4- Déjà-vu?

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Al tavolo eravamo rimaste soltanto io e Gaia e mentre lei raggiunse Adriano che faceva quasi fatica a tenere a bada i suoi due figli, io decisi di andarmi a fumare una sigaretta.

Uscì nella meravigliosa terrazza che aveva una vista su gran parte di Roma. E dopo aver preso la mia sigaretta e averla portata alla bocca, cercai nella mia pochette l'accendino e mi ricordai soltanto in quel momento di averlo lasciato in macchina e allo stesso tempo che fino a quel momento avevo accesso la sigaretta con l'accendino di Gaia.

"Accendino?" Mi voltai verso la direzione da dove proveniva la voce, nel momento esatto in cui stavo per tornare dentro per andare a chiedere a Gaia l'accendino. Mi voltai verso Niccolò e feci un piccolo ghigno nervoso. Annuì semplicemente avvicinandomi a lui.

"Déjà-vu?" Lui sorrise spostandosi sul divanetto e facendomi spazio accanto a lui. Sapevo perfettamente a cosa si riferisse. Anni fa, dopo esserci allontanati e non parlati per ben otto mesi, uno dei nostri primi incontri era simile a questo. Io seduta su un divanetto in una sorta di terrazza di un ristorante e lui che sedendosi accanto a me mi aveva chiesto se avevo da accendere. Adesso però non eravamo più dei ragazzini di vent'anni, anche se in fondo un po' lo saremmo rimasti sempre, eravamo vicini ai famosi trent'anni ed erano passati quattro anni dall'ultima volta che ci eravamo visti o parlati, ricordo ancora quel momento come se fosse ieri.

"Te lo ricordi?" Chiesi rimanendo per qualche secondo in piedi, non riuscivo a capire perché ma la sua vicinanza mi creava parecchio disagio.

"Non potrei mai dimenticarlo" lui sorrise e io mi sedetti accanto a lui afferrando l'accendino che mi stava porgendo, accesi la sigaretta per poi porgere l'accendino di nuovo al moro davanti a me. Notai che lui rimase fermo senza afferrare l'accendino e fissava un punto preciso del mio braccio.

"Che c'è?" Seguì il suo sguardo vedendo che fissava il tatuaggio che avevo fatto qualche anno fa, appena mi trasferì a Milano, il che mi fece pensare che lui non l'aveva mai visto. Era una piccola C con un piccolo cuoricino nero accanto, non avevo mai amato i tatuaggi grandi sulla mia pelle. Io deglutì a fatica e posai l'accendino sul tavolino davanti a noi spostando poi il braccio. Non era che non volevo farglielo vedere, era semplicemente che non volevo risvegliare in lui vecchi ricordi, nonostante ero certa che erano tutto tranne che vecchi ricordi in quanto impressi ancora nelle nostri menti.
Lui alzó la manica della camicia e mi mostró il suo tatuaggio. Era semplicemente il nome di Camilla con una piccola stella accanto, io sorrisi vedendolo e notando come, nonostante il dolore e la sofferenza che ci portavamo dentro da anni,  eravamo riusciti entrambi a tatuarci sulla pelle il suo nome o la sua iniziale. Eppure c'era un dubbio a cui non riuscivo a dare una spiegazione logica, lui aveva tatuato sul braccio il nome di nostra figlia ma Chiara non sapeva niente di niente, non riuscivo a capire come fosse possibile tutto ciò.

"Quando l'hai fatto?" Chiese lui dopo che tra noi era sceso il silenzio più totale.

"Quando mi sono trasferita a Milano" risposi completamente sincera e, voltandomi verso di lui, notai che annuì semplicemente senza dire nulla per quasi un minuto. Intanto eravamo intenti a fumare le nostre sigarette ma io ancora non ero soddisfatta, in quanto avevo bisogno di una risposta.

"Perché non le hai detto nulla?" Stavolta era stata io a rompere quel silenzio che si era creato di nuovo. Io mi voltai verso di lui che trovai già a guardarmi con sguardo confuso.

"A Chiara intendo.." lui spense la sigaretta ormai finita nel posacenere davanti a noi e notai deglutire a fatica, come se avessi appena toccato un tasto dolente per lui.

"Non lo so, non me la sono mai sentita" Io annuì semplicemente come a fargli ben intendere che avessi capito. Nonostante fossero passati degli anni, la Sara che lui conosceva bene era ancora in me, forse nascosta in qualche parte.

Te dimmi dove sei, mi faccio tutta Roma a piedi. - UltimoWhere stories live. Discover now