Capitolo 36

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12 marzo;

Avevo ragione, forse abbiamo dormito qualche ora ma eravamo troppo agitati per addormentarci del tutto. Ci siamo tenuti compagnia a vicenda, qualche battuta per sdrammatizzare e qualche bacio per tranquillizzare. Appena le lancette dell'orologio puntano sulle sei e quaranta, salto fuori dal letto sotto gli occhi ancora assonnati di Elijah. Faccio tutto velocemente, afferro la busta con i test, cammino dritta in bagno e non mi preoccupo neanche di chiudere la porta alle mie spalle. Sento Elijah alzarsi e aprire le finestre in stanza, mi raggiunge quando ho appena finito di rileggere le istruzioni. Mi guarda curioso, io metto le mani sui fianchi per fargli capire che deve uscire, lui lo coglie e va via chiudendosi la porta dietro.

Seguo le istruzioni, metto il tappo sullo stick, lo poggio sul bordo della vasca, tiro lo sciacquone e lavo le mani. Faccio tutto trattenendo il respiro ma me ne accorgo solo quando apro la porta fiondandomi da Elijah. Ora mi sta abbracciando, siamo nel bel mezzo del corridoio ed è la seconda volta che mi ripete che andrà tutto bene.

«Quanto dobbiamo aspettare?»

«Una decina di minuti o giù di lì.» Lui annuisce e mi chiede se voglio fare colazione, scuoto la testa perché sono troppo agitata e insonnolita per aver fame. Passano i minuti più lunghi della mia vita, tutto scorre così lentamente che quasi mi sembra di aver premuto il tasto del rallentatore. Elijah prova a distrarmi, ci sediamo persino al piano solo che sono io a premere i tasti. È un gran casino, sia le note stonate che ne escono fuori e sia la possibilità che io possa essere incinta. Elijah ridacchia guardandomi e ascoltando il frastuono che sto facendo, se non la smetto verrà un mal di testa atroce ad entrambi.

«Quanto è passato?» Chiede mentre rimette la tovaglietta sulla tastiera per chiuderla.

«Otto minuti.»

«Solo?» Rido alla sua domanda nascondendo il viso sulla sua spalla. «Secondo me non cambia nulla se controlliamo adesso.»

«Sicuro?» Lui mormora un , è abbastanza per convincermi ad alzarmi e a trascinare i piedi in bagno.

Elijah mi segue subito, resta dietro di me mentre mi avvicino alla vasca per prendere il test. Ho il respiro corto, un groppo in gola e le mani che non smettono di fremere. Guardo il test, leggo più volte quello che c'è scritto per assicurarmi di non avere allucinazioni. Il mio sguardo non si muove dall'oggetto anche quando mi volto verso Elijah. Non mi preoccupo di guardare la sua reazione, lo sento solo espirare profondamente mentre mi guarda gettare il test nel cestino accanto al lavandino. Lavo di nuovo le mani, Elijah mi richiama per la terza volta ed io per la terza volta non gli rispondo. Cosa vuole che dica? Che faccia? Che pensi?

«Stai bene?» Alzo le spalle, era questo che volevo alla fin fine. Essere madre non fa parte della mia indole, non so badare a me, a Elijah, ai dipinti che ho lasciato ammuffire nel laboratorio dell'Accademia, come potrei badare ad un bambino? Mi bacia la guancia, mi stringe a sé, un altro bacio sulla spalla, poi «Andiamo a fare colazione al Beachwood?»

Nonostante io gli abbia risposto di no, un'ora dopo siamo seduti al tavolo numero otto della caffetteria che ha visto tutto questo nascere. James e Richard erano a dir poco felici di rivedermi, ne sono passati di mesi dall'ultima volta in cui ci siamo visti e il primo era più che sorpreso di rivedermi mettere piede qui dentro. Tuttavia, l'allegria dei miei ex-colleghi non riesce a portare via la sensazione di inadeguatezza che mi ha travolto poco prima. Elijah lo sa, capisce come mi sento anche se non gliene ho parlato del tutto. Mi dice qualcosa di carino ogni tanto, mi fa sorride pur di distarmi e non sa che averlo davanti agli occhi non è il modo giusto per non pensarci.

«Anche perché sarebbe stupido.» Aggiunge bevendo un po' del suo decaffeinato; stiamo parlando di Will, o forse di Zayer, sono distratta. «Jane lo ha minacciato di lasciarlo.» William, stiamo parlando di lui e della tuta che vuole indossare all'evento.

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