3- Osteogenesi imperfetta congenita.

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"Non la uccido solo perché è il suo matrimonio" dissi accanto a Gaia mentre stavo guardando la lista dei tavoli. Non capisco come gli era venuto in mente di mettere me e Marco nello stesso tavolo di Niccolò e Chiara.

"Volevi essere al tavolo con Anna e Sandro?" Lanciai un occhiataccia a Gaia che fortunatamente colse al volo. Gabriele era molto legato ai genitori dei suoi amici e così aveva deciso di invitare i genitori di Adriano e quelli di Niccolò.

"Guarda il lato positivo, almeno conoscerai meglio Chiara" eravamo fuori ad aspettare i nostri rispettivi fidanzati che stavano cercando parcheggio mentre fumavamo una sigaretta.

"Se non ti tappi quella bocca giuro che ti ci infilo un calamaro" lei scoppió a ridere quasi ad avere le lacrime mentre io le lanciai la seconda occhiataccia nell'arco di pochi minuti.

In quell'esatto momento vidi arrivare Niccolò con la sua fidanzata, lui le teneva un braccio intorno alla vita e la stringeva a se mentre lei lo guardava e si notava da lontano quanto fosse innamorata. Si avvicinarono a noi e lui alzó lo sguardo verso di me mentre io inspirai a pieni polmoni l'ultimo tiro di sigaretta per poi spegnerla e buttare la sigaretta nel cestino.
Non capivo il perché ma la sua vicinanza mi faceva sentire così a disagio, la prima volta che ci lasciammo sapevo darmi una spiegazione, ero innamorata di lui, il che era alquanto normale.
Ma ora no, io amavo Marco e lui amava Chiara, eppure non capivo perché c'era così tanta tensione.

"Ehi, siete al tavolo con noi" disse Gaia mentre io mi riavvicinai a lei alzando gli occhi verso il moro.

"Si, me lo aveva detto Cocco" non sentivo la sua voce da quattro anni, se non tramite Tv quando cantava. Eppure sembrava non essere cambiata per nulla, nella mia mente riaffiorarono tutti i momenti che avevamo avuto e dovetti sforzarmi il più possibile per non piangere.

[flashback]

Io e Niccolò eravamo stati quello che molti definivano il grande amore.
Avevamo vissuti otto anni di relazione bellissimi, nonostante gli otto mesi di lontananza e i momenti difficili.
Ed eravamo felici, lo eravamo davvero, ma mai eravamo stati felici come in quel momento davanti al Colosseo in cui gli dissi di essere incinta.
Lui cercava di starmi vicino in tutti i modi, veniva ad ogni visita insieme a me.
Ricordo ancora il giorno in cui ci dissero che era una femmina, lui scoppió in un pianto disperato e abbracció la pancia posando le labbra su di essa lasciando una scia di baci.
I giorni seguenti era completamente impazzito, ogni giorno tornava con buste di roba per nostra figlia con sempre la solita scusa "ero in giro, l'ho visto e non ho saputo resistere", tanto che ad un certo punto l'ho dovuto fermare perché se continuava a comprare roba saremmo dovuti uscire noi di casa.
Avevamo anche scelto il nome, Camilla.

Ma poi un giorno tutto cambió, e quello fu l'inizio della nostra fine.
Erano bastate soltanto tre parole per far crollare tutto ciò che negli anni io e Niccolò avevamo costruito.
"Osteogenesi imperfetta congenita" erano state soltanto queste le parole del mio ginecologo, eppure erano bastate per far crollare tutto.
Niccolò non capiva, mi guardava confuso mentre io scoppiai in un pianto disperato che era ben lontano dalla felicità.

"È una malattia che riguarda le ossa, chi ne soffre ha delle ossa fragili che possono fratturarsi al minimo movimento. Dopo il settimo mese la placenta diventa troppo stretta per il bambino e il rischio di frattura sarà maggiore. La soluzione migliore sarebbe quella di far nascere la bimba appena entri nel settimo mese con un parto cesareo, in quanto il parto naturale è troppo rischioso. Ma anche in questo caso, la bambina non sarebbe ancora fuori pericolo" ricordo le parole del ginecologo come se fosse ieri. Niccolò non parlava e io non riuscivo a smettere di singhiozzare per dire qualcosa.

Te dimmi dove sei, mi faccio tutta Roma a piedi. - UltimoWhere stories live. Discover now