Capitolo 30

192 13 4
                                    

4 febbraio;

Stamattina in accademia è stato tremendo. Sto aiutando ad organizzare un altro evento, questa volte d'arte scultorea, e c'è fin troppo lavoro da fare. A ciò si aggiunge un esame che dovrò dare tra meno di due settimane e di cui ho letto solo la metà del materiale da studiare quindi sono decisamente indietro con il programma. Ho provato a valutare l'opzione di fermarmi con il lavoro, me l'ha proposto Elijah, però questo appartamento non si paga da solo e in qualche modo devo trovare qualcosa che mi tenga occupata.

Martedì sono stata da Mitchell, anche lui mi ha proposto di fermarmi e magari tornare per un po' dai miei. Mi è sembrato come se lui e Elijah si fossero messi d'accordo per convincermi, ovviamente ho scartando anche il suo consiglio.

Ora sono le sette di sera, siamo nel mio appartamento e Elijah mi sta preparando la pasta alla vodka. Per convincerlo non ci è voluto molto, prima che arrivasse ho preparato una torta all'ananas di cui si è innamorato. Sapevo gli sarebbe piaciuta, lo conosco fin troppo bene.

«Stai prendendo le vitamine?» Mi chiede mettendo del sale nella pasta; io sono seduta di fronte a lui con la testa poggiata tra i palmi delle mani, mentre lo guardo muoversi a destra e a manca. Sono stanca, mentalmente e fisicamente, ma voglio stare con lui.

«Sì.»

«Ti stanno aiutando?»

«Sì.» Rispondo ancora a monosillabo, questo in qualche modo lo allarma perché si volta subito verso di me per assicurarsi di non so cosa. Abbassa la fiamma del fornello, si asciuga le mani sullo straccio e si siede accanto a me.

«Che succede?» Chiede alzandomi il mento con una mano.

«Non lo so.» Alzo le spalle sospirando, so esattamente che succede. «Mi sento un po' sopraffatta.»

«Perché non mi ascolti? Sono sicuro che se ti prendessi una pausa staresti meglio.»

«Con quei soldi ci pago l'affitto, lo sai.»

«Puoi stare da me.» Distolgo subito lo sguardo solo ascoltandolo, perché insistere se già sa che dirò di no? «Perché non vuoi?»

«Siamo appena tornati insieme.»

«E quindi? Prima che ci lasciassimo vivevi praticamente con me.» Afferma facendomi solo innervosire.

«Non vivevo con te, eri tu a voler stare con me.»

«Quindi mi accontentavi?»

«Santo cielo, Elijah.» Roteo gli occhi sbuffando. «Entrambi volevamo stare insieme, okay?»

«No, non è okay .» Puntualizza e so che non lascerà più questo discorso se non ci chiariamo subito. «Che ti prende? Ti sto troppo addosso?»

«No, non è questo.» Subito gli scaccio via quello stupido pensiero. «Sto lasciando correre tutto e non mi sento a mio agio.» Ammetto, sperando che questa tremenda sensazione di pesantezza sulle spalle possa volare via. «Se lasciassi questa casa, il lavoro in ufficio e mettessi in pausa lo studio, so che molto probabilmente tornerei a stare male.»

«Hai paura di non tenere abbastanza occupata la mente?» Annuisco subito.

«Allo stesso tempo sento come se la testa mi stesse per scoppiare. Ho mille cose da fare e alcune volte per farne bene una, non faccio l'altra.»

«Hai bisogno di staccare un po'. Perché non chiedi le ferie anticipate e, magari, nel frattempo ti rilassi e cerchi di capire cosa fare?»

«Ho già dovuto scalare una settimana di ferie perché sono stata male.»

«Davis è un vecchio di buon animo, lo convinceresti.» Sospiro chiudendo gli occhi e pensando che potrebbe succedere. «Oppure puoi continuare a lavorare, magari puoi farti cambiare turno e andare un giorno sì e uno no.»

