Cliché

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Il campanello suonò obbligandomi ad aprire gli occhi con estrema riluttanza.
Guardai la sveglia, segnava le sette e 02, poi girai il capo verso Paulo che continuava a dormire beato alla mia destra.
Spostai le coperte, infilai le ciabatte e mi diressi alla porta a tentoni e stropicciandomi gli occhi poiché ancora troppo assonnata.
Mi si presentò davanti la meravigliosa ragazza dai capelli lunghi e che portava abitualmente abiti attillati e tacchi, con una manicure perfetta e il make-up ordinato che le donava un aspetto fresco e leggero.
"Lui è qui? A casa sua non apre nessuno" certo, era ovvio lo stesse cercando.
Meno ovvio sarebbe dovuto essere il fatto che si trovasse da me ma oramai anche lei aveva capito la direzione che stessero prendendo le cose.
"Non si è ancora svegliato, vado a chiamartelo" dissi dopo aver annuito innumerevoli volte.
Tornai in camera e decisi di prendermi ancora qualche momento per osservarlo bellissimo com'era mentre riposava, con le ciglia lunghe a contornargli le palpebre, le labbra rosee schiuse e le mani sotto il cuscino dove teneva posata la testa, era così tenero.
Sospirai, non volevo farlo ma dovevo.
Mi stesi nuovamente accanto a lui abbracciandolo e posando la testa tra le sue scapole, istintivamente allungò le braccia dietro la schiena e cercò di cingermi una gamba ma quando si rese conto di non riuscirci si girò con il suo bel faccino sorridente e gli occhi socchiusi ritrovandosi nella mia stessa direzione.
Le nostre bocche si sfiorarono ma non lo baciai, non ci baciammo.
"Antonella è di là che ti aspetta" e ruppi per sempre quella che sarebbe potuta essere la nostra favola.
Perché lo feci? Dovere forse, oppure il troppo rispetto nei suoi confronti e in quelli della sua ragazza.
Io ero pienamente cosciente ma il piccolo Paulo aveva perso la testa, non ero quello che voleva o di cui pensava di aver bisogno, ero solo un'arrogante figlia di puttana e rimanevo ancora l'unica persona che mi avesse mai amato per davvero, di certo lui non avrebbe fatto la differenza.
Con il tempo avevo imparato di poter contare solo su me stessa e che se non mi fossi amata da sola nessuno lo avrebbe fatto.
Sbuffò senza muoversi nemmeno di un centimetro.
"Non voglio tornare alla normalità, anzi vorrei tanto che questa lo fosse" sussurrò facendomi sentire tutto l'ardore con cui lo diceva data la distanza millimetrica che ci separava.
"Smettila, è solo quello di cui ti stai convincendo, vai a casa con lei" gli accarezzai una guancia per tranquillizzarlo ma al contempo puntai le miei iridi nelle sue con fare duro per fargli capire che non era una richiesta ma una specie di ordine.
"Puoi smetterla tu invece di fingere che per te tutto quello che stiamo condividendo non valga niente?" fu più tosto di me scattando sulla difensiva.
Era chiaro lo facesse, me lo aspettavo, e toccava a me che ero la più razionale della coppia fargli capire che stava commettendo un errore madornale.
"Lo sai che significa tanto e non credere che io lo stia sminuendo, sto solo dicendo che la vita fuori da queste quattro mura è tutt'altra cosa, ti sto dando del tempo per provare a vivere diversamente e nel mentre conoscere le mie reali sfaccettature, non è un ultimatum, non ti sto chiedendo di sparire dalla mia vista. Paulo, non è tutto finito come tu pensi"
Vidi il suo petto arrestarsi e il suo respiro affievolirsi fino ad arrestarsi completamente per un momento, aveva recepito il messaggio e per quanto fosse difficile per lui andare avanti in quel momento si fece forza.
Mi lasciò un bacio sulla guancia per poi togliere il pigiama e infilare gl'indumenti che indossava la sera prima.
