Capitolo 10

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28 agosto;

Non so neanche io cosa aspettarmi da quest'uscita. Solo quando ho spento il motore della macchina e sono arrivata a Reading ho realmente realizzato ciò in cui mi ero messa. Rivederlo è stato così strano, non so neanche se mi è mancato davvero in tutti questi mesi. Che sciocchezze, certo che mi è mancato. Due giorni dopo sono in un treno diretto a Bankside mentre tiro l'ennesimo sospiro cercando di sciogliere questo nodo d'ansia che mi stringe gola e petto dall'altro ieri. Odio sentirmi così, odio avere costantemente l'ansia e odio quello che sto facendo seppur consapevole di averne bisogno. Quando il treno si ferma, arrivato a destinazione, mi toccano altri diciotto minuti per arrivare al Tate Modern. Oggi ci sono diciotto gradi ma io ne percepisco quaranta, cosa assolutamente paradossale visto che anche d'estate mi capita di avere le mani fredde e il corpo alla ricerca di calore.

Non è la prima volta che mi capita di andare ad una mostra,ovviamente, solo che non ho potuto dare a meno di crearmi problemi su cosa indossare. All'inizio avevo persino preparato sul letto un vestito azzurrino con dei sandali, solo che proprio all'ultimo ci ho ripensato e ho deciso di essere semplicemente me stessa. Lui è Elijah, non si aspetta molto da me semplicemente perché mi conosce e sa che la situazione in sé mi mette già abbastanza disagio. Così ho optato per una maglia bianca leggera a maniche corte e dei jeans stretti che mi fasciano bene le gambe, ovviamente non potevano mancare le mie amate sneakers bianche che ho ricomprato lo scorso mese per la seconda volta nel giro di un anno.

Davanti al museo tutto mi aspettavo di trovare tranne che la folla in fila che spunta dall'entrata e si allunga di almeno un chilometro fino a dove mi sono fermata io. Ci sono persone di tutte le età, parlo di adulti e di ragazzi della mia età. Quasi tiro un sospiro di sollievo quando osservo che anche loro sono vestiti il più casual possibile solo che non è questo a importarmi realmente. Come diavolo faccio ad entrare? Qui tutti tengono tra le mani quello che sembrano dei biglietti di entrata ed io non ho la più pallida idea di dove poterne procurare uno. Mi avvicino alla fila, richiamando una ragazza che sembra non essere troppo occupata in qualsiasi altra conversazione. E indovinate cosa mi dice? Che i biglietti andavano ordinati sul sito del museo o prenotati almeno due giorni prima dell'evento.

Mi maledico mentalmente e mi allontano di nuovo dalla folla per capire cosa fare. Dovrei chiamarlo? Forse è meglio di no, potrebbe non rispondere o infastidirsi perché lo disturberei dal lavoro. Decido di inviargli un messaggio, con le mani che tremano per l'imbarazzo e che mi fanno sbagliare a digitare per ben tre volte.

Hey, scusami se ti disturbo ma non pensavo bisognasse prenotare il biglietto in anticipo e ora non ho idea di come entrare. Posso aspettarti qui fuori, se vuoi.

Sbuffo sedendomi di peso sulla panchina di ferro ai lati del museo e inviando quel messaggio velocemente. Forse avrei evitato di fare la figura dell'idiota se me ne fossi andata direttamente, fingendo di non essermi mai presentata. Passano dieci minuti e la fila si sta accorciando man mano che le persone escono dal museo e, mentre aspetto un messaggio da parte di Elijah, è una sua chiamata a distrarmi.

«Elijah?»

«Oralee, dove sei?»

«Qui fuori, su una panchina ai lati del marciapiede.»

«Okay, aspettami.»

Attacca senza neanche darmi il tempo di rispondere e, proprio mentre sto posando il cellulare, lo vedo camminare nella mia direzione. È davvero bello e sembra quasi ignaro del fatto che tutti lo stiano osservando: insomma, come si potrebbe ignorare una bellezza simile? Indossa un completo nero semplice e una camicia bianca non troppo coprente, infatti riesco a scorgere i tatuaggi che ha sul petto. I capelli sono sistemati casualmente, come suo solito, e un sorriso si apre sul suo volto guardandomi andargli in contro.

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