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Il piccolo Yugi non è mai stato così attivo e pimpante... corre, balla, pattina; ha persino imparato a saltellare come Heidi, dice lui. Lo vedo ogni giorno con quell'enorme cicatrice sul braccio e mi si spezza il cuore. Ho sempre cercato di difenderlo e proteggerlo da tutto, forse fin troppo. Sapere che il recupero medico è oramai terminato mi solleva e mi incita a fare meglio: non lo stresserò più, non lascerò più che il mio bambino si stressi dietro a sport che non gli interessano o a noiosissimi corsi di scacchi (il suo maestro mi diceva sempre utilizzava i pedoni per giocare alla guerra).  Anche se io adoro gli scacchi. 


Tua per sempre,

Mamma.


La signora Jeon non riusciva a trattenersi: ogni volta che scriveva per la sua piccola era per lei inverosimile non bagnare con qualche lacrima le sue parole. La sua terapista le aveva consigliato di iniziare un diario dove scrivere ciò che le avrebbe detto se lei ci fosse stata. Come fosse un dialogo, anche se a circuito chiuso. Aveva preso quel quadernino rosso in Romania, durante uno dei suoi innumerevoli viaggi di lavoro; l'aveva incuriosita per quella copertina rossa, opaca, dai dettagli dorati e una scritta al centro -sempre dorata-: esti tot ce am. Sei tutto quel che ho.

Lo aveva preso pensando a lei: a quella piccola creatura che mai aveva avuto l'onore di tenere tra le braccia e di allattare; a quelle giornate passate nei centri commerciali a guardare completini da bambina, fasce e mollettine colorate, ne aveva persino comprato uno tutto rosa con dei fiorellini cuciti sopra. In realtà non lo conosceva il sesso del bambino, ma le piaceva pensare che sarebbe stata una femmina. La sua prima femmina. La sua alleata in quella stalla piena di uomini rumorosi che era la sua casa; la complice con cui passare giornate intere tra parrucchieri, manicure, negozi di make-up e chiacchiere sui ragazzi più carini della sua classe... la sua Rose.

Rose era grande quasi quanto un avocado nel giugno di due anni fa, quando, dopo un ecografia, i dottori annunciarono alla signora Jeon che non ce l'aveva fatta, che le era morta in pancia. 

Non aveva nemmeno fatto in tempo a dare la bella notizia ai suoi figli che lei già era andata via, era sfumata con la stessa velocità con la quale era arrivata a lei, a farle compagnia in tutti i momenti.

La signora Jeon era una donna forte e irremovibile le cui uniche vibrazioni venivano trasmesse dai suoi figli: anche se non l'avrebbe mai detto nessuno possedeva uno spirito profondamente romantico e sognatore, si scattava delle foto al pancione ogni mese, quando era incinta, e possedeva un album di foto per ognuno dei suoi tre figli, diceva "Devo tenermi organizzate tutte queste foto imbarazzanti dei vostri culetti, altrimenti come farò a prendervi in giro con le vostre future mogliettine?"   Teneva gli album in una scatola nell'armadio, tutti stra-ricolmi di fotografie, talmente tante che, ognuno di essi aveva uno spessore di quasi sei dita. Ce n'era però uno vuoto, che conteneva soltanto la foto di un test di gravidanza e, sulla copertina, portava la scritta Rose.

Parigi di Notte KookTaeWhere stories live. Discover now