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Sentii la porta d'ingresso aprirsi e il mio circolo di pensieri si interruppe. I pesanti passi di Dominic si fecero strada lungo il corridoio, finché lui non arrivò in cucina fermandosi dietro di me. Il mio cuore cominciò a battere forte e le mani iniziarono a sudare. Un brivido percorse la mia schiena, facendomi rafforzare la presa intorno al manico del coltello con cui stavo tagliando un peperone.
"Ciao, tesoro." Dominic si avvicinò, abbracciandomi da dietro. Posò la testa sulla mia spalla e mi baciò il collo.
Il mio corpo si irrigidì all'istante, e Dominic se ne accorse. Si scostò, poi mi fece girare verso di lui. Nonostante cercasse di incontrare i miei occhi, tenni lo sguardo basso. Non riuscivo a guardarlo. Percepii il suo respiro diventare irregolare e io iniziai subito a preoccuparmi. Stava per rifarlo? Stava per colpirmi di nuovo?
Poi, all'improvviso, lui cadde a terra in ginocchio.
"Mi dispiace, Haylee. Mi dispiace tanto."
Voltai la testa, guardando un punto a caso sul pavimento. Qualsiasi cosa per non incontrare i suoi occhi neri. Una piccola macchia, un graffio, una venatura del marmo. Qualsiasi cosa.
Sapevo che Dominic stava fissando il segno che aveva lasciato sul mio viso, ma non me ne preoccupai. Doveva vedere cosa mi aveva fatto. Fece per prendermi la mano, ma io indietreggiai per impedirglielo. Le mie reazioni non erano controllate: non ero io che decidevo di non guardare Dominic negli occhi o di allontanarmi da lui. Il mio corpo reagiva in maniera autonoma e impulsiva. Dominic mi guardò sorpreso, poi si alzò e mi venne incontro.
"Haylee, ti prego, perdonami. Ieri è stata una pessima giornata al lavoro e sono uscito per bere qualcosa, ma ho esagerato."
Non replicai, incapace di aprire bocca.
"Tesoro, ti amo da impazzire. Non ero in me ieri sera. Non lo farò mai più. Lo giuro."
Sentii qualcosa bagnarmi le guance e solo in quel momento mi resi conto che stavo piangendo. Dominic si protese verso di me, sfilandomi delicatamente il coltello dalla mano, poi mi abbracciò.
"Mi dispiace tanto. Scusami" ripeté vicino al mio orecchio.
Le sue braccia si strinsero un po' più forte intorno al mio corpo e io sussultai. Lui si allontanò subito, guardandomi con aria perplessa. Una volta quel suo sguardo profondo mandava in subbuglio il mio cuore, facendolo battere forte.
"Che succede?"
Inspirai piano e mi decisi a parlare. "Mi fa male il torace. Ho una costola incrinata."
Dominic mi guardò intensamente. "Per colpa mia?"
Mi limitai ad annuire distogliendo lo sguardo. Lui rimase immobile per pochi secondi, poi il suo sguardo diventò lucido.
"Perdonami" disse con voce rotta e se ne andò.
Mi calmai soltanto quando lo sentii uscire di casa.

Più passavano i giorni, più stavo male mentalmente. I segni che mi aveva provocato Dominic stavano scomparendo, ma quelli che aveva lasciato dentro di me si facevano sentire sempre di più. Ed erano dieci volte più dolorosi. Non riuscivo più a dormire durante la notte: sapere che Dominic era di fianco a me mi faceva venire la nausea. Avevo paura che si svegliasse all'improvviso e che mi facesse di nuovo del male. Avevo paura di lui.
Sapevo che non potevo andare avanti in quel modo; così, quando Dominic uscì per andare al lavoro, presi la borsa e la giacca e salii in auto. Iniziai a guidare senza una meta precisa, ma alla fine mi ritrovai davanti casa di mia madre. Notai subito quanto lei fosse di buonumore: non avevo bisogno di vederla per accorgermene; si capiva dai cambiamenti che apportava alle cose che la circondavano. Infatti aveva fatto potare i grossi alberi che si trovavano vicino al portico, aveva piantato dei fiori blu e rosa e aveva messo una sedia a dondolo vicino all'entrata. Chiunque avesse visto quei cambiamenti, avrebbe pensato che fosse totalmente normale; invece, per una famiglia come la mia, non era così. Mia madre non aveva mai nascosto la sua avversità nei confronti dei cambiamenti: l'avevano sempre spaventata. Proprio per questo quando succedeva qualcosa fuori dall'ordinario capivo che lei era diversa. Ero davvero curiosa di sapere cosa le stesse accadendo.
