Story of her life

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Canzone consigliata:
Story of my life by One Direction

Paulo

Non capivo cosa stesse succedendo, ero lì ad osservarla tremare mentre guidava rischiando di perdere involontariamente il controllo dell'auto.
Piangeva, singhiozzava ma non parlava, ed io ero fermo immobile a non far nulla, a non fermarla e nemmeno incitarla a raccontare.
Sarebbe dovuto partire da lei, ormai avevo imparato a conoscerla sapendo quando era il caso di spronarla e quando no, in quel momento dovevo lasciarla in pace, l'unica cosa che potevo fare era aspettare.
Avevo assistito a una delle scene più surreali della mia vita, dai suoi racconti avevo percepito non fosse facile ma mai avrei immaginato a quei livelli.
Ammetto di aver pensato delle volte che stesse esagerando, perché era solita ingrandire i problemi, ma toccando con mano ero riuscito a capire che non scherzasse affatto, forse era addirittura peggio di quanto realmente immaginassi.
Si fermò improvvisamente a uno stop, per fortuna la strada era deserta altrimenti ci avrebbero tamponati, e si lascio andare all'indietro affondando nel sedile, sperando che almeno lui la accogliesse.
Mi azzardai ad afferrare il volante e spostare leggermente il veicolo verso destra, in modo che accostassimo e il nostro apparisse come un tentativo di parcheggio, poi spensi il motore e rimossi le chiavi.
La lasciai lì a metabolizzare, ne aveva bisogno e di certo non mi sarei potuto permettere d'infierire.
"Fa tutto cagare" si scagliò con un pugno contro il volante.
Dovetti costringermi a mantenere la calma, tenevo troppo a quella macchina per farmela distruggere, non so come feci ma fortunatamente riuscii ad ignorare quello che aveva appena fatto.
La guardai con attenzione, era stretta nel suo corpo e sussultava leggermente, la superficie della pelle era così veloce, così guizzante, tanto che mi sentii in dovere di sfilarmi la giacca e posargliela sulle spalle nonostante non sapessi se fosse realmente infreddolita o solo agitata.
Poi mi avvicinai e con delicatezza le accarezzai il dorso della mano, gesto che la fece scoppiare a piangere maggiormente.
Era estremamente fragile, la minima cosa l'avrebbe uccisa ed era mio compito prestare attenzione in un momento della sua vita così delicato e che aveva deciso di condividere con me.
Se non avesse voluto non mi avrebbe chiesto di salire con lei, anzi mi avrebbe mandato a 'fanculo, come aveva sempre fatto prima d'allora.
Afferrai la maniglia della portiera e l'aprii, scesi e feci il giro arrivando dall'altro lato, quello del guidatore.
Infilai un braccio sotto le sue ginocchia e un altro in corrispondenza delle scapole, la sollevai e con tutta la delicatezza del mondo mi accomodai nei sedili posteriori facendola stare sulle mie ginocchia.
Posò la testa sul mio petto e prese un grosso respiro aggrappandosi ai miei bicipiti.
Con dei semplici e piccoli gesti mi fece tremare l'anima, non aveva idea di quanto fossi innamorato di lei e di quanto quel sentimento aumentasse in me giorno dopo giorno.
Ogni suo sorrisino abbozzato, ogni frecciatina e ogni rimprovero mi facevano perdere la testa.
Avevo questa continua vocina in mente che mi diceva di tenermela stretta, di non lasciarla mai, perché era l'unica cosa che mi faceva stare bene, che mi faceva sentire vivo.
C'era Antonella però, che pesava come un macigno in quella situazione..
Ormai nemmeno parlavamo più, mi cercava solo quando non ricordava la password del bancomat.
Avrei dovuto lasciarla andare, infondo non meritava di vivere al fianco di un uomo che ad un certo punto aveva smesso non solo di prestarle attenzione ma proprio di vederla, non rientrava già da tempo nelle mie priorità, che erano tutte concentrate su un'unica e sola persona.
"Voglio morire" sussurrò distraendomi dai miei pensieri.
"Dai Eva non dire così, affronteremo anche questa" le carezzai la testa cercando di tranquillizzarla ma non ci fu verso, non subito almeno.
"Non capisci, quello era il mio unico punto debole e lui ha riaperto la ferita e ci ha scavato dentro, l'ultima volta che lo ha fatto sono stata davvero vicina alla morte" potevo sentire le sue unghie nella mia carne.
Aveva bisogno di aggrapparsi e io ero pronto ad essere il suo macigno, anche se il giorno dopo probabilmente mi sarei dovuto medicare.
