Se dormissi disteso

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A volte mi domandavo cosa realmente non funzionasse nella vita.
Forse era proprio l'uomo la causa del devasto, anche se gl'individui non facevano altro che incolpare terzi, cause che chiamavano "di forza maggiore" riferendosi a Dio o qualunque cosa fosse ultraterrena.
Mi consideravo quasi stupida perché ero l'unica in grado di rendersi conto degli avvenimenti e soprattutto l'unica ad incolpare se stessa per gli errori e le decisioni sbagliate.
E mi stavo incolpando anche quella mattina per aver accettato di trasferirmi e andare a vivere da lui.
Da mezz'ora ero seduta sul suo letto avvolta da un accappatoio color bianco latte, lui era a lavoro e lo sentivo così lontano che ero voluta stare tra le quattro mura dove passava buona parte del tempo per vedere se potesse cambiare qualcosa.
Spoiler: non fu così.
Il clima che si era creato dopo la partenza di Antonella era di gelo, non comunicavamo, non facevamo nulla assieme, eravamo arrivati a mangiare ognuno per conto proprio e addirittura lavare piatti in maniera totalmente autonoma.
Mi logorava? Sì, tantissimo.
Eppure avevo avuto l'impressione che dopo tutto sarebbe andata bene, ma figuriamoci se il mio istinto potesse mai essere giusto.
Fingevo di comprendere la sua situazione, lo facevo per il quieto vivere quando in realtà non ci riuscivo affatto.
Forse sarebbe stato più facile parlargliene ma non avevo voglia di fare nemmeno quello, preferivo chiudermi in una sorta di bolla malinconica e restarci finché non fosse stato lui a rivoltare le carte in tavola.
Era un atteggiamento demenziale, sì, ne ero consapevole, ma non avevo intenzione di cambiarlo.
Avevo pur sempre solo vent'anni, era mio diritto comportarmi in modo stupido, sbagliare e pentirmene.
Ero cresciuta troppo in fretta, era anche ora che iniziassi a vivere prendendo le cose un po' più alla leggera.
Sarei voluta rimanere lì ancora un po', a guardare le maglie di Maradona e Pirlo appese al muro, ad aspirare l'odore della candela alla Yerba mate che sua nonna gli aveva mandato dall'Argentina fatta a mano da lei stessa e che teneva perennemente accesa sul comodino; ma il campanello suonò costringendomi ad alzarmi.
Guardai il videocitofono, era un ragazzo intorno ai venticinque con un pacco in mano, sicuramente di Paulo che avrà di nuovo ordinato qualcosa d'inutile da Amazon.
L'ultima volta era una tazza 3D di Simba, scontato dire che alla fine non era mai stata usata ma almeno si era tolto la soddisfazione, magari un giorno gli sarebbe venuto in mente di berci una camomilla.
Aprii la porta con i piedi scalzi e le goccioline d'acqua che ancora colavano lungo le mie gambe.
"Io..uhm..questo non dovrebbe essere l'appartamento del signor Dybala? Ho forse sbagliato?" lo vidi palesemente in difficoltà.
"No non preoccuparti, è giusto, Vivo con lui, può lasciare a me" e allungai la mano per prendere la roba che però non mi venne consegnata.
"Non me ne voglia signorina ma qui ci sono oggetti di un certo valore e io non posso sapere se lei è sincera o sta mentendo"
All'inizio m'infastidii un po' che mettesse in dubbio la mia parola ma era comprensibile, sarei potuta essere una persona qualunque e se avesse acconsentito così facilmente per poi sbagliarsi i suoi superiori probabilmente lo avrebbero come minimo licenziato.
"Certo ha ragione, se vuole posso provare a videochiamarlo così le da lui stesso il permesso" sorrisi vedendolo annuire e mi resi conto di come ero passata da dargli del tu a del lei in men che non si dica.
Era proprio vero che il modo in cui le persone si comportavano con noi incideva sul nostro nei loro confronti.
Rimembranze di nozioni basilari di psicologia studiate al liceo.
Feci come detto e, ovviamente, Paulo non rispose, come sempre d'altronde, sarei anche potuta morire che lui se ne sarebbe altamente fottuto.
"Figlio di puttana, ci fosse una volta.." sussurrai e notai che l'imbarazzo del corriere crebbe ancora di più.
"Mi scusi, davvero, è una testa di cazzo" sbuffai e lo vidi ridacchiare.
Cavolo, era davvero carino: gli occhi scurissimi, almeno quanto i suoi capelli ricci che sfioravano di poco le orecchie.
"