"Questo lo lascio qui, non si sa mai" e indicò l'ammasso di pile che aveva saggiamente risposto nel comodino con tutte le altre mie cose.
Sapeva lo avrei usato e riusato finché a furia di lavarlo il suo profumo non sarebbe andato via e che nonostante ciò avrei continuato a metterlo, un po' per abitudine un po' per attutire il colpo che mi avrebbe sferrato la mancanza quando era in ritiro e non tornava a casa. oppure nei giorni in cui non passava a salutare e io non avevo abbastanza coraggio per fare le sue veci e invertire i ruoli.
"Ricordati che mi devi un gelato, mascalzone" lo sfottei prima di lasciarlo tra le braccia dell'unica persona a cui apparteneva veramente.
"Se segno durante il prossimo match mi presento qui con due barattoli, uno ciascuno, promesso" e sorrise prima di sparire dietro quella porta senza ricevere il minimo saluto da parte di Antonella che anzi, sbuffò e si allontanò prima di lui.
Rimasi qualche istante ferma a riflettere guardandomi semplicemente attorno per cercare di metabolizzare il vuoto che la sua persona aveva lasciato.
Osservai tutto nei minimi particolari: i piatti nel lavandino ancora sporchi dalla cena della sera prima, la tazzina di caffè vuota e leggermente macchinata posata sul tavolo di cristallo in salotto, le mie mutande sul fondo del letto insieme alla sua cinta che realizzai avesse dimenticato ma mi piacque credere che lo avesse fatto apposta per lasciarmi qualcos'altro di suo in modo che non mi sentissi sola o abbandonata.
Come avrei potuto se ero stata proprio io a mandarlo via..
Decisi di andare in bagno a sciacquare il viso con dell'acqua fredda, poi feci una colazione veloce, presi le pillole e dovetti rimboccarmi le maniche perché dovevo preparare un brano per l'esame e se non lo avessi studiato io non si sarebbe studiato da solo.
E fu così che rimasi quasi quattro ore attaccata al pianoforte, continuando a ingoiare pasticche finché non fui in grado di chiudere gli occhi e concludere la melodia a memoria nonostante i giramenti di testa e quella strana ma piacevole sensazione psichedelica.
Proprio mentre tentavo di alzarmi senza inciampare sui miei stessi passi il telefono iniziò a squillare e dovetti appellarmi a quel poco di lucidità rimasta per rispondere.
"S-si?"
"Nena? Stai bene?" sempre lui, sempre in mezzo.
Ridacchiai.
"Non riesci a stare senza di me nemmeno mezza giornata" biascicai continuando a ridere senza essere in grado di fermarmi.
Ero totalmente andata.
"Hai già pranzato?" chiese cambiando discorso.
Okay man, come vuoi tu.
"No, ho appena finito di studiare, perché?"
"Passa ai campetti da me tra un'oretta o giù di lì, devo assolutamente parlarti, giacché mangiamo insieme" disse dando per scontato che a me avrebbe fatto piacere farlo.
Suh Eva non prendiamoci per il culo, a te sarebbe sicuramente piaciuto farlo.
"Paulo, sono letteralmente fatta, non lo senti?" e dovetti portarmi una mano in fronte e premere per riuscire a pronunciare quelle parole.
"Dobbiamo vederci, si tratta di tuo padre"
E fu in quel preciso istante che riattaccai senza essere ben certa di quello che avrei fatto o se lui ci fosse rimasto male.
Improvvisamente i pensieri si schiarirono e tutto apparve nuovamente chiaro, tutto il contrario che allucinogeno.
La tensione emotiva con totale distaccamento ed evasione dalla realtà era definitivamente terminata, era stato più improvviso di quanto mi aspettasi ma dovevo farmene una ragione.
Senza avere la più pallida idea di dove stessi andando afferrai la borsa e scesi di corsa le scale per poi prendere l'auto e mettere a moto.