"Questa volta ci sono io però, lo hai detto anche tu che quando siamo insieme è tutt'altra cosa"
Tentennai per un attimo... e se per lei non fosse davvero così? Se fossero state tutte frasi fatte o dettate dall'emozione dei momenti passati insieme?
"Sei l'unica cosa che mi tiene ancora in vita Paulo" e ad un tratto non sentii più il suo respiro affannato, era diventato regolare, il suo corpo non era più scosso da sbalzi improvvisi, tremava solo ancora un po'.
Si asciugò le lacrime con il dorso della mano, la aiutai sfiorandole delicatamente le guance che si erano irritate completamente, le avrei comprato della crema dopo nella prima parafarmacia trovata aperta a quell'ora.
Presi un fazzoletto e cercai per quanto possibile di ripulirla dal trucco colato e sparso per tutto il volto, incredibile quanto fosse stupenda anche in quelle condizioni, e purtroppo avevo avuto troppe volte l'opportunità di constatarlo.
"Mi dispiace così tanto che tu abbia dovuto assistere a questo, probabilmente penserai che sono patetica"
Davvero si stava preoccupando di quale fosse la mia opinione al riguardo piuttosto che della sua salute mentale?
"Non lo sei affatto, è tuo padre il bastardo" misi in chiaro le cose.
Quell'essere così meraviglioso non meritava tutta la merda che la vita continuava a buttargli addosso.
"La bambina di cui parlava è mia figlia, si chiama Jessica e ha quattro anni, l'ho partorita quando ne avevo sedici" iniziò a raccontare.
"È nata da un rapporto occasionale, la mia prima volta tra l'altro, una sera ad una festa con un ragazzo di 19 anni, lui non si è più palesato dopo averlo saputo e i miei non hanno voluto io abortissi. Poi con i mesi mi sono abituata e la volevo sempre di più, non vedevo l'ora di averla al mio fianco, di poterla prendere in braccio, sarebbe stata in grado di salvarmi ma me l'hanno portata via.. Ho partorito con un cesareo d'urgenza, al mio risveglio lei non c'era e non c'è mai più stata, hanno dichiarato che volessi darla in adozione e l'hanno adottata mio fratello e mia cognata. Prima che te lo chieda, sì, non sono figlia unica. Jo e Rita, gli ha nominati lui prima" sputò fuori con una tranquillità che mi stupii.
Lo stava affrontando con tutte le sue forze, stava combattendo anziché lasciarsi andare.
La ammiravo veramente tantissimo.
Finalmente iniziavo a mettere insieme tutti i pezzi, a partire dalla cicatrice sulla pancia che avevo notato immediatamente.
"Se sono stati loro a fare questo contro la tua volontà perché te lo rinfaccia?" domandai.
"Perché sono delle persone cattive, per colpa di tutto quello che hanno fatto ho iniziato a manifestare i sintomi di un esaurimento nervoso e disturbo d'ansia generalizzato, allora gli psichiatri dove mi hanno mandata mi hanno detto di prendere le pillole, quelle che uso ancora adesso. Sono andata in overdose due volte, due cazzo di volte, la prima perché ero ancora piccola, dovevo affrontare la maturità quell'estate, che poi si tratta praticamente di due anni fa, ne avevo solo 18 e qualsiasi cosa sembrava più grande di me, come se potesse schiacciarmi da un momento all'altro; l'ultima invece è stato perché lui continuava a punzecchiare e come se non bastasse ci si era messo anche il mio ex seppur con argomentazioni differenti, si erano alleati e non facevano altro che distruggermi. Io non volevo, non era intenzionale, non lo è mai stato, ma non riuscivo a regolarmi con il consumo dei farmaci. Mi hanno detto di avermi trovata cianotica e con il polso debole, non era mai successo così, è stata la più grave di tutte"
"..sono stata davvero vicina alla morte" aveva detto poco prima.
Come avevano potuto farle così tanto male?
Era soltanto una ragazzina..
"Non era stato Fabio il tuo primo?"
"Di solito dico così perché, capirai bene, spiegare tutto questo non mi fa esattamente piacere.. nemmeno lui sa della piccola, non lo sapeva nessuno fino ad oggi, non so perché mio padre abbia voluto colpire così duro davanti a te, forse perché ha capito che c'è qualcosa di speciale tra noi" e si avvicinò piano alla mia guancia posandoci le labbra e lasciando un dolce bacio.
Sospirai e iniziai a farle i grattini sulle braccia continuando a stringerla a me.
"Non sai quanto mi dispiace" dissi soltanto.
Non sapevo come comportarmi, era la prima volta che mi trovavo in una situazione del genere.
