Anemoia

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Posata con i gomiti sul balcone e una cicca ancora accesa tra le mani guardavo il centro di Torino e la punta della mole con occhi sognanti, gli stessi di quella bambina di 3 anni che non vedeva l'ora di crescere per portare il tailleur e i tacchi propio come la signora che passava sotto la finestra tutti i giorni tranne la domenica per andare a lavoro, e la ragazzina di 12 anni che sperava di trovare l'amore ed essere felice come la coppietta che tutte le mattine si sedeva a fare colazione al bar di fronte e che riuscivo a intravedere dalla vetrata mentre si scambiavano qualche bacio imbarazzato.
Alla fine ero soltanto una ventenne triste, che non aveva realizzato nessuno dei due sogni, un po' perché odiava vestirsi in quel modo almeno quanto odiava l'amore, un po' perché aveva iniziato a prendere la vita controvoglia, senza un minimo d'interesse.
Le mie iridi s'illuminarono immediatamente quando lo vidi scendere dalla sua jeep nera perfettamente smaltata e senza un minimo graffio.
Grazie a Dio che la mia borsa non l'aveva ammaccata entrandoci per sbaglio in collisione altrimenti mi avrebbe ammazzata e non sarei più su questa terra.
"Ehi Eva, corro da te, devo darti una notizia stupenda" urlò facendosi sentire da tutti e facendomi vergognare da morire.
Era stranamente euforico, più del solito.
Mi spostai verso la porta e non feci in tempo ad aprirla che si fiondò dentro casa.
"Devi smetterla di urlare il mio nome a destra e manca, non voglio che la gente sappia come mi chiami e associ il mio volto, lo sai" lo rimproverai.
"Allora ti chiamerò Nena d'ora in avanti, ti piace? Non m'interessa, ci farai l'abitudine" si sedette sul divano con il suo solito fare arrogante facendomi alzare gli occhi al cielo.
"È troppo intimo" mi lamentai copiandolo nei gesti con la differenza che lui stava composto e io mi stesi posando le gambe sulle sue ma durò poco, tempo due minuti si tolse le scarpe e si mise comodo anche lui.
"Andiamo Eva, siamo più intimi di una coppia, l'unica differenza è che non facciamo sesso e ammetto che non mi dispiacerebbe" ammiccò nella mia direzione.
"Hai una fidanzata, rubacuori" gli diedi un piccolo spintone invitandolo a smetterla di sparare stronzate.
"Tu no però, ed è già una buona cosa" alzò il sopracciglio sinistro con fare provocatorio.
Arrogante.
"Sei il tipo di ragazzo che tradisce?" domandai ovviamente non aspettandomelo da parte sua.
"Per una come te ne varrebbe la pena" si avvicinò al mio viso per poi fare un occhiolino e allontanarsi di nuovo.
"Smettila, mi lusinghi" misi una ciocca di capelli dietro l'orecchio proprio come una vera pick me girl.
Scoppiammo entrambi a ridere ma improvvisamente l'atmosfera si fece nuovamente seria.
"Tu invece?"
Corrugai la fronte, che intendeva?
"Io cosa?" chiesi.
Ero confusa, mi confondeva semplicemente guardandomi con i suoi smeraldi al posto delle iridi.
"Sei il tipo di ragazza che tradisce?"
Avrei voluto non me lo avesse domandato e soprattutto avrei voluto non rispondere.
Adesso invece mi piacerebbe dire che in quel momento il passato non mi apparteneva più, che quello che avevo fatto prima di allora non si sarebbe ripetuto ma non era affatto così.
La vecchia me gravava ancora su quella nuova che tentava di rialzarsi ma alla fine finiva sempre in quello stupido flacone di pillole e di conseguenza a fare cazzate su cazzate senza riflettere, senza essere capace di prendere una decisione sensata e che non mi avrebbe rovinata.
"Non posso nascondermi, l'ho già fatto e lo rifarei" fui il più svelta possibile, non volevo aprire quel discorso.
Speravo si fermasse lì e invece...
"Quante volte lo hai fatto con lui?"
Cazzo Paulo, smettila.
"Ho scopato con tanta gente, ma pur sempre meno di quanto abbia fatto lui"
Mi portai le mani alle tempie tentando di mandare indietro i ricordi, di dimenticare la miriade di persone che mi cercavano soltanto per dirmi che era stato a letto con loro.
"E perché stavate ancora insieme?"
Oddio se non l'avesse fatta finita lo avrei preso a schiaffi.
"Non ti sfiora proprio il pensiero che non voglia parlarne?" lo zittì.
Ci rimase male, potevo leggerglielo in faccia.
"Credi che avessimo scelta? La relazione, come qualunque cosa nella mia vita, è stata gestita da terzi" alla fine mi sentii in dovere di rispondere, avevo promesso di non chiudermi a riccio.
Annuì, annuì e basta visibilmente pensieroso e forse anche ancora un po' infastidito dal mio comportamento.
