicchiere."
"Oh mio Dio." Soffocai una risata.
Avevo notato la tendenza alla perfezione di Brad, ma non pensavo che raggiungesse simili livelli.
"È molto stressato a causa del lavoro ed è diventato intrattabile."
"Perché?" Camminai lungo la corsia delle merendine, senza prestare particolare attenzione a ciò che mi circondava.
"Una coppia di nostri amici deve sposarsi e vuole che sia Brad ad organizzare tutto, siccome è il suo lavoro. Il problema è che alla sposa non va mai bene niente, oppure cambia idea in continuazione. Lo sta facendo impazzire."
"Poverino. Perché non gli prepari un bel bagno caldo e profumato? Puoi mettere qualche candela lungo il bordo della vasca e accendere la radio facendogli ascoltare canzoni lente e rilassanti. Sono sicura che lo apprezzerebbe."
"Credi?" nella voce di Anaru colsi un po' di speranza.
"Certo. Ti ricordi come si è rilassato quel giorno che siamo andati alla piscina naturale?"
Mi diressi verso il reparto di frutta e verdura, tenendo il cestino con una mano e il cellulare con l'altra.
"È vero. Non l'ho mai visto così sereno. Corro a comprare tutto ciò che mi serve."
"Non dimenticare le candele. Se sono profumate è meglio."
"Grazie, Haylee. Ti adoro." Anaru riattaccò, lasciandomi con il sorriso sulle labbra.
Avevo quasi comprato tutto ciò che mi serviva – cibo sufficiente per qualche giorno e gli ingredienti per la cena –, mancava solo il pesce spada, così mi avviai verso un angolo del negozio. Proprio mentre stavo scegliendo un pezzo di pesce non troppo grande, mi sentii chiamare. Quando mi voltai, mi trovai davanti Judith, la donna che avevo conosciuto al matrimonio di Janine.
"Ero sicura che fossi tu!" Si sporse, accogliendomi con un caloroso abbraccio.
"Ciao, Judith!"
"Che bello vederti! Ti trovo in forma. Ti dona molto l'abbronzatura." Mi sorrise, facendomi leggermente arrossire. Non ero
abituata a ricevere complimenti.
"Sono stata in vacanza al mare" le spiegai, appoggiando il cestino a terra.
"Dove sei stata?" Si spostò un ciuffo di capelli che le ricadeva sulla fronte.
Non erano più corti come l'ultima volta; adesso erano cresciuti e le davano un'aria più giovanile. Era davvero una bella donna.
"In Polinesia, in un piccolo paesino che si trova nell'isola di Tahiti" replicai, osservando il suo cappotto beige.
"Anche io sono stata in Polinesia poco tempo fa. Ti è piaciuto?" Il suo sguardo si illuminò all'improvviso e il marrone dei suoi occhi si fece leggermente più chiaro.
"Moltissimo. Era la mia prima volta all'estero, ed è stato bellissimo" asserii entusiasta.
Avevo fatto quel viaggio per prendermi una pausa da tutto quello che stava accadendo nella mia vita, per scappare dal dolore; ma quest'ultimo mi aveva seguito. Avevo capito che, dovunque andassi, non avrei potuto buttarmi il passato alle spalle. Dovevo affrontare le mie paure, il dolore, essere più coraggiosa. Il viaggio in Polinesia mi aveva insegnato tutto ciò.
"Anche a me è piaciuto molto" si interruppe per un breve istante guardandosi intorno. "Ti andrebbe di uscire a cena stasera? Mio figlio lavora fino a tardi e mi piacerebbe molto fare quattro chiacchiere con te."
Pensai agli spiedini di pesce spada che volevo cucinare e aprii la bocca per rifiutare il suo invito, ma poi ci ripensai. Ero appena arrivata a Waterbury e avevo tutto il tempo che volevo per starmene chiusa in casa, così cambiai idea. Uscire mi avrebbe fatto bene.
"Volentieri." Le sorrisi

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