Volevo chiamare la mia mami, parlarne con lei e piangere, perché con Eva non potevo farlo, non potevo anteporre la mia fragilità alla sua.
Anche chi ascolta recepisce il colpo e poi ha bisogno di sfogarsi, è naturale.
"Stai tranquillo non è colpa tua" ora era lei che tentava di consolare me.
"Non andartene mai, ti prego" mi sussurrò prima che qualche altra lacrima abbandonasse i suoi meravigliosi occhi scuri.
"Non potrei mai lasciarti Nena" e posai le labbra sulla sua fronte, simbolo di estrema protezione e affetto.
Non lo stavo facendo alla leggera e sperai lo capisse.
Spesso si dice che chi bacia la fronte bacia l'anima di una persona, ed era proprio quello il mio intento.
"Posso confessarti una cosa in tutta sincerità?" chiese.
"Ormai dovresti conoscermi e sapere che puoi" risposi facendola sorridere.
Avrei dato tutto pur di vederla sempre così.
Era un po' come l'aftersex, quel momento fantastico in cui senti tutte le vibes positive che ti avvolgono, ma noi non avevamo fatto sesso il che valeva doppio.
Stavamo imparando ad amarci senza nemmeno rendercene conto.
"Ero nel tunnel quando ci siamo conosciuti, forse non ne ero mai realmente uscita, e sarebbe bastata qualche compressina in più a spedirmi di nuovo in clinica, ma sei arrivato tu e quando siamo insieme mi dimentico anche di prendere quelle prescritte, non ne sento il bisogno, mai"
E in quel momento quello a cui s'inzuppò il viso fui io, fu la cosa più bella che potesse dirmi, mi fece capire molte cose, chiarì tanti miei dubbi.
"Mi stai dando così tanto a livello umano, fino a qualche mese fa ero un ragazzino che aveva paura di prendersi delle responsabilità, ero spaventato dal mondo e ancora fermo a Palermo, se non addirittura a Laguna Larga" glielo avevo già detto che erano anni che non provavo emozioni così forti eppure non riuscivo a smettere di ripeterglielo.
"Hai vissuto l'inferno anche tu, siamo molto simili" e si spostò mettendosi a cavalcioni su di me in modo che potessimo guardarci negli occhi, abbattendo tutte le barriere come se quello che stessimo già facendo non fosse abbastanza.
"È stato molto meno Eva" ma m'interruppe posando un dito sulle mie labbra.
"Non paragoniamo i nostri dolori, sono stati estremamente forti entrambi per ragioni diverse, non ha realmente importanza e lo sai anche tu"
L'unica cosa che potei fare fu annuire, aveva completamente ragione.
"Mi manca tantissimo, ogni singolo giorno" capii si stesse riferendo alla bambina.
Potevo solo immaginare quanto fosse complicato gestirlo.
"Avevano avuto la grandissima idea di farmi fare la zia ma sono sua madre, ho 20 anni e sono sua madre" ricalcò il concetto più volte, forse per chiarire le idee a se stessa.
"E lei non sa della mia esistenza, mio padre aveva ragione quando ha detto che non chiedo mai come sta, non lo faccio, ma lui non è a conoscenza del fatto che dopo le lezioni passo da vicino alla sua scuola dell'infanzia, mi sistemo dietro un cespuglio in modo che non mi veda nessuno e la guardo. È bellissima Paulo te lo giuro, ha gli occhi verdi e i capelli come i miei, ci somigliamo un po', ed è per questo che so che sta bene ed è felice. Quel grazioso sorrisino allegro mentre corre da mio fratello una volta alla settimana mi ripaga di tutto"
Aveva usato delle parole davvero dolci, le brillava lo sguardo mentre parlava della sua bambina.
"Mi sento così piccola in confronto a questa situazione, dovrei fare di più ma non ne sono in grado, sono una cattiva persona" sussurrò poi imbronciandosi.
"Non è assolutamente vero" provai ad esortarla ma era andata.
Quando il suo lato paranoico e ansioso prendeva il sopravvento sulla mente e i pensieri era la fine.
"Non sono abbastanza" si accasciò sulla mia spalla stringendomi le braccia attorno al collo.
"Lo sei, sei abbastanza e anche di più" la tirai su facendo scontrare le nostre iridi.
"Sei perfetta, ti amo così tanto Eva, non hai idea"
E prima che potessimo accorgercene le nostre labbra si scontrarono dando vita a quello che entrambi avevamo sognato per così tanto tempo.
Sarebbe stato un vero caos di lì in avanti, ma un caos stupendo da vivere insieme.

Él ||Paulo DybalaМесто, где живут истории. Откройте их для себя