Mi alzai e andai verso il diazepam.
1..2..3..
"Mi spieghi come funziona?" parlò.
Non stava zitto un secondo quando doveva, madonna.
"Non interrompermi mentre sto contando"
1..2..3..4..5.. giù.
"Cosa vuoi sapere?" tornai al suo fianco pronta a chiarire ogni suo dubbio.
"Hai una prescrizione o le prendi quando capita? Giuro non riesco a capire" e corrugò la fronte anche lui.
Solo in quel momento mi resi conto che avevo involontariamente imitato quel suo gesto che a differenza degli altri lo contraddistingueva.
Lo avevo notato subito, era una sua caratteristica e non gliel'avrebbe portata via nessuno.
"Devo prenderne un paio mattina e sera, questo sempre, poi al bisogno"
"Non c'è il rischio che esageri?" chiese.
Sorrisi, non potevo fare altro.
Capì tutto.
Stavo già esagerando, da tempo ormai.
"Se hai bisogn.." lo interruppi bruscamente.
Okay indagare sul mio passato e sul mio ex ma quello era decisamente troppo, non potevo reggerlo.
"Vuoi un caffè?" scattai nuovamente in piedi ma quella volta verso la nuovissima macchinetta nescafè che avevo acquistato qualche giorno prima.
Ne ero letteralmente ossessionata, non ero esattamente certa di cosa mi ammaliasse, forse il modo in cui il composto veniva fuori cremoso, fatto sta che era diventata la mia più grande passione.
"Sì certo"
Per lui scelsi un'ottima miscela oro mentre per me un semplice macchiato, che nelle cialde chiamavano cortado ma non avevo idea del perché.
"Sbaglio o eri venuto a narrarmi di qualche tua incredibile avventura?" mi aveva letteralmente fatta saltare in aria e ora se ne stava in silenzio.
"Oddio si, me n'ero addirittura dimenticato" scosse il capo deluso dalla sua mente che a quanto pareva non era perfettamente brillante e reattiva.
"Beh adesso vuoi dirmi? Sono curiosa" ridacchiai.
Odiavo essere tenuta sulle spine.
"Ho trovato un posto di lavoro ad Antonella, certo dovremmo stare un po' lontani ma avrebbe l'indipendenza che tanto sogna e potrei andarla a trovare più spesso. È una piccola televisione locale milanese, commenterà le partite, fanno uno show tipo, come si chiama? Tachi tucu?" e non potei far altro che allargare a dismisura la mia risata svegliando probabilmente mezzo vicinato dal riposino del primo pomeriggio post pranzo.
"Scusami, scusa scusa è stato più forte di me, comunque si chiama Tiki taka" riuscii a pronunciare soltanto dopo essermi calmata, forse passò un buon quarto d'ora prima che smettessi.
"Vabbè, a parte te che mi prendi per il culo, io volevo farti un discorso serio" incrociò le braccia al petto offeso.
Alzai le mani in segno di ulteriori scuse non verbali invitandolo a continuare a parlare con tranquillità.
Sapeva benissimo di poterlo fare liberamente, aveva soltanto bisogno di conferme, lo capivo.
"Sai, mi mancherà vivere con lei, anche se in realtà non lo abbiamo mai fatto sul serio, si è sempre spostata tra casa sua in Argentina, casa dei suoi genitori sempre lì a Buenos Aires e la mia, prima a Palermo poi qui a Torino, e la maggior parte delle volte con me c'erano anche mia mamma e i miei migliori amici, ma questo non importa, ho già la nostalgia di non averla sempre con me"
"Anemoia" intervenni immediatamente.
Lo vidi confuso, quel giorno non capiva proprio niente, o forse era il mio cervello a viaggiare troppo in largo.
"È la sensazione di nostalgia verso un qualcosa che in realtà non hai mai vissuto, come essere sempre da soli, tu e Antonella senza nessun altro. Da quello che hai detto tu poco fa non è mai stato così eppure in questo momento stai vivendo un disagio fondato letteralmente sul nulla, su un sentimento o una sensazione che non hai mai provato" tentai di essere il più chiara possibile e a giudicare dalla sua espressione lo fui.
"Com'è possibile questo..?" mi attirò tra le sue braccia e non ci misi troppo ad accoccolandomici.
"Succede e basta" feci spallucce.
A volte non c'è una spiegazione logica per tutto ma lui era talmente tanto ingenuo da non riuscire a comprenderlo, e andava benissimo così, non doveva assolutamente cambiare.
"A te è mai capitato, Eva?"
Oh no, continuava a chiedere le cose sbagliate.
"Lo sto vivendo adesso quindi shh and don't kill my vibes" chiusi gli occhi beandomi del suo profumo.
La mia anemoia era una vita così, abbracciati l'uno all'altra, stretti, magari anche nudi.
Il fatto che non riuscissi ad ammettere che la sua presenza mi stesse pian piano creando dipendenza nonostante me ne accorgessi ogni secondo di più descriveva perfettamente la mia cocciutaggine.
