...magari aspetto domani

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Paulo's point of view

"Perché non hai tolto i vestiti?" domandai dopo che il silenzio ci aveva avvolti per almeno 15 minuti buoni mentre lei continuava a piangere e io ad ascoltare il male che le provocavano le ferite interiori, o almeno quel poco che faceva trasparire.
"Non riesco a guardare il mio corpo, non posso pensare che le sue mani.." sussurrò fermandosi di colpo.
Chinò la testa sulle ginocchia continuando a piangere e io non avevo la più pallida idea di come calmarla.
"Paulo posso chiederti una cosa?" si girò verso di me e io feci lo stesso con lei.
Affondai le mie iridi verdi nelle sue, così scure e profonde, poi annuii invitandola a parlare senza indugiare oltre.
"Dammi una lametta per favore" continuai a guardarla quasi scoppiando a ridere.
"Stai scherzando" esclamai divertito ma restò estremamente seria.
Oddio non stava scherzando, voleva davvero..
Afferrò tremante una manica della sua maglietta e la tirò su mostrando l'avambraccio, era pieno di cicatrici, alcune più recenti altre meno.
"Ti prego, non voglio ammazzarmi, voglio solo smettere di sentire questo enorme dolore che mi opprime" il suo volto si bagnò nuovamente e quella volta delle lacrime scesero anche lungo il mio.
"Eva troviamo una soluzione insieme" provai a proporle ma no, era la persona più testarda che avessi conosciuto, se diceva una cosa era quella e basta.
"Mi dispiace per quello stronzo del mio amico, è una testa di cazzo"
Mi sentii in dovere di scusarmi per il suo comportamento dato che lui non lo avrebbe mai fatto.
Non aveva ancora ben chiaro quanto le parole a volte potessero far più male di un pugno, soprattutto in un momento di vulnerabilità.
Scosse il capo come a dire di non preoccuparmi ma non potevo non farlo, mi stava chiedendo di aiutarla a danneggiarsi.
E se avesse preso una vena per sbaglio? O addirittura un'arteria? Nonononono, non poteva farlo.
"Non ho nessuna lametta qui in giro, non mi cresce la barba" inventai la prima scusa che mi venne in mente.
In realtà avevo paura, molta.
"Cazzate, la vetrinetta sul lavandino è trasparente, le ho viste, sono lì" quella ragazza era troppo intelligente.
"Se la prendo promettimi di stare attenta, poi ripuliamo le ferite, ti metti a letto e da domani cerchiamo di lavorare sui nostri problemi, anche i miei, e ci facciamo forza l'un l'altro evitando tutto questo, va bene?" mi sembrava un giusto compromesso, volevo darle una mano, non meritava di stare così.
Annuì perciò fui costretto ad alzarmi e prendere il rasoio in acciaio, ne svitai il manico, lo aprii piano e rimossi la parte tagliente.
Gliela porsi pregandola nuovamente di essere prudente, non avrei dovuto farlo, ne ero consapevole, ma contavo di tenerla sotto controllo.
La guardò, se la rigirò tra le mani ma, al contrario di quanto mi aspettassi, la lanciò contro il muro tornando a piangere.
"Sono una testa di cazzo!" esclamò.
Grazie a Dio si era resa conto dell'enorme puttanata che stava per fare.
Era di una tenerezza incredibile, così piccola e indifesa, chissà cosa aveva vissuto in quei miseri vent'anni di vita per essersi ridotta in tale maniera..
"Nena" mi venne spontaneo chiamarla in quel modo così intimo.
Non avevo mai dato a nessuno prima quel soprannome..
"Vieni qui, è arrivato il momento di smettere di piangersi addosso e reagire" le porsi la mano che prontamente afferrò.
Chiusi l'acqua che ormai sgorgava da un po', ci avvicinammo allo specchio e posai delicatamente le mani sul suo volto ripulendola dalla lacrime e i residui di trucco ormai discioltosi completamente.
La strinsi a me per l'ultima volta prima di andare a recuperare dei vestiti puliti e asciutti in camera mia.
"Tutto quello che posso offrirti è una t-shirt bianca e un paio di pantaloncini come i miei"
Una volta rientrato notai si stesse finalmente guardando, il fatto che stesse cercando di acquistare consapevolezza il prima possibile era da ammirare.
