Epilogo

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Il cuscino mi arriva dritto in faccia facendomi urlare dello spavento, è da almeno un quarto d'ora che questa battaglia va avanti ed io non ne posso più.

«Smettila!» Mi lamento togliendomi il cuscino dalla faccia, salendo su di Elijah e provando a soffocarlo. Lui continua a ridere sapendo che, con il solletico, la battaglia di cuscini è un'altra delle cose che non sopporto. «Se non la smetti di uccido.» Scherzo minacciandolo, lui finalmente smette di opporre resistenza lasciandomi riprendere fiato.

«La smetto ma non perché mi fai paura.» Precisa sorridendomi e attirandomi sul suo petto.

«Farò finta di crederti.»

«Sei una rompipalle.»

«Ho preso dal migliore.» Elijah mi stringe le braccia intorno alle spalle, incrocia le gambe alle mie e in un attimo mi incastona contro di sé. «Ma non mi fai respirare.» Mi lamento facendolo scoppiare a ridere così forte che sento il suo petto vibrare contro il mio.

«La smetto okay? Mi servi ancora.»

«Idiota.»

Dopo pranzo siamo crollati sul letto e sono ore che cerchiamo di alzarci ma senza buoni risultati. Stasera Elijah si esibirà con gli altri a Shoreditch in un locale chiamato Cargo, ci saranno tutti i nostri amici e lui sembra per nulla agitato.

«Ma non sei in ansia per stasera?»

«Perché dovrei?» Chiede posando la testa accanto alla mia sul cuscino. «Non è la prima volta che mi esibisco davanti a qualcuno.»

«Ma perché sento di non sapere cose che tutti sanno?» Gioco con le parole facendolo ridacchiare, io però sono sincera.

«Perché gli altri conoscono cose di me che sono superficiali.»

«Mi ritengo fortunata allora.» Roteo gli occhi stampandogli un bacio sopra il mento.

Sono le diciotto meno dieci quando decide che è ora di raggiungere gli altri, io però resterò a casa e lo raggiungerò solo stasera. La settimana scorsa ho fatto gli esami del sangue, logicamente ho chiesto ad Elijah di accompagnarmi ma comunque sarebbe venuto a prescindere, o così ha detto. È tutto okay, solito stress e solita influenza che sembro essere l'unica a prenderla ogni santa stagione. Mitchell ovviamente sa tutto, continuo a vederlo e le cose con lui vanno come sono sempre andate. Io parlo, ometto qualcosa, lui mi dice di sputare il rospo o restare zitta. So che Elijah non va più da lui così spesso, da due volte a settimana a una volta ogni tanto. Non è stato Mitchell a dirmelo, Elijah me l'ha fatto intendere in una di queste sere. Io non ho chiesto altro, sono solo felice di sapere che si fida abbastanza per parlarne con me. Ogni tanto lui mi racconta cosa gli passa per la testa, io lo ascolto e non parlo senza aver prima trovato le parole giuste. Poi, quando so che non trattano di pensieri invasivi, gli leggo qualche pagina di questo quaderno, fermandomi di tanto in tanto per capire se posso proseguire o se qualcosa lo mette in dubbio. Lui mi lascia parlare, sempre e comunque, sa che alcune volte salto qualche riga perché non riesco a parlarne liberamente; nonostante ciò riesce ad apprezzare questo sforzo perché ci siamo promessi di non nasconderci più grosse bugie.

Gli ho detto di quando scrivevo di lui ancor prima che ci mettessimo insieme, gli ho letto qualcosa e mentre lo facevo i suoi occhi luccicavano. Anche lui ricorda ogni singola cosa, dalla spiaggia di Abereiddy al parco di Chepstow, o di quando gli lasciai quel messaggio nella segreteria telefonica e lui poche ore dopo mi raggiunse a St Davids lasciando immediatamente il lavoro e mettendo in zaino le prime cose che gli erano capitate davanti. Mi ha detto che da quella sera, alla festa di William, le note di quella canzone dei Kodaline sono diventate le sue preferite; che quando lo riaccompagnai a Dalmwin e mi disse di cercare di stare bene, tornò in strada sperando di trovarmi ancora lì. Ci siamo parlati così tanto e mi stupisco di averlo fatto in così poco tempo.

Golden 𝟚 Where stories live. Discover now