"Ragione e sentimento sono due facce diverse di una stessa medaglia: il loro conflitto crea frustrazione, la loro armonia dona serenità"
Cara Emanuela Breda mi sa che avevi proprio ragione, stavo cercando di evitare la frustrazione e concentrarmi sulla parte più divertente della questione, l'avrei saputa affrontare con serenità soltanto se non ci avessi pensato, i pensieri servivano solo ad incasinare la mente, e la mia era già abbastanza ingarbugliata di suo.
"È così bello essere in pace con te" sussurrò mentre accarezzava dolcemente i miei capelli.
"Per una volta concordo" sorrisi consapevole che non potesse vedermi ma al contempo sicura che lo stesse facendo anche lui.
Non ci volle molto però che quell'equilibrio venne spezzato dal picchiotto che batteva incessante sul legno della porta d'ingresso.
Perché dovevano sempre interrompere la mia quiete una volta tanto che riuscivo a raggiungerla?
"Fingiamo di non sentirlo e rimaniamo qui" proposi e all'inizio sembrò anche andar bene finché la persona dietro la porta non iniziò ad alzare la voce per attirare l'attenzione.
"Eva apri, so che ci sei, ho visto la tua macchina nel parcheggio"
Cosa cazzo ci faceva lui sul mio pianerottolo?
"Ma chi è? E perché ti controlla?" sbattè le palpebre un paio di volte per realizzare ciò che stava accadendo.
Io invece avevo ben chiaro cosa sarebbe successo di lì a poco, una tragedia, vedevo già gli ultimi mesi in cui avevo lottato per costruirmi qualcosa sgretolarsi.
Con passo lento e mani tremanti mi diressi verso l'uscio e quando arrivò il momento di aprire riuscii a guardare solo il pavimento, non avevo il coraggio di alzare lo sguardo, non subito almeno.
"Oh eccola finalmente, mi dispiace aver interrotto la tua trombata da troietta, sono solo venuto a riprendere le mie ultime cose" mi spintonò per passare.
Non erano trascorsi nemmeno trenta secondi che già stava diventando impossibile gestirlo.
"Non è più casa tua e io non ti ho dato il permesso di entrare" intralciai il suo percorso tirandolo indietro varie volte, o quantomeno ci provai.
"Meno chiacchiere" fece quel gesto odioso con la mano per dirmi che parlo troppo.
"Vedo che nonostante ne sia passato di tempo tu non sia affatto migliorato nei modi, anzi" se lui mi attaccava dandomi della troia potevo anch'io ma toccandola piano.
"Nemmeno le tue abitudini, chi è il ragazzo che vedo in lontananza? L'ennesima conquista da una notte e via?" lo aveva notato in meno di un secondo.
Cercai di pensare rapidamente mentre spavaldo si avvicinava al divano dov'era seduto Paulo, fortunatamente girato di spalle.
"Non hai il diritto d'importunare i miei ospiti, va' dritto in camera" e in tutta risposta ricevetti un "pff".
Sperai non si avvicinasse, lo sperai con tutto il mio cuore ma niente da fare.
Non si limitò a fermarsi dietro lo schienale, dovette andargli di fronte per sbeffeggiarlo e vantarsi di essere stato lui il primo, quello che si era preso la mia verginità, lo faceva sempre e io lo conoscevo troppo bene, soltanto che quella volta fu diverso, non si aspettava di trovarsi lui davanti.
"Oh mio Dio, Dybala! Non posso crederci" assunse un'espressione stupita ma per lo più schifata.
"Ciao" disse unicamente Pau, era in imbarazzo proprio come me.
"Si è fatta anche un giocatore della Juve! Adesso punta ai piani alti! Mamma mia, prima ti guardavo con occhi sognanti ma ora che so cosa hai fatto con questa sgualdrina non ci riesco più fratello" e mentre continuava ad umiliarlo i miei occhi si fiondarono sul flacone di pasticche alla mia destra che fortunatamente riuscii a recuperare prima che se ne accorgesse.
Dovevo tenere nascosto almeno quello dato che ogni singola osservazione fatta in casa sarebbe stata comunicata al supremo avvocato Benedetti.
Finalmente si rintanò nella stanza da letto dove rimase per dieci buoni minuti mentre io continuavo a controllare l'orologio sperando che facesse in fretta.
Quando lo vidi con delle magliette sudai freddo sperando che non avesse trovato quella di Paulo che non gli avevo mai restituito, probabilmente non lo avrei mai più fatto.
Io e lui, la raffigurazione perfetta di due amanti, che in realtà non avevano niente da spartire in quel senso.
Non disse una parola, uscì dalla casa con il borsone pieno in spalla facendoci finalmente tornare a respirare, grazie a Dio, nessuna ulteriore polemica.
"A cosa ho appena assistito?"
Sapessi caro Paulo, sapessi...

Él ||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now