Pronoia

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Ero fuori dallo Juventus Center con una sigaretta tra le labbra tentando di accenderla, con il forte vento di quei giorni però non ci sarei mai riuscita da sola.
Per fortuna arrivò Zaza che molto gentilmente avvolse le sue mani attorno alle mie in modo che la corrente ci sbattesse addosso, anziché attraversarle, così che la fiamma avrebbe avuto il tempo necessario per ardere la carta.
"Grazie Simo"
Era una persona davvero buona, capivo perché Alvaro gli volesse così tanto bene, iniziando a frequentarlo era davvero difficile poi allontanarsi.
"Perché sei qui tutta sola? Dai, entra!"
Totalmente pazzo.
"No tranquillo, sono apposto"
Ero lì soltanto perché la mia auto era dal meccanico e dopo aver accompagnato Paulo non avevo assolutamente voglia di prendere un bus per tornare in centro, aspettarlo sarebbe stato più comodo.
"Ne avranno ancora per un po', se non lo fai di tua spontanea volontà ti ci trascino di forza"
Era più prepotente di me, non c'era storia con lui, perciò dovetti accettare e seguirlo.
I campetti erano enormi, molto più di quanto sembrassero dalla televisione quelle pochissime volte in cui gli avevo visti.
Mi venne indicato di sedermi vicino alle panchine e così feci, l'erba era molto morbida e poterla tastare personalmente fece si che rispondessi ad uno dei miei più grandi ed ignoranti quesiti: ma quando cadono non si fanno male? E ciò riguardava soprattutto i portieri.
Era abbastanza ovvio non se ne facessero, almeno non così tanto.
Avevo avuto modo di capire che in realtà erano gli scontri, i così detti falli, che procuravano danni, oppure il posizionamento dell'articolazione durante la corsa che determinava di conseguenza i problemi di natura muscolare.
Convinta della mia tesi e speranzosa di non sbagliarmi non badai ad Allegri che urlava e agli strani modi in cui si allenavano i ragazzi, continuai ad aspirare il mio fumo e scorrere sulla homepage di twitter nella speranza di trovare qualcosa d'interessante.
M'imbattei nella copertina di "Chi" dove naturalmente c'era una nostra foto sfocata, probabilmente una paparazzata.
Ci avevano messo circa sei settimane però, meno svelti di quanto mi aspettassi.
"La Joya si sposa, tutto ciò che c'è da sapere sulla moglie del numero 21 della Juventus" lessi.
Il titolo m'incuriosì talmente tanto che scaricai l'intero magazine per vedere meglio cosa si fossero inventati.
"Mora, occhi azzurro intenso, sguardo magnetico e anti conformista. La fiamma di Paulo Dybala, una donna attraente che è stata in grado di colpirlo fino a portarlo all'altare"
Peccato che su tutte le stronzate sparate ne avevano indovinate solo due, ovvero mora e anti conformista.
Che avessero visto un altare all'interno di un castello? Che improvvisamente le mie iridi da nere si fossero scolorite un po'? Potevano saperlo soltanto loro.
Non avrebbero mai posto fine al gossip.
Quanto meno non avevano ancora scoperto chi fossi realmente, si erano limitati alle baggianate da rivista da quattro soldi, ciò significava che avevo svolto bene il mio lavoro.
Non mi avrebbero trovata mai.
"Noioso vero?" mi fece prendere un colpo tanto ero assorta nei miei pensieri.
"Guarda, adesso che stavo per morire d'infarto improvvisamente è diventato più interessante" e gli diedi uno schiaffetto sul braccio dopo che si accomodò al mio fianco.
Aveva l'affanno, mi sarei preoccupata se non avessi saputo che gli controllassero continuamente.
Detto da me che dopo aver fatto una rampa di scale in più respiravo a fatica.. esilarante.
"Bleah, sei tutto sudato" mi finsi schifata allontanandomi di poco.
In realtà sapeva quanto lo trovassi sexy.
Mi afferrò per le spalle e mi strinse forte strusciandosi in modo da potermi trasferire tutto il suo sporco.
"Che schifo dai, ero pulita"
Controllai la camicia ed era diventata verde, proprio come la sua maglietta.
"La porti in lavanderia e la paghi tu" gli intimai, come se non potesse permetterselo.