"Sei una persona così minimalista?" mi scrutò alzando un sopracciglio.
"Cosa te lo fa pensare?" posai i capi sul mobile alla mia destra.
"Beh, bianco, nero, grigio, sei un po' noioso per avere 21 anni" sorrise e fu la cosa più bella che potesse fare in quel momento.
"Mi fa piacere vedere che sei tornata la solita stronza insolente" le feci l'occhiolino avvicinandomi poi alla famosa vetrinetta prendendo del cotone e del disinfettante.
"È la parte migliore di me caro Paulo" rispose mordendosi il labbro inferiore.
Si girò e con un piccolo salto si sedette sul marmo del lavabo, molto agile.
"Comunque seriamente, dovresti asciugarti, se ti ammali sei fottuto" disse porgendomi con titubanza un asciugamano.
"Perché dovrei esserlo?" corrugai la fronte, era la cosa più strana che mi avesse mai detto.
Era...diversa.
"Beh, abbiamo fatto una doccia fredda e se i vestiti ti si asciugano addosso rischi di prendere un raffreddore, sei un calciatore, non puoi permettertelo" abbassò il tono della voce verso le ultime parole come se non avesse effettivamente voluto pronunciarle.
"Aspetta io non ti ho mai detto.." come aveva fatto a scoprirlo?
"Prima al bar mi hanno mostrato una mia foto della festa del mese scorso, era sulla pagina della Juventus, ho solo fatto 2+2" alzò le spalle quasi dispiaciuta che fosse successo.
Sospirai.
Non me lo aspettavo.
Mi avvicinai a lei e istintivamente le afferrai i bordi della maglia per tirarla su ma mi ricordai in tempo che non potevo farlo, non era la mia ragazza ed era già stata violata abbastanza per quella giornata.
Dovevo chiederglielo prima.
"Posso toglierla?" domandai velocemente e la vidi spalancare gli occhi.
Certo, sembravo un maniaco.
"Per pulire i tagli, io non.. non voglio far nulla Eva te lo giuro, scusami non dovevo nemmeno pensarlo" ero un coglione, un coglione nato.
Mi guardò e poi se la sfilò da sola rimanendo in reggiseno davanti ai miei occhi.
Non distolsi lo sguardo dal suo nemmeno per un secondo, si fidava tantissimo di me e meritava rispetto, non avrei mai guardato il suo corpo.
Le afferrai il polso e lo lavai con del sapone neutro, poi le passai il dischetto in cotone imbevuto di antisettico.
Non mosse un muscolo il che mi stupii.
"Brucia?" chiesi continuando a pulirla con quanta più delicatezza e cura possibile.
"Non è importante" sussurrò.
Le bruciava, eccome se le bruciava, ma stava zitta e sopportava, non avevo mai visto nessuno avere una reazione del genere, nemmeno nei film.
"Ti da fastidio che io sia venuta a sapere.."
"Non ne voglio parlare" la stoppai prima che potesse terminare, ero visibilmente irritato.
Annuì e si sottrasse alla mia presa, forse non dovevo essere così brusco.
"Senti diciamoci le cose come stanno, stai facendo tutto questo per compassione? Cos'è? Ti faccio pena?" scattò ovviamente dopo il mio comportamento di pochi attimi prima.
L'avevo provocata ed era giusto così.
"Voglio solo aiutarti perché quella sera, la prima volta che ci siamo incontrati, ti ho ascoltata davvero e ogni singola cosa che mi hai detto mi ha colpito. Mi sono incazzato da morire quando non mi hai voluto dire come ti chiamavi perché avevo capito che non avessi nessuno che ti supportasse, nessuno che credesse in te, e volevo essere tuo amico, voglio ancora esserlo perché te lo meriti, sei una persona speciale e io voglio semplicemente far parte della tua vita, tutto qui" ed era la verità, non avevo fatto altro che pensarla, tutto il tempo.
Avevo notato ogni singolo particolare di lei quando eravamo seduti sul pavimento lurido della toilette: la voce crepata seppur facesse di tutto per mascherarla, le dita strette intorno alla sigaretta, il tremore pochi minuti dopo aver preso le pasticche e il suo polpaccio sinistro posato sopra la mia gamba che si contraeva involontariamente.
