Mauerbauertraurigkeit

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Canzone consigliata:
Indaco by Ludovico Einaudi

Un esame passato con 28 su 30, un'intera boccetta di pasticche mandata giù e tanta insonnia.
Il riassunto della mia prima settimana a casa di Paulo, ormai diventata casa nostra, con Antonella tra le scatole, ma proprio letteralmente dato che non avevo ancora finito di svuotarle tutte e mettere a posto le mie cose.
Forse perché infondo aspettavo se ne ritornasse in Argentina in modo na non venire guardata male ogni volta che spostavo qualcosa dalle mensole e ne aggiungevo un'altra.
Come ogni notte ero sveglia, ad osservare il soffitto bianco con appesa una lampadina, ad ascoltare i gemiti soffusi dei miei coinquilini che facevano tutt'altro che dormire, cercando di ignorarli e reprimere il dolore che mi s'insidiava prepotente nel petto al solo pensiero che non poteva aver dimenticato gli sguardi, le carezze e tutto quello che ci eravamo scambiati quando lei non c'era.
Ero io, che avevo continuato a comportarmi nello stesso identico modo di sempre, e mi sentivo incoerente nei miei stessi confronti, non osavo immaginare lui a quel punto, visto che si era presentato come quello innamorato e che aveva perso la testa.
Beh forse lo aveva fatto, nel modo sbagliato però, dato che non pareva star minimamente centrando l'obbiettivo, tutt'altro, il suo era un tergiversare usandoci entrambe pur di non scegliere.
Cosa pensava esattamente? Poteva ritardare la decisione ma prima o poi avrebbe dovuto prenderla.
Non lo capivo e non potevo nemmeno chiederglielo finché quella era lì con noi, non usciva mai o se lo faceva se lo portava sempre appresso, una chiarissima strategia per non farci rimanere da soli.
Aveva paura e anche tanta, sapeva che Paulo era il suo unico modo di essere qualcuno e di avere tutto, eravamo l'esatto opposto noi due, considerando che io non facevo altro che continuare a nascondermi ed ignorare il fatto che fossi figlia di un esponente cittadino di una certa rilevanza.
Si poteva fare a cambio per caso? Avremmo vissuto sicuramente meglio.
Non potevo farcela, avere quei due affianco che scopavano come i conigli era logorante.
Decisi allora di alzarmi, raccolsi i capelli, infilai una vestaglia e mi sedetti al pianoforte, l'unico modo che conoscevo per soffocare i pensieri.
Poco m'importava che fosse prima mattina e i vicini stessero dormendo, gli avrei disturbati? Bene! La mia salute mentale veniva prima di tutto.
Ero arrivata al punto di volermene andare anche da quella casa, a costo di chiedere l'elemosina, mi dava fastidio avere una persona così infida e ingannevole al mio fianco.
Nonostante lo amassi infinitamente, considerando ovviamente il verbo "amare" un eufemismo usato semplicemente per rendere il concetto, non volevo averlo tra le palle se il suo modo di comportarsi era quello.
Non me ne facevo niente, non era produttivo e tanto meno sano per nessuno dei due.
Possibile che fossi l'unica ad accorgersene?
Senza prestarci troppa attenzione iniziai a suonare "Indaco" di Einaudi, non si direbbe essere il mio compositore moderno preferito vero?
"Sei pazza? Che cavolo fai!" mi richiamò ma non distolsi lo sguardo e soprattutto non mi fermai.
"Eva" mi strattonò un braccio facendomi quasi atterrare con la faccia al pavimento.
Sentii una specie di scala discendente prodotta dalle mie mani che cercavano di afferrare i tasti bianchi, che fino a poco prima producevano un meraviglioso suono soave sottofondo delle vite di molte persone, e aggrapparsi.
"Che cazzo ti prende? Dieci centimetri più avanti e mi sarei spaccata gl'incisivi" e a quel punto lo spintonai con una tale forza che gli feci sbattere la schiena contro la colonna in marmo che si trovava alle spalle.
"Mi sembra che stiamo degenerando" proferì massaggiandosi dove aveva preso la botta.
"Tu dici?" domandai retorica incrociando le gambe e portandole al petto.
Posai la testa sulle ginocchia e continuai ad osservarlo, mi sentivo in colpa per la reazione che avevo avuto ma era stata del tutto spontanea proprio come la sua poco prima, nessuno dei due poteva prendersene la responsabilità dato l'orario e la stanchezza che avevamo addosso.
"A parte questo momento di schizofrenia che ci ha colpiti, come ti è saltato in mente di fare tutto questo  caos?" cercò di farsi spazio al mio fianco sulla seggiola ma non glielo permisi.
Non volevo mi stesse vicino.
"Qualcosa doveva pur coprire il vostro schifoso rumore. Veramente, dovreste darvi una regolata, oppure farlo quando io non ci sono, sta diventando imbarazzante" e non riuscii a star zitta e continuare a far finta di nulla.
"Che problema hai? Sei gelosa?"
Lo aveva chiesto davvero? Non potevo crederci.
"Non so se tu faccia sul serio oppure stia scherzando, spero la seconda perché se non fosse così sarei ancora più incazzata. Spiegami cosa c'è di divertente nello spassartela con la tua fidanzata e fare di tutto affinché io lo senta" iniziai, provò ad interrompermi ma no, avuto la forza di farlo e quella era la volta di portarlo fino in fondo.
"Ti rendi conto che non puoi trattarmi così? Non puoi farmi sentire in capo al mondo e poi tutt'un tratto lasciarmi cadere, non puoi accogliermi nella tua umile dimora quando poi con questo atteggiamento non fai altro che deteriorarmi ulteriormente. Così aumenti soltanto il mio disagio e il mio sentirmi fuori luogo, perché effettivamente lo sono e non puoi negarlo. Ho iniziato a pensare che forse l'inferno in cui ero coinvolta prima era meglio di tutto questo, pensa un po' tu. Sai cosa mi lascia stranita? Io non ti ho mai chiesto nulla, non ti ho chiesto di baciarmi, di dirmi che eri innamorato di me, non ti ho mai obbligato eppure lo hai fatto. Mi hai detto di avermi dato il tuo cuore e io come le cretine ho sentito addosso la responsabilità e la paura di poterlo distruggere ma in realtà è andato tutto al contrario. Eri tu ad avere il mio tra le mani e anziché custodirlo con cura lo hai stretto così forte da farlo scoppiare e renderlo in mille pezzi. Non me ne frega un cazzo di te, della tua ragazza e soprattutto della vostra finta carità. Io ci tenevo davvero a quello che stava nascendo nonostante mi sia mostrata sempre fredda e distaccata, però a questo punto non me la sento. Chiariamolo una volta per tutte se vogliamo vivere in sintonia senza scontrarci ogni secondo, non potrà mai esserci nulla se non una grossa amicizia perché tu non sei pronto a lasciar andare lei"
"Stai sbagliando a pensarla così, io non ho mai finto" disse scuotendo la testa quasi amareggiato dalle mie parole.
"Ah, addirittura non te ne rendi conto? No perché, sarò stupida io, ma se dico certe cose a qualcuno poi non vado a letto con qualcun altro. O forse io sono l'amante e stai prendendo per il culo Antonella? Ma figuriamoci, a lei andrebbe anche bene dato che la sua unica preoccupazione è la tua Golden cart" alzai gli occhi al cielo estremamente infastidita.
E poi sentii la sua voce dopo esser sbucata da un angolo buio: "Dovresti smetterla di parlare così di me, sei irrispettosa".
"Ho solo riportato le parole del tuo fidanzato, lo ha detto lui stesso che sei legata solo al suo conto in banca. La maleducata sei stata tu con me in questi giorni credendo di sapere tutto quando in realtà non hai nemmeno idea di come mi chiami" rimasi estremamente tranquilla, il bello dell'inibizione dei farmaci era proprio quello, non riuscivo ad agitarmi.
"Non credi che io abbia avuto abbastanza prove? Eravate sempre insieme, lui dormiva perennemente nel tuo appartamento, non mi aspetto altro se non che abbiate fatto sesso almeno una quindicina di volte"
"Continui a darmi della zoccola vedo" e le feci un applauso veloce per complimentarmi della sua sfacciataggine, che non sempre è un aspetto negativo ma in quel caso assolutamente si.
"Non lo direi mai in quel modo ma ci siam capite, era quello che intendevo" anche finta buonista.
Come se girarci intorno fosse più garbato.
"Scommetto che tu sei quella che finge di essere vergine come la madonna ma poi lo ha tradito con cinque persone, ve'?" un sorriso sghembo e cattivo apparve sul mio viso.
Non me ne sarei stata buona, non più.
"Eva dai, basta così" mi prese una mano ma la mollai subito.
"Lasciami andare, torno in camera mia, gentilmente non disturbatemi"
Ero sul punto di piangere.
"Per favore" cercò di tenermi vicina a lui.
Le sue dita scivolavano sulle mie braccia come se fossi un palo d'acciaio cosparso di burro.
Riuscii a chiudermi la porta alle spalle e appoggiarmici contro lasciando che il mio volto si bagnasse di tutte le lacrime trattenute per sei giorni e venti ore precedenti.
Sì, gli avevo contati...
Non potei fare a meno di ascoltarli quando ripresero a confrontarsi sulla questione e mi soffermai in particolare su tre frasi dette di sfuggita ma che avevano inaspettatamente pesato sul mio umore:
"Non farmi scegliere tra lei e te"
"Perché? Sceglieresti lei?"
"Si, sceglierei lei"
Non volli crederci, per il mio bene non dovetti farlo, ma c'è da ammettere che gli angoli della mia bocca per un attimo andarono in sù.
Tornai sotto le coperte raggomitolandosi cercando di calmare il tremore che si era impossessato del mio corpo.
Tremavo, ma non di certo per il freddo.

Él ||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now