«E che faccio nel tempo libero? Lo studio non occupa tutta la giornata.»

«Staresti da me, a Dalmwin. Non avrai bisogno di pagare l'affitto e avrai più tempo per studiare, rilassarti e coccolarmi.» Conclude facendomi ridere quando prova a farmi gli occhi dolci.

«Se torno a Dalmwin l'affitto lo paghiamo in due.» Puntualizzo facendogli brillare gli occhi.

«Quindi è un sì?» Alza le sopracciglia guardandomi speranzoso.

«Non lo so..» rispondo provando a placare la sua insistenza. «Ho bisogno di pensarci.»

Elijah annuisce e prima di alzarsi per tornare ai fornelli si china verso di me schioccandomi un bacio sulle labbra.

«Ora alzati scansafatiche e prepara la tavola!»

La cena è deliziosa, lo penso come se non me lo aspettassi e questo mi fa un po' ridere. Abbiamo parlato del più e del meno, nessuna accademia, nessuna mostra e nessun piano futuro. A me basta questo, voglio solo questo e in questo momento. L'idea di convivere non mi disturba, voglio solo non sentirmi inutile. Fare avanti e indietro tra Reading- Londra- Marlborough è abbastanza estenuante e più volte mi è capitato di saltare gli appuntamenti con Mitchell perché troppo esausta per prendere la macchina o stare ancora in treno. Lo studio non andrebbe male se tornassi a Dalwin; nonostante la maggior parte dei giorni io la passi in Accademia, studio lo stesso da non frequentante e non mi trovo male. L'affitto sicuramente si dimezzerebbe e potrei comunque continuare a lavorare. Magari, tra qualche settimana, potrò chiedere davvero al rettore una riduzione di ore così sarò un po' più tranquilla. Questa idea inizialmente mi sembrava del tutto assurda, però pensandoci su non dovrebbe andare male.

Metto da parte questi pensieri, ci penserò in un altro momento. Ora siamo sul divano, stavamo guardando una serie tv nuova ma ad un certo punto abbiamo smesso di farlo. Mi sono ritrovata sopra di lui, le mie gambe intorno ai suoi fianchi e la sua bocca sulla mia. Ci sfiliamo i vestiti uno dopo l'altro, impazienti, affamati, vogliamo, desideriamo, otteniamo. Una volta mi sono chiesta perché avessi fatto passare così tanto, dall'ultima volta, prima di lasciare che qualcuno mi toccasse in questo modo. Quando hai diciassette anni non sai davvero quello che stai facendo, o forse si, però io no. Non ne avevo idea, forse neanche lo volevo, ma mi piaceva l'idea di poter far stare bene un'altra persona. Sapevo però che, quando sarebbe arrivato, l'avrei sentita quella sensazione che si prova quando ti concedi alla persona giusta e che, con altri, probabilmente non sarebbe stato lo stesso.

Conobbi una ragazza, quando ero ancora al liceo, era amica di Seth e qualche anno più grande di me. Rebie bramava l'attrazione, essere toccata e toccare l'altro sotto un lenzuolo e non le importava chi fosse, ciò che contava per lei era stare bene. Mi chiedevo come facesse, se le piacesse magari spezzare il cuore dell'altra persona e mandare all'aria tutto dopo una notte di sesso. Allora capii che questo è il bello, l'essere diversi e prendere decisioni diverse. A lei magari piace ancora divertirsi e magari lì fuori troverà qualcuno che la capirà e non la giudicherà, perché questo significa amare, non giudicarsi. Decidere di farlo con qualcuno, decidere di non farlo, mandare foto, messaggi, biglietti, divertirsi, prendersi seriamente. Puoi fare ciò che vuoi a patto che tu stia bene con te stessa.

Ora lui è su di me, le sue labbra sul mio collo e i miei occhi serrati. Stasera voglio stare bene con me stessa, voglio stare bene con lui.

Golden 𝟚 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora