sul tuo lato del letto

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"Senti ma, se andassimo a fare un giro? Me estoy aburriendo como una ostra" propose.
Guardai l'orologio, beh c'eravamo, l'ora era perfetta.
"Ti va di venire con me in un posto?" gli domandai.
Annuì.
"Andiamo a scuola da Jessica, esce tra mezz'ora, potremmo arrivare in tempo"
Non so con che coraggio lo dissi e soprattutto perché mi venne in mente di portarlo proprio lì.
"Tu vuoi davvero.." e diventò improvvisamente paonazzo.
"Sì, certo" sorrisi.
Mi diressi verso il cappotto beige appeso nell'ingresso e lo indossai, lui mi seguì e fece lo stesso con il suo.
"Grazie Nena, non sai quanto significhi per me"
Si sentiva onorato seppur non avesse la più pallida idea dell'importanza che gli avevo attribuito decidendo di fare un passo così grande nei suoi confronti.
Consideravo il sesso lo step successivo ma fargli incontrare mia figlia era proprio quello finale.
Dovevo esser sincera con me stessa, non mi aspettavo una reazione così positiva da parte sua riguardo tutta quella storia, neppure per me era facile accettarlo eppure lui si era dimostrato sempre così tranquillo.
Era abbastanza ovvio che avesse dei demoni interiori, che si ponesse una miriade di domande e fosse assalito da numerosi dubbi ma non me lo faceva pesare anzi, cercava in ogni modo di rendermi serena, come se tutto andasse realmente bene.
Forse era davvero così, se avevo perso la testa per lui un motivo c'era.
Ero una stupida ragazzina cresciuta troppo in fretta, lui ancora un bambino che ce la stava mettendo tutta per maturare velocemente e a sufficienza, e lo stava facendo per me.
Dio mio, come potevo non essere grata all'intero universo per avermi donato tutto ciò?
Sarebbe potuta andare male all'infinito tra di noi ma se poi ne avessi sempre ricavato questa immensa sensazione di pace beh, per la prima volta in vita mia ero disposta a soffrire.
"Dobbiamo metterci in un angolino discreto, se mio fratello ci vede succede il finimondo e non voglio che la bambina sia coinvolta" spiegai mentre guidavo verso l'asilo privato di suore dov'era iscritta.
Era così palese che fossero pieni di soldi, emanavano ricchezza dalla testa ai piedi.
"Sei una brava madre" portò una mano sul mio braccio accarezzandolo.
"Sì, peccato che lei non lo sappia" e accennai un sorrisino malinconico.
Era la cosa che più faceva male, che mi avessero tolto la possibilità di dimostrare tutto il mio amore a un esserino che ne necessitava in abbondanza.
Cos'era ancora peggio? Che per un periodo avevo addirittura creduto che non avessi le capacità di trasmetterglielo quell'amore, a lei come a nessun altro, ecco perché mi ero completamente annullata e chiusa in me stessa, non mi sentivo abbastanza.
"Paulo" lo richiamai.
"Si?"
"Pensi che in questi quattro mesi, da quando ci conosciamo, in me sia cambiato qualcosa?" domandai.
Avevo paura della sua risposta, ero anche tentata di fermarlo ma iniziò a parlare e improvvisamente m'interessai al suo discorso.
"Si Nena, assolutamente. Non posso dire che sei una persona diversa perché non è vero, ma questo non è di certo un aspetto negativo anzi, penso tu stia lavorando sulle tue difficoltà e ti assicuro che pian piano stai riuscendo a distruggerle rendendole punti di forza. Sono fiero di te"
Sono fiero di te.
"Dillo ancora" avrei voluto chiedergli perché quelle parole mi sarebbero risuonate in testa per il resto della vita e probabilmente anche dopo la morte, ma non lo feci.
Era fiero di me, nessuno lo era mai stato prima d'allora.
Nessuno, nemmeno io stessa.
"Ti amo Pau, ti amo così tanto e vorrei ripetertelo all'infinito" evidentemente quella era la giornata del coraggio perché altrimenti, se quelle scariche di adrenalina non mi avessero attraversata, non avrei mai dichiarato qualcosa di così grande.
Non mi apparteneva per niente, soprattutto non senza le pillole, evidentemente stavo migliorando davvero.
La sua risposta non ci fu, stette in silenzio.
Ovviamente, cosa potevo aspettarmi? Che dall'oggi al domani nel bel mezzo della sua confusione prendesse parte?
No, non me lo aspettavo, e impensabilmente non ebbi una vera e propria reazione, semplicemente restai calma.
Ci voleva solo tempo, sarebbe successo prima o poi.
"Ho smesso di prendere la doppia dose di diazepam" gli comunicai cercando di attuare uno splendido parcheggio ad S.
"Brava, spero tu ti senta bene" e scese lasciandomi lì con i miei pensieri.
Avevo sbagliato?
No, se mi ero sentita di dirglielo era perfetto così.
"Dobbiamo fare qualche metro a piedi e poi ci siamo" gli comunicai mettendo le mani in tasca a causa del freddo nonostante portassi i guanti.
-2 gradi segnava il termostato dell'auto, di lì a poco sarebbe sicuramente arrivata la neve che io tanto amavo.
Il mio sogno più grande da bambina era quello di vivere in una casa con un immenso giardino a circondarla solo per vederlo tingersi di bianco e di conseguenza sentire un po' più di gioia rispetto a quella che poteva donare un misero balcone dove a malapena trovavo qualche spruzzo di neve.
Lui però non accettò il mio gesto tanto che mi strappò via dal calore della lana del cappotto facendo intrecciare le nostre dita.
Così mi beai della sua mano fredda a contatto con la mia ma m'importava poco e niente, sarei anche potuta andare in ipotermia pur di non mollare la presa.
Sospirai prendendomi un attimo per godermi il momento, uno dei pochi che ci stavamo concedendo nell'ultimo periodo.
Non era facile, per niente, e il fatto che stessi resistendo era ammirevole.
"Ecco, mettiamoci qui" frenai il suo passo svelto una volta arrivati sul lato esterno dell'edificio.
Dalla ringhiera potevamo osservare attraverso i rami secchi delle querce l'ingresso dove i piccolini attendevano in fila indiana che la campanella suonasse affinché potessero correre tra le amorevoli braccia dei loro genitori.
Primo squillo, fuori tutti i bambini di tre anni della sezione dei bruchi, e poi, dopo interminabili minuti, arrivò il secondo e la vidi spuntare con il suo bel giubbino rosa insieme alla sua classe, quella delle farfalle.
"È lei vero?" la indicò.
"Come hai..?"
"Siete identiche, ha il tuo sorriso, i tuoi colori. È una mini te" e mi fece scappare una lacrima nonostante feci di tutto per trattenerla.
"Grazie Paulo, per essere qui e per starmi riempiendo il cuore"
In tutta risposta allargò il braccio intorno alla mia spalla e mi strinse a sé.
Vidi Jonathan che la prese in braccio e le lasciò un tenero bacio sulla fronte, come faceva sempre, e in tutta risposta lui fece lo stesso con me.
"Non sei da sola, ricordatelo" disse e non potei far altro che girarmi e avvolgergli la vita con le braccia posando la guancia sul suo petto.
"È difficile sai, credere che potrei avere tutto questo ma ho solo te, e ti giuro che mi basteresti se fossimo solo noi due" se volevo lasciarmi andare dovevo farlo fino in fondo.
Ero stanca della competizione, volevo finisse il prima possibile.
Sospirò.
Buono o cattivo segno?
"Andiamo, ho bisogno di dirti un po' di cose ma non posso farlo qui" e rubò impertinente le chiavi della mia auto dalla borsa.
"Se non fossi tu ti avrei già mangiato vivo per aver fatto una cosa del genere, lo sai vero?" lo seguii sgambettando.
Stavo perdendo i sensi? Io che correvo dietro un uomo? Oh mio Dio, no!
Ma lui non era un uomo qualsiasi, era Paulo.
"Onorato per avermi fatto la grazia di tenermi in vita allora" ammiccò aprendo lo sportello per prendere poi posto.
"Devi sapere anche che odio le sorprese" ed era assolutamente vero.
Forse perché quelle pochissime che avevo ricevuto durante l'infanzia erano state del tutto sgradite.
"Non è una sorpresa, ti sto portando sul monte dei cappuccini"
Schietto e sincero, proprio come piaceva a me.
"A fare?"
Sorrise ma ovviamente non rispose, infame.
Potevo soffrire ancora un po', infondo ci sarebbero voluti solo dieci minuti, che in confronto alle quasi due ore per arrivare a Milano non erano assolutamente nulla.
"Se è per la chiesa che ci andiamo sappi che l'ho vista una volta e mi è decisamente bastata"
Avevo undici anni, faceva un caldo micidiale e i miei insistettero per restare a messa nonostante fossi sul punto di svenire, un'esperienza a dir poco terrificante.
"Ti pare che con una come te vado a visitare una chiesa? Per piacere!"
Non sapevo se prenderlo come un complimento o un insulto, nel dubbio non lo presi in alcun modo.
"Allora perché?" continuai ad assillarlo.
Infondo era quello che mi riusciva meglio.
"Smettila, non te lo dirò e lo sai benissimo"
Sbuffai, cosa potevo fare se non accettare la sua decisione?
Accesi la radio lasciando risuonare un po' di musica a cui non prestai la minima attenzione.
"Ci sei mai stato lassù prima?" domandai mentre iniziava la salita.
C'eravamo quasi.
"No, ma dalle foto sembra molto bello"
Sì, lo era decisamente.
Parcheggiò prima della barricata oltre la quale si poteva osservare una Torino più piccola ma decisamente bella ed esclamò: "perfetto, non c'è nessuno".
Era l'una e mezza del pomeriggio, quale pazzo avrebbe saltato il pranzo per fare una scampagnata lì? 
Nessuno, a parte noi ovviamente.
"Immagino di non poterti tenere più sulle spine, vero?" venne ad aprirmi la portiera come un vero gentleman e lo ringraziai con un cenno del capo dopo esser scesa.
"Tra un paio di minuti esplodo, quindi ti conviene dirmelo subito"
Distolsi lo sguardo dal suo e feci un paio di giri su me stessa spalancando le braccia.
C'era un vento sottile che io amavo alla follia, mi faceva sentire libera, forte, capace di tutto.
"Sei bella quando non ti preoccupi di niente" mi venne vicino con un sorriso stampato in volto.
"Sbagliato, sono bella sempre" gli feci l'occhiolino ridacchiando.
"Non posso darti torto, dai vieni!" m'incitò e ci mettemmo l'uno di fronte all'altra vicino alla ringhiera che dava sul vuoto.
Un incredibile déjà-vu mi attraversò ed evidentemente fu così anche per lui poiché disse: "non hai intenzione di lanciarti di nuovo giù, vero?"
"No, non ho questo grande e pungente desiderio di morire infondo".
"Quindi mi prometti di non fare cazzate anche dopo che ti avrò parlato?" cambiò tono di voce, cambiò sguardo, cambiò tutto.
"Mi rendi insicura, che c'è Paulo?" e mi venne una paura fottuta, forse più del dovuto.
Sapeva che tendevo a diventare paranoica, non poteva dirlo e basta? Senza girarci intorno?
Tirò fuori una scatolina dalla tasca.
"Non spaventarti"
Ancora? Lo ero già e non potevo farci nulla, a meno che non avesse vuotato il sacco.
"Arriva al sodo perché mi sto cagando in mano" proclamai.
Sorrise.
"Io uhm.. non so da dove partire, vorrei essere breve, ci proverò anche, ma non credo di esserne in grado. Ad ogni modo, come prima cosa volevo ringraziarti immensamente per aver voluto che fossi lì con te oggi in un momento così intimo, l'unico che hai con tua figlia, e ti giuro che poterti vedere brillare gli occhi è stato davvero magico, quindi grazie per avermi coinvolto. Poi, ecco.. ti amo anch'io, e non lo sto dicendo solo perché lo hai fatto tu prima, credo di amarti veramente e tanto, solo che immaginavo di dirtelo qui e così, quindi ho voluto aspettare. Questa cosa che ho qui tra le mani è per te, ed è quello che c'era nel pacco del corriere che mi ha fatto ingelosire"
L'aprì e non potei credere ai miei occhi.
"Non dovevi, non devi, non me lo merito" feci qualche passo in avanti e gli presi le mani fermandolo.
"Invece si! Non è una promessa di amore eterno e non è una richiesta di matrimonio, sarei pazzo. Siamo giovani, troppo, e ci aspetta ancora una lunga vita, sarebbe stupido. Vorrei però che questo fosse per te, per noi, la promessa di amarci al cento percento finché non troveremo qualcuno che ci farà battere il cuore più forte, come mi hai insegnato tu. Anche se.. non voglio più dividere il mio cuore, voglio concederlo interamente a te e tutto ciò che ti riguarda" lo guardai shoccata.
Che cosa dovevo fare?
Lo volevo, cazzo se lo volevo, eppure c'era qualcosa che mi diceva di no, che forse era prematuro.
"Ti prego Nena, accetta"
Feci per aprir bocca ma mi tirai subito indietro.
Ero solo intimorita, ogni singola fibra del mio corpo sapeva benissimo quale fosse la scelta giusta.
Volevo giocarmela però, fino all'ultimo istante.
"Facciamo una cosa, io imposto un timer di un minuto sul cellulare, tu ti avvicini, poggi la fronte contro la mia, e se resisti fino allo squillare dell'allarme senza baciarmi rispondo di sì, altrimenti è un no" proposi.
Amavo le sfide e avevo bisogno di quel momento di suspence solo per noi.
"Ci sto" e mi attirò immediatamente a sé facendomi ridacchiare.
"Uno.. due.. tre.. e.. via!"
Un minuto, sessanta secondi in cui sarebbe potuto succedere di tutto.
Passarono in fretta? Furono estremamente lenti?
Non saprei dirlo, ero troppo concentrata sui suoi occhi, sul suo respiro e sul suo sguardo che m'implorava di far scontrare le nostre labbra, non so dove trovammo la forza per resistere entrambi.
Le sue mani che premevano sulla mia bassa schiena, la mia testa che a un certo punto si buttò completamente all'indietro per far si che potessi contenermi e la sua bocca che veloce si poggiò sul mio collo torturandolo.
"Non puoi farmi questo, mi uccidi" sussurrai ansimando ma imperterrito continuò.
59.. 60.
"Ho vinto" esclamò con aria soddisfatta.
"Oh 'fanculo, sì" e mi fiondai sulle sue labbra stampandole contro le mie.
Non volevo più muovermi, non avevo intenzione di staccarmi.
Mi era mancato il suo sapore, la sua stretta e quell'essere semplicemente noi, che sembravamo aver smarrito strada facendo.
"Voglio amarti finché non ti batterà il cuore per qualcun altro perché io, sinceramente, non credo che amerò mai più così forte" si lasciò sfuggire facendomi mancare il respiro.
Prese quell'anello, che sarà costato almeno trecento euro, e lo infilò al mio anulare sinistro.
"Dobbiamo comprare una fedina in argento, così puoi avere un simbolo anche tu" lo guardai sorridendo.
"Sì, sono d'accordo" e mi abbracciò forte lasciandomi osservare il panorama alle sue spalle.
Incredibile come quei pochi attimi che ci erano stati concessi nella nostra breve conoscenza si erano svolti tutti ai piani alti.
Forse era un segno, forse il destino voleva dirci che potevamo permetterci di volare un po' di più con la fantasia anziché restare sempre con i piedi per terra.
E fu così che giurai a me stessa che da quel momento in poi sarei stata meno rigida e mi sarei abbandonata quasi del tutto alle sensazioni.
Infondo un po' di felicità la meritavano tutti, noi compresi.

Él ||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now