Le sue parole poi, aveva detto così poco rivelando in realtà più di quanto si aspettasse, ero bravo a leggere tra le righe, lo avevo imparato da piccolo quando i miei fratelli dovevano aggiornarmi sulle condizioni di mio padre molto malato, di certo lei non se lo aspettava, come non si aspettava che comunicassi e capissi l'italiano quasi come un madrelingua.
Mi guardava, il labbro inferiore leggermente sporgente afflitto da piccoli spasmi ben visibili.
"Sono le cose più belle che mi abbiano mai detto in vita mia, davvero" sussurrò alzando di poco il lato destro della bocca.
Era così fragile, sensibile, ma non debole, no assolutamente.
Eravamo stati in contatto poche volte ma si era sempre dimostrata decisa, sicura di se stessa, certa di ciò che volesse fare e soprattutto essere, di certo non sarebbe bastato un piccolo incidente di percorso per dimostrare il contrario.
Avevo la mano posata sulla sua coscia, l'accarezzai dolcemente con il pollice e dissi: "vado a cambiarmi in camera, tu fai pure con comodo qui, ti aspetto di là" e quando annuì la lasciai sola con i suoi pensieri.
Dopo essermi asciugato e aver sentito da dietro la porta del bagno il phone accesso tornai dal mio migliore amico.
"Hai fatto il tuo dovere con la tua puttana, ora la fai dormire, le offri la colazione e poi la rispedisci a casa per l'arrivo di Antonella?" sputò fuori acido non appena mi vide entrare in sala.
"Spiegami quale cazzo è il tuo problema Nahuel, davvero, non sei mai stato così stronzo" andai in cucina ignorandolo e prendendo un bicchiere d'acqua per schiarirmi la gola.
"Sai che io parlo con la tua ragazza vero? Ammesso che ti ricordi di averne una" madonna, se mi avesse mandato un'altra frecciatina lo avrei matado.
"Per favore arriva al sodo" lo ammonii prima che potesse aggiungere altro.
"Mi ha raccontato i suoi sospetti, come giorno dopo i giorni i soldi ti stiano cambiando, i messaggini su Instagram con altre donne, e non dimentichiamo tutti i flirt apparsi sui giornali, chi era l'ultima? Ah si, la velina bionda di canale 5" sorrise facendo un finto applauso derisorio.
Voleva proprio che gli spaccassi la faccia quella sera.
"A parte il fatto che non mi piacciono le bionde, è tutto finto, ve lo state immaginando, poi sai benissimo che Anto s'inventa mille cazzate dai, non è la prima volta, se avessi un'altra l'avrei già lasciata, che cos'ho da perdere infondo?" niente, non avevo niente da perdere e lo sapeva bene.
"Lei è mora infatti" indicò alle mie spalle alludendo ad Eva e a quello che avevo detto pochi secondi prima.
"Ascolti solo quello che ti conviene, mi stai stancando, perché ti comporti così?" ci conoscevamo da anni, mai una lite seria e soprattutto non in quei modi.
"Perché è così importante per te?" domandò improvvisamente.
"Insomma l'hai vista? È a pezzi eppure si dimostra forte e indipendente ogni secondo, e te lo assicuro, fa così da quando la conosco. Voglio aiutarla, è evidente che abbia bisogno di qualcuno" provai seppur sapessi già che non avrebbe capito.
"Non sei un cazzo dì psicologo Paulo"
"Sta zitto tu, che sei pieno di soldi e non ti sprechi nemmeno a donare cinquanta centesimi per aiutare chi sta molto peggio, famiglie che non possono mangiare, bambini che muoiono assiderati, sei una persona di merda" e proprio mentre stava per replicare venne interrotto da un colpo di tosse.
Mi girai e la vidi appoggiata allo stipite della porta con i piedi scalzi e i capelli arruffati, i vestiti larghi dove sarebbero entrate almeno quattro di lei.
"Vado, uhm, vado a casa?" era più una domanda che un'affermazione.
"No vieni qui, ti accompagno a letto, io dormo nella camera degli ospiti" le afferrai la mano ma prima di andare dovevo concludere quella faccenda.
"Tu vattene invece Nahuel, e non ho intenzione di discuterne mai più, fatti i cazzi tuoi per favore"
Mi guardò, lo guardai.
"Ti stai rovinando la vita, hijo de puta" e se ne andò sbattendo con violenza la porta, tanto da far sobbalzare Eva ancora ferma al mio fianco.

Él ||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now