33- Resti stasera?

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''Nun provà a tocca niente, mettiti seduta e sta bona'' Fortunatamante il tratto dall'ospedale a casa di Niccolò, non era molto lungo, anche perchè io stavo morendo di fame, dato che avevo anche saltato il pranzo, ma questo forse era meglio non dirlo al moro dato che, dopo avermi fatto il solito cazziatone per la mia mania di saltare i pasti che a lui non andava per niente a genio, mi avrebbe fatto mangiare un chilo di carbonara da sola per compensare la mia mancanza di cibo nell'arco della giornata, il che non era per niente una buona idea.

''Fammi almeno apparecchiare'' Per quanto ci provassi, era più forte di me, non riuscivo in nessun modo a stare ferma, il che mandava fuori di testa il moro. Anni prima sembrava diventare scemo quando io prima di mettermi sul divano per poter vedere un film insieme, dovevo sistemare e pulire ogni singolo centimetro di quella casa, mentre lui, l'eterno disordinato, sarebbe vissuto nel disordine senza problemi, perchè ''nel disordine, io ho il mio ordine'', così diceva sempre, anche se poi non riusciva mai a trovare una cavolo nemmeno se era davanti ai suoi occhi. Io presi i due piatti che Niccolò usava per la pasta, ormai conoscevo la posizione di ogni oggetto in quella cucina, non era la prima volta che cucinavamo insieme, era una cosa che avevamo sempre amato fare.

''No, ci penso io'' Niccolò si avvicinò a me con calice di vino rosso in mano, ovviamente il mio preferito, che aveva appena versato nell'apposito bicchiere. Mi porse il bicchiere, facendo sfiorare con delicatezza i nostri corpi per poi prendere i due piatti che avevo in mano e lasciandomi un dolce bacio sulle labbra. Io sbuffai, dato che odiavo stare ferma e, nonostante lo sapesse, non mi lasciava fare nulla, mentre lui sistemò lo sgabello per fermi sedere, dopo aver posato i piatti sulla tavola e aver sorseggiato un goccio del vino, per poi tornare a sbattere le uova con pecorino e pepe, controllando di tanto in tanto il guanciale che aveva messo sul fuoco.

''E poi, dato che conosci così bene la posizione di tutti gli oggetti, potresti trasferirti'' Niccolò ai fornelli era di una bellezza disarmante, tanto che non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso, si destreggiava con delicatezza  e decisione, sapendo ad occhi occhi chiusi esattamente cosa fare, stava pur sempre cucinando la carbonara, il suo piatto forte, tra quei pochi almeno. Erano state però le sue parole e riportarmi alla realtà e farmi tornare con i piedi per terra, e dati i pensieri poco sani che stavo facendo forse avrei dovuto ringraziarlo, se non fosse che disse quella frase esattamente nel momento meno giusto, dato che stavo bevendo un sorso di vino, e che non me lo aspettavo per niente, tanto che iniziai a tossire dato che il vino mi stava facendo quasi strozzare.

''Che cosa?'' Avevo perso il passaggio che ci aveva portato a litigare, nemmeno ventiquattrore prima, perchè aveva venduto casa nostra a quel momento in cui mi stava chiedendo di andare a vivere con lui, almeno speravo di aver capito bene. Niccolò era abbastanza fissato con la casa e da qualche anno aveva comprato quella casa, anche se non avevo ben capito il perchè, seppur possedendo una villa, con Chiara fosse andato a vivere in un monolocale in affitto, per di più al Parioli, il che era già sconvolgente così, Niccolò e Parioli nella stessa frase non c'entrano assolutamente niente. La casa era strutturata su due piani, la zona giorno al piano inferiore e quella notte al piano superiore, sin da subito notai che in quella casa c'erano tutte le cose che avevo sempre amato. La cucina e il salotto formavano l'open space, la cucina era bella spaziosa e aveva l'accesso sul giardino da enormi vetrate e inoltre aveva la penisola in marmo, dove per lo più mangiava, mentre il salotto era anch'esso bello grande, in quanto c'era un enorme divano a elle di pelle bianca, un piccolo tavolino di vetro, situato sopra un tappetto davanti al divano e un mobile che occupava gran parte del muro dove era posizionata la sua modesta tv da 100 pollici. Una porta conduceva al bagno di servizio che non era molto grande, ma aveva tutti i comfort possibili. Al lato del divano, c'era una scala che conduceva al piano superiore della casa, la prima stanza era la sua camera da letto, dove anche qui si trovava una tv e una vetrata che dava su un enorme terrazza, la camera aveva il bagno personalizzato che era parecchio grande, tanto da contenere il doppio lavandino e una vasca in grado di farci stare tre persone contemporaneamente. Le altre stanze erano altre due camere da letto, una per gli ospiti e una che sembrava assumere un significato soltanto ora, fino a quel momento Niccolò la utilizzava come stanza di sbroglio, ma sapevo che gli balenava in testa l'idea di ripitturarla e riarredarla per renderla la stanza per un possibile figlio, anche se, dato ciò che era successo in passato, gli avrei sicuramente vietato di farlo almeno fino al quinto mese di gravidanza, non volevo trovarmi di nuovo nella situazione in cui mi trovai con Camilla, in cui giravo per casa e in ogni angolo spuntavano cose per lei e dovetti chiudere a chiave la stanza che io e Niccolò avevamo pitturato insieme dato che non riuscivo a vederla. E infine c'era quella stanza in cui era vietato l'accesso a tutti tranne Niccolò, era una stanza piccolina e bella spoglia, ma a Niccolò non serviva molto. Le mura erano bianche anche se quasi interamente ricoperte dalle sue certificazioni e al centro della stanza c'era il suo pianoforte, era la stanza più piccola e più spoglia della casa, eppure era la più disordinata tanto che sembrava essere esplosa una bomba lì dentro, i fogli delle canzoni e degli spartiti erano sparsi ovunque e sapevo che tutto ciò erano le uniche cose che non andavano toccate a Niccolò, sarebbe impazzito completamente, aveva il suo ordine mentale e doveva sempre trovare tutto come lo lasciava, il rischio era quello di non completare o non fare uscire tante canzoni.

Te dimmi dove sei, mi faccio tutta Roma a piedi. - UltimoWhere stories live. Discover now