Marea

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Paulo

Posato con le braccia sul marmo della cucina e il cellulare tra le mani mi persi a leggere la miriade di messaggi inviati dai ragazzi sul gruppo in comune con il mister.
C'era chi si lamentava per gli orari sfiancanti durante le preparazioni per i match, i veterani, come Gigi Buffon, che rimproveravano i giovani dicendogli di doversi rimboccare le maniche, e poi c'ero io, che facevo palestra due volte a settimana mentre per il resto ero costretto al riposo forzato, che equivaleva a stare in casa senza aver nulla da fare se non aspettare che Eva rientrasse dopo i suoi impegni per placare la solitudine che mi avvolgeva per tutto il resto della giornata.
Il citofono trillò e potei giurare di aver sentito le mie pupille dilatarsi e il mio sguardo illuminarsi alla sola idea di poterla riavere con me, tra le mie amorevoli braccia.
Ma lo erano per davvero?
Ci avevo messo un po' a decidere, a sceglierla, anche se in realtà dal primo istante la mia mente era certa di cosa volessi: solo e soltanto lei.
Avevo tergiversato e procrastinato finché non l'avevo vista iniziare a chiudersi, a stare male, e lì mi ero reso conto di non star mantenendo la promessa fattami quella sera dopo aver mandato via Nahuel, ovvero di proteggerla finché ne fossi stato in grado.
Beh, in grado ne ero sicuramente ancora, erano i miseri piaceri della vita a distrarmi, ma arrivato all'età di ventidue anni con una carriera così importante e in salita era arrivato il momento di smettere di giocare e prendere le cose sul serio.
Poi insomma, lei era una donna non una ragazzina, e sentivo fosse quello di cui avevo bisogno, per crescere, maturare e diventare una persona migliore.
La mia mami ne sarebbe stata felice, molto, non vedevo l'ora di dirglielo.
Speravo davvero non se la prendesse e non mi giudicasse un irresponsabile come sempre nell'unica decisione sensata che avevo preso dopo aver scelto di trasferirmi da Palermo a Torino per inseguire il nostro sogno, o forse sarebbe meglio dire il loro, quello di Alfonso condiviso poi da Alicia, Gustavo e Mariano, seguito infine da me, per fortuna aggiungerei, altrimenti avrei potuto rovinare tutto, e potevo assicurare che con la testa calda che avevo a quindici anni sarei stato in grado di farlo per davvero.
Saltellai contento verso la porta, la aprii ma quello che vidi non rispecchiò assolutamente le mie aspettative..
"Hollllaaaa, te he extrañado muchísimo" mi si buttò addosso senza darmi il tempo di scansarmi perciò dovetti afferrarla se non volevo lasciare che si schiantasse al suolo.
Liberai il mio sguardo dalle sue ciocche bionde decolorate e ciò che mi si presentò davanti mi fece raggelare.
"Eva"
Era lì ferma sull'uscio con gli occhi umidi che a breve si sarebbero trasformati in pozzanghere.
Scosse il capo e potei sentire la sua malinconia trafiggermi almeno quanto sapevo stesse facendo con lei.
"No fermati, non trarre conclusioni affrettate" e mi levai di dosso Antonella correndo immediatamente da lei.
Posai le mani sulla parte alta delle sue braccia e la guardai negli occhi, era vuota, completamente.
"Seguimi" le afferrai il polso e la trascinai in camera da letto lasciando l'altra in salotto a fare ciò che le pareva.
Non aveva sclerato il che era già un buon segno.
"Non piangere Nena, per favore" e l'abbracciai ancora prima di spiegarle.
Mi strinse forte, senza dire mezza parola, dalle sue labbra uscì solo un piccolo singhiozzo.
"Ha appena messo piede in casa e si è lanciata su di me, non ero pronto, non stavo ricambiando. Non farti strane idee, non voglio che stai male, adesso le parlo" partii a manetta con l'intenzione di dirle subito tutto.
Non avrebbe dovuto soffrire nemmeno un secondo in più, non me lo sarei perdonato.
"Ti credo, è solo.. è stato come un déjà-vu, va tutto bene, giuro" e sul suo volto comparve quel meraviglioso sorrisino spontaneo che le faceva uscire una piccola fossetta sul mento di cui probabilmente non era nemmeno a conoscenza, oppure pensava che nessuno ci avesse mai fatto caso.
"Te amo Diosa, lo juro, eres toda mi vida! Arrivo subito"
Le presi il volto tra le mani e lasciai un bacio sulla fronte sentendo la sua pelle fremere sotto le mie labbra.
Non rispose, osservai un'altra volta il suo piccolo faccino felice prima di tornare in salotto dove c'era Anto ad attendermi.
Con le braccia incrociate e lo sguardo basso mi avvicinai a lei che immediatamente esclamò:
"Hai messo a letto la tua perra? Quando la smetterai di fare il supereroe?"
Solita arroganza che la accompagnava sin da quando la conobbi la prima volta.
"Esto no terminará" le risposi secco.
Non ero mai stato capace di dirle cosa pensassi realmente, avevo paura di perderla ma era arrivato il momento di finirla lì, quel timore avrebbe abbandonato il mio corpo per sempre e avrei potuto ricominciare a vivere con Eva, che non pretendeva nulla se non trasparenza e sincerità.
"¿A qué te refieres?" domandò facendo un passo verso di me.
Stava per accarezzarmi il viso ma la fermai immediatamente.
"Nuestra historia acaba así, no podemos seguir de esta manera, contigo que gastas todo mi dinero e yo que amo a otra chica. No se puede"
Fu più facile del previsto, lo desideravo davvero, dopo averlo tenuto in sospeso per così tanto era un sollievo poterci finalmente mettere un punto con la consapevolezza che si sarebbe aperta una nuova meravigliosa virgola.
"Non sai cosa stai dicendo, hijo de puta, ti ha fatto le magie? Como se dice.. la macumba? Eh?" e posò le mani sul mio petto spingendomi indietro con forza.
"Per favore, non complichiamo le cose" volevo tranquillizzarla ma sapevo benissimo fosse alquanto impossibile.
Forse ci aveva sperato, che per me non fosse cambiato nulla, che avremmo potuto continuare tranquillamente, non immaginava minimamente le mie ferite interiori, i colpi che oramai stentavo ad attutire, perché lei era così, si limitava alle apparenze senza scavare.
Dall'altra parte invece avevo trovato l'opposto, colei a cui l'apparenza non interessava affatto e la considerava solo un aspetto marginale da scavalcare il prima possibile.
Erano agli antipodi e le amavo entrambe proprio per quello, ma il mio cuoricino batteva un po' di più per la ventenne mora chiusa nella mia, spero presto nostra, camera da letto.
"Non voglio vedervi mai più, né te, né la tua finta famigliola del cazzo, tantomeno lei. Non sintonizzerò mai più la televisione sui canali sportivi, non vorrò sentir parlare di calcio per il resto della mia vita. Non sarò mai più la stessa ed è solo colpa vostra" guardò alle mie spalle e capii che Eva era lì.
"Le persone si lasciano, non ha senso odiarsi" proferì con la sua solita saggezza spiazzante.
"Podéis ir a la mierda" e ci abbandonò senza aggiunger altro.
Si lasciò alle spalle il passato mettendo piede nel suo prossimo futuro che mi augurai fosse rigoglioso e pieno di soddisfazioni.

Él ||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now