Non che m'importasse davvero, e lo sapeva bene, era una stupida blusa presa da piazza Italia a cinque euro, volevo solo fargli pesare il gesto.
"Alla fine siamo sempre così, come i vecchi tempi.."
Lo guardai corrugando la fronte non riuscendo ad intendere immediatamente a cosa si riferisse, poi capii e aveva assolutamente ragione, era un vizio che non avevamo mai smesso di avere..
"Si accomodò accanto a me"
"La porta si aprì rivelando un Paulo preoccupato che però, senza dire assolutamente nulla, entrò nel box doccia e si sedette al mio fianco.
"Che stai facendo?" riuscii a biascicare tra la disperazione e la paura che potesse ammalarsi per colpa mia e perdere parte della stagione.
"Come la prima volta ricordi? Con la schiena attaccata al muro, vicini, l'uno la spalla dell'altro. Non ti abbandono Eva, non ti abbandonerò mai"
Era la nostra piccola abitudine che ci rendeva immediatamente più rilassati ogni volta che la mettevamo in atto.
Dal lurido cesso di un locale di periferia, alla doccia, all'erba del campo d'allenamento, era il nostro modo di starci vicino, di dirci che nonostante tutto c'eravamo sempre l'uno per l'altro, ed era bellissimo.
"Non ci confrontiamo da tanto" disse con un pizzico di titubanza.
Aveva ragione, lo avevo ignorato quasi di proposito, forse perché effettivamente non avevo voglia tirassimo in ballo argomenti delicati.
"È che mi sembra vada tutto così perfettamente, non voglio giocare con il fuoco"
La verità era che mi stavo letteralmente cagando in mano sin dalla mattina del matrimonio, anzi da molto prima.
Avevamo preso un po' le distanze e non era assolutamente mia intenzione parlare del perché fosse successo.
"Tra qualche giorno c'è il processo"
Altro bell'argomento..
"Sì, mi mette un'ansia terribile"
Non sapevo cosa aspettarmi, in 72h si sarebbe deciso il resto della mia vita, di quella della mia bambina e persino di quella di Paulo, che oramai era completamente coinvolto.
"Se non dovesse andare.."
Non lo feci finire.
"Non andrà. L'importante è che sia una decisione del giudice, senza il loro zampino, altrimenti smetterei di credere in qualsiasi cosa mi tiene in piedi in questo momento"
Forse non lo capì ma ero estremamente seria, se si fossero messi in mezzo e avessero influenzato il giudizio non sarebbe finita bene per me, sarebbe stata la volta buona che non mi sarei più rialzata.
"Cosa ne pensi di creare una famiglia tutta nostra?" esclamò improvvisamente.
Restai di stucco.
Io non.. non sapevo nemmeno come esprimermi.
"Sarai impazzito" gli dissi e per stemperare la tensione ridacchiai, ma a quanto parve non era un capriccio dell'ultimo minuto come avevo immaginato.
"Eva dico sul serio, perché non possiamo? Hai idea di quanto sarebbe bello?"
Il fatto che non considerasse minimamente il mio punto di vista oltre che farmi incazzare mi lasciava al quanto allibita, in così tanti mesi non aveva ancora capito?
Chiedevo semplicemente un minimo di rispetto per la mia opinione, non mi sembrava poi così tanto.
"Non me ne volere te lo dico sinceramente, non rifarei mai un figlio, indipendentemente da chi potrebbe essere il padre"
Lo amavo, ci amavamo, ma sentivo di non potere, ed era comprensibile dato ciò che ero stata costretta ad affrontare.
"Scusami ma non riesco proprio a comprendere le tue ragioni"
E come avrebbe potuto, non gliele stavo spiegando.
"È stato troppo difficile, seppur sappia di trovarmi in un safe place pensare di dover portare un esserino dentro di me nove mesi, metterlo al mondo e gettarlo in questo macello mi terrorizza. Non posso immaginare che ciò che è successo a me capiti a lui o lei che sia. No, sono troppo intimorita, non è ancora arrivato il momento"
Glielo dissi con il cuore in mano sperando potesse farsene una ragione ma lo vidi come abbassò il capo deluso e non potei ignorarlo.