Dopo 17 km e 21 minuti esatti di percorso mi ritrovai di fronte allo Juventus Center di Vinovo avendo semplicemente ipotizzando si trovasse lì dato che svariate volte avevo sentivo in televisione che i giocatori si allenassero in quel luogo che fino ad allora consideravo quasi mistico.
Ovviamente era tutto transennato perciò per entrare dovetti chiamarlo e aspettare cinquecentocinquanta ore che arrivasse con tutta la nonchalance del mondo.
"Qui fuori fa caldo, il mio cardigan è una stufa ma se lo avessi tolto sarei morta di freddo, non pensare di avere il diritto di farmi aspettare e squagliare in pieno autunno perché non sei Leonardo Di Caprio" lo rimproverai spostando gli occhiali da sole soltanto per guardarlo meglio.
Era sudato e soprattutto super sexy ma tutto ciò non aveva rilevanza, almeno tentavo di non fargliene avere.
"Ciao anche a te" spiritoso come sempre.
"Ci siamo svegliati nello stesso letto, anche meno Dybala, suvvia" e finalmente potei scavalcare quell'odioso passaggio a livello che non avevo pazienza di aspettare che lo alzassero coloro che avrebbero già dovuto farlo.
"Mi dai il tempo di fare una doccia oppure hai intenzione di bacchettarmi anche per questo?" domandò ironico.
Come se avessi tempo per l'ironia..
"Dipende, se il tuo scopo è essere pulito per me sappi che sei più attraente così. E comunque ti sento molto simpatico oggi, che succede? Che ti ha detto l'avvocato dei sogni di tutti i Torinesi? Ti ha offerto una villa con piscina e un miliardo di euro?"
Mi guardò storta, ero più insolente di lui, avrebbe dovuto saperlo oramai.
"A te invece tutta questa simpatica l'hanno scatenata le pillole?" e dopo quella frase fu lui a beccarsi un'occhiataccia da parte mia.
"Non giocare con la mia dipendenza" lo ammonii.
Non era uno scherzo, per niente.
"Allora lasciami in pace e fatti offrire un'insalata, così ti spiego tutto"
Un minuto... what?
"Sei pazzo? Un'insalata? Necessito di almeno un piatto di pasta se vuoi che mi sfami altrimenti è come se mi avessi invitato a bere un bicchier d'acqua, e non in senso metaforico, letteralmente" era completamente pazzo se pensava che mi avrebbe liquidata con una misera ciotola di foglie verdi e pomodori.
"Okay, pasta asciutta per te, ora entra e fai amicizia con qualcuno mentre mi profumo" si avvicinò cingendomi la vita ed era quasi sul punto di darmi un bacio sulla testa quando si stoppò e decise di allontanarsi.
Sul serio? Che diavolo gli saltava in mente?
"Con chi dovrei fare amicizia? Con gente sudata e a dieta?"
"Provaci, non ti costa nulla" e corse definitivamente via.
"Dai veni qua, prometto di dartela se accorciamo i tempi" urlai per farmi sentire, e a quanto pareva riuscii nel mio intento dato che si girò anche il vigilantes alla mia sinistra.
Che figuraccia.. non sapevo uscire di casa senza farne almeno una.
Lui invece non disse nulla, alzò semplicemente i medi di entrambe le mani e poi scomparve dentro uno sgabuzzino.
Sembrava che l'unica opzione fosse davvero fare amicizia se non volevo aspettare bighellonando ma ovviamente non lo feci, presi le cuffiette e mi accomodai al suolo sull'erbetta morbida perdendomi tra le parole di Freud e la mia musica preferita sparata al massimo nelle orecchie.
Soltanto quando vidi il suo tatuaggio sul braccio all'altezza dei miei occhi abbassai il volume e tornai in piedi chiudendo l'app di iBooks, unica mia opzione per sopravvivere in quel momento, altrimenti non la avrei mai usata.
"Che stavi facendo?" chiese.
Che palle non poter fare nulla senza subire l'interrogatorio.
"Se non volessi dirtelo?" incrociai le braccia al petto determinata ma ancora una volta la sua espressione contrariata mi fece vuotare il sacco.