Bussai alla porta mentre osservavo la sedia a dondolo in vimini. Il colore si intonava perfettamente con le assi di legno del portico.
"Ciao, tesoro" squittì mia madre appena mi vide.
"Ciao, mamma."
Lei si sporse, abbracciandomi forte. A volte si comportava come se non mi vedesse da mesi, ma non glielo facevo mai notare.
"Che sorpresa! Cosa ci fai qui? Ho appena sfornato i biscotti al burro di arachidi con le gocce di cioccolato. Li vuoi assaggiare? Te ne darò un po' anche per Dominic: li adora."
Quando pronunciò quel nome, un brivido gelido attraversò tutto il mio corpo. Lo sentivo ogni volta che pensavo a lui.
"Ho pensato di passare a trovarti" dissi semplicemente, senza addentrarmi nei dettagli del vero motivo per cui mi trovavo lì.
"Forza, entra. Vuoi una tazza di tè?"
La seguii fino alla cucina, poi mi sedetti sullo sgabello di fronte al bancone.
"Sì, grazie."
Mia madre mi passò un piatto pieno di biscotti, poi preparò tutto l'occorrente per preparare un tè caldo. La osservai muoversi in cucina, il suo ambiente naturale, e per un attimo provai un po' di invidia. Io non ero mai stata come lei: dedita alla famiglia, con un'innata voglia di cucinare, pronta a occuparmi della casa. Ero il suo opposto, anche fisicamente. Mia madre era bassa, grassa, con i capelli rossi e gli occhi grigi. Io, invece, ero un po' più alta di lei, avevo un fisico esile e i capelli corvini. L'unica cosa che avevamo in comune erano gli occhi.
Forse Dominic mi aveva picchiata perché non ero dedita alla famiglia e alla casa come mia madre. Forse voleva che fossi una casalinga a tutti gli effetti. Erano passati giorni, eppure non riuscivo ancora a trovare una spiegazione. Qualcosa che avevo detto o fatto aveva fatto cambiare Dominic, ma non capivo cosa.
"Dominic mi ha picchiata" dissi di punto in bianco.
Mia madre stava versando l'acqua bollente nelle tazze e si bloccò con il bollitore a mezz'aria. Passarono dei lunghissimi secondi prima che si decidesse a parlare.
"Tesoro, ma cosa stai dicendo?" Si voltò, posando il bollitore sul fornello, poi strofinò le mani tozze sul grembiule a fiori che aveva allacciato intorno alla vita.
"È successo qualche giorno fa. È tornato a casa ubriaco e..."
"Haylee, lui non lo farebbe mai" mi interruppe mia madre.
Il mio corpo si irrigidì e fui pervasa da una forte rabbia. Perché non mi credeva?
"Mamma, l'ha fatto" ribattei lentamente per permetterle di capire ogni parola.
La sua espressione si fece dura, le labbra diventarono una linea sottile e gli occhi severi.
"Haylee Reed..."
Capii subito che si stava arrabbiando: mi chiamava sempre per nome e cognome quando succedeva.
"Io non ti ho insegnato a comportarti così. Non ti ho educato a scherzare su argomenti come questi."
"Ma io non sto scherzando. Sono tua figlia, come potrei mentirti su una cosa del genere?"
Mia madre alzò le spalle irritata. "Non lo so, dimmelo tu."
"Perché non mi credi?" Balzai in piedi, sentendomi per la prima volta un'estranea a casa mia. La casa dove ero cresciuta.
"Perché conosco Dominic e la sua famiglia. Lui non ti farebbe mai del male. Suo padre è lo sceriffo della città" alzò la voce, facendomi arrabbiare ancora di più.
"Questo non significa niente. Dominic mi ha picchiata."
"Adesso basta, Haylee. Ti proibisco di..." si interruppe con l'indice puntato verso di me.
Non riuscii a guardarla negli occhi, e nemmeno a dire un'altra parola. Ero così arrabbiata, delusa e triste, che l'unica cosa che riuscii a fare fu afferrare con furia la borsa e andarmene. Mentre correvo verso la mia auto, giurai a me stessa che non avrei più parlato con mia madre per parecchio tempo.
Appena mi immisi nella via principale mi sentii improvvisamente sola. Volevo avere qualcuno al mio fianco con cui sfogarmi e che, soprattutto, mi credesse. Però non avevo nessuno. Mia madre pensava che fossi una bugiarda e le mie due migliori amiche mi avevano voltato le spalle. Non c'era nessuno.
Per un momento pensai di andare alla polizia e denunciare Dominic, ma nessuno avrebbe preso sul serio le mie parole. Mia madre ne era la prova. Il figlio dello sceriffo non avrebbe mai picchiato la sua ragazza. Il figlio dello sceriffo non avrebbe mai picchiato una donna. Il figlio dello sceriffo era un brav'uomo, l'esempio che ogni ragazzo doveva seguire. Tutti erano certi che Dominic fosse perfetto, ma io sapevo che non era così. Conoscevo la verità.
Quando mi fermai davanti casa, notai la macchina di Dominic parcheggiata dall'altro lato della strada e tutti i miei muscoli si tesero. Vedere qualcosa di suo mi faceva quell'effetto, ma vedere lui era peggio. Entrai in casa lentamente; ad ogni passo mi si contorceva lo stomaco e faticavo a respirare. Mi richiusi la porta alle spalle e Dominic sbucò fuori dalla cucina.
"Ciao, tesoro" mi salutò con voce seria e fredda. Il mio corpo reagì rifiutandosi di muoversi.
"Ehi" mi costrinsi a dire.
Lui non mi sorrise com'era solito fare e questo mi insospettì.
Obbligando il mio corpo a fare qualche passo, raggiunsi la scala ignorando le sensazioni che la presenza di Dominic provocava in me. Andai in camera da letto e mi sedetti sul bordo del materasso.
"Dove sei stata?" Dominic apparve sulla soglia con un mestolo in mano.
Era strano vederlo con quell'oggetto: lui non metteva mai piede in cucina se non per tenermi compagnia. Io cucinavo, lui mi guardava o assaggiava ciò che preparavo.
"Sono andata a trovare a mia madre" risposi con voce piatta.
"E cosa avete fatto?"
Mi alzai, andando verso l'ampio armadio dall'altra parte della stanza per prendere una felpa.
"Chiacchierato."
Dominic scoppiò a ridere appena udì le mie parole. Una risata fredda, priva di emozioni, che avrebbe pietrificato chiunque.
"Perché mi racconti cazzate, Haylee?" Tornò immediatamente serio.
"Sono andata davvero da mia madre, Dom" dissi, mettendomi sulla difensiva.
Lui si avvicinò, ma io gli diedi le spalle e cominciai a rovistare nell'armadio. Dovevo tenermi occupata per non fargli capire che ero terrorizzata da lui.
"Mi ha chiamato Joanne..." lasciò la frase in sospeso, provocandomi un brivido lungo la schiena.
Le mie mani cominciarono a sudare e tremare, ma Dominic non se ne accorse.
"Davvero?" chiesi con noncuranza.
"Sì, ha detto che le hai raccontato cose strane su di me."
"Dominic..." Mi voltai verso di lui e me lo ritrovai di fronte.
"Le hai detto che ti ho picchiata!" urlò, facendomi arretrare contro l'anta dell'armadio.
Sentii la paura crescere e invadermi il corpo come un'onda anomala. Veloce e inarrestabile. Mi scorreva nelle vene al posto del sangue.
"Avevo bisogno di parlare. Volevo..." La mia voce tremò, impedendomi di continuare.
"Ne abbiamo già parlato noi due" gridò, passandosi una mano tra i capelli.
"M-mi dispiace" balbettai, cercando di allontanarmi. Non volevo stargli così vicino, mi faceva paura.
"Ti dispiace, eh?"
I miei occhi si riempirono di lacrime, ma mi sforzai di non piangere.
Poi, d'un tratto, Dominic mi colpì. Una, due, tre, quattro volte.
Si fermò soltanto quando mi arresi, evitando di proteggermi. Si fermò soltanto quando caddi a terra e rimasi immobile.

Life - Ricominciare a vivereWhere stories live. Discover now