"Mi spiace di non poterti dare ciò che vuoi. Forse un giorno, tra qualche anno, ma non adesso"
Eravamo così giovani, costretti ad affrontare problemi che a quell'età non avrebbero dovuto competerci, un bambino ci avrebbe soltanto complicato di più la vita.
Avrei voluto esporgli il mio punto di vista, non brevemente come avevo fatto poco prima ma a pieno, solo che ancora una volta non ebbi il coraggio di parlare.
Ci pensò lui a cambiar discorso per non farmi pesare la situazione, perché infondo era quello che faceva continuamente, evitare di farmi sentire una merda qual ero, e non mi meritavo affatto tutta quella premura da parte sua.
"Sai, mi piacerebbe tanto andare ad Oslo, che ne dici di partire appena mi libero? Sarebbe l'occasione perfetta per la luna di miele che abbiamo dovuto rimandare in estate"
"Perché proprio la Norvegia?" domandai.
Era strano, avrebbe potuto scegliere mille località come le Canarie o addirittura le Hawaii, non aveva problemi economici, eppure..
"Non lo so, ho sempre sognato di visitarla, sin da bambino. Forse è l'idea romantica delle giornate che sono o completamente buie oppure totalmente illuminate, senza mezzi termini. Immagina poter passare un'intero giorno con la tua anima gemella sapendo che non finirà mai. Scopare sempre, magiare sempre, ridere ed essere stanchi morti a qualsiasi ora, indipendentemente dalle tradizioni mondane a cui siamo abituati. Andiamo, è la cosa più bella al mondo"
Non si sbagliava, lo era eccome.
L'idea che volesse farlo con me, beh.. era semplicemente magnifico.
Il fatto che io non riuscissi nemmeno a fingere che l'idea di quel viaggio mi suscitasse qualcosa, non di necessariamente profondo ma nemmeno superficiale, era invece a dir poco imbarazzante.
Per non parlare del falso sorriso che gli rifilai.
Lo stavo deludendo fino al midollo osseo e la cosa grave era proprio che me ne rendevo conto ma non facevo nulla per cambiare, che piega avrebbero preso le cose continuando in quel modo?
"Vorrei avessi una cosa" dissi.
Stavo per farlo sul serio..
Mi sfilai un braccialetto in corda intrecciata, di quelli dell'amicizia, che avevo al polso da ormai qualche anno, poi afferrai la sua mano e feci in modo che lo indossasse al mio posto facendoglielo scivolare sul braccio.
"Ce l'ho da prima che nascesse Jessica, rappresenta la me libera, spensierata, quasi felice. Devi tenerlo tu"
Lo vidi agitarsi sul posto.
"Perché mai se è uno dei pochi bei ricordi che hai?"
"Se non fosse stato per te non avrei provato mai più quelle sensazioni, tu sei la mia libertà, la mia spensieratezza, la mia felicità. Lo usavo per ricordarmi che prima o poi sarei tornata a stare bene ma ora che ci sei tu al mio fianco quel promemoria non mi serve più"
Mi aggrappai al suo bicipite, lo strinsi forte e ci poggiai sopra la guancia.
Sarei potuta rimanere così per ore se non fossero venuti ad interromperci perché dovevano innaffiare il prato.
Ammetto che sarebbe stato estremamente divertente constatare se la scena di noi bagnati dagli irrigatori sarebbe stata simile a quelle che eravamo abituati a vedere nei film ma preferii evitare.
Decidemmo di salvare la mattinata in calcio d'angolo e andare a giocare a pallavolo nel campetto adiacente.
Paulo era assolutamente negato, io invece bravissima.
"Potevi dirmelo prima che eri una campionessa" mi rimproverò quando con l'ennesima battuta feci punto senza permettergli di toccare palla.
"Non lo sono, sei tu che sei pietoso"
Non era vero, in realtà avevo praticato quello sport per circa sei anni, idem con il tennis, e se ne accorse quando ci spostammo al tavolo da ping-pong dove battei non solo lui ma anche Mario Mandzukic, Paul e mister Allegri che iniziarono ad odiarmi a morte.
Non che effettivamente i due sport fossero collegati ma mi piaceva credere di sì.
Quelli furono gli ultimi attimi testimoni della gioia con cui avevamo deciso di affrontare la vita, prima che le nostre esistenze precipitassero nel baratro.

Él ||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now