"Stavo leggendo il motto di spirito"
"Leggi di psicologia ascoltando i Nirvana?" lo vidi parecchio perplesso, almeno quanto lascio me sapendo di che libro stessi parlando.
Era così strano quello che facevo?
"Come as you are non passerà mai di moda ed è adatta a tutte le occasioni" feci spallucce e lo seguii all'interno di quella enorme sala bianca.
Ecco perché era così minimalista, il luogo in cui lavorava lo aveva inghiottito.
Ci accomodammo in un posto discreto, lontano dagli altri commensali che poi erano praticamente tutti suoi colleghi.
Si offrì di andare lui al buffet a recuperare il mio enorme piatto e qualsiasi cosa avesse voluto mangiare lui, lo lasciai fare poiché troppo pigra per invitarlo a stare seduto e fare al suo posto, infondo anche io avevo lavorato sodo ed ero stanca, tra l'altro non amavo le distinzioni di genere quindi perfetto così.
"Bene wonder woman, ti ho portato anche un'aspirina per il mal di testa"
Molto gentile da parte sua ma..
"Come fai a sapere che ho mal di testa scusa?" era diventato un veggente per caso?
"Ti stai tenendo le tempie e sei rossa in volto, è palese, anche perché mi hai detto tu di esser fatta, non me lo sono immaginato" si sedette e si riempì immediatamente la bocca con il cibo.
Affamato il ragazzo.
"Ti ringrazio, ma non passerà finché non mi dirai cosa hai saputo su mio padre"
Non potevo trattenere oltre il magone, dovevo assolutamente venirne a capo subito.
Sospirò, e capii che era addirittura peggio di quanto immaginassi.
"Mi ha chiamato e mi ha invitato a cena, ci, ci ha invitati a cena"
Sgranai gli occhi incredula, che cosa aveva fatto?
"Scusami, credo di non aver capito bene, cosa vuole da noi?"
Che poi, quale noi? Non esisteva nessun noi.
"Non lo so, credo voglia parlare, mi ha spiegato che il vostro modo di relazionarvi è complicato e solo grazie a me sareste ritornati in buoni rapporti" certo, la solita storia di sempre.
Quell'uomo era la rappresentazione perfetta di un cliché, cambiavano i tempi e le situazioni ma i modi e le parole rimanevano le medesime.
Il suo atteggiamento era a dir poco imbarazzante.
"Se avesse voluto realmente avere a che fare con me mi avrebbe già telefonato, invece non lo sento da quando sono stata scaricata, per l'esattezza ci siamo parlati l'ultima volta il giorno in cui ho scoperto che fossi il mio vicino"
Non voleva me, voleva soltanto le attenzioni di un ragazzo famoso e ingenuo come lo era Paulo.
"Ovviamente non faremo nulla di tutto ciò che ti ha chiesto" misi in chiaro le cose.
Non sarei tornata a casa dei miei genitori nemmeno morta.
"Non credo sia possibile rifiutare"
Wait a damn minute...
"Non gli avrai mica detto che andiamo?" sbottai e a giudicare dalla sua espressione da cagnolino bastonato lo aveva fatto, eccome se lo aveva fatto.
"Okay, che cosa ti ha promesso in cambio?"
"Niente, te lo giuro" non lo credevo minimamente ma decisi di lasciar perdere, infondo cosa avrei potuto ottenere?
Sapevo benissimo che la verità fosse relativa e non esistesse sul serio, forse era meglio non venire a conoscenza di nulla, avrebbe evitato tanta sofferenza.
"Almeno mi aiuti a scegliere cosa mettere in modo che loro non mi vedano come una puttana? Dato che è una loro abitudine guardarmi con quegli occhi"
E lo vidi sorridere scuotendo la testa contento che stessi affrontando i miei problemi anziché ignorarli, ma non aveva idea fosse un meccanismo di difesa e che stessi comunque scappando da qualcosa perché, se lo avesse scoperto, non mi avrebbe più guardata con gli stessi occhi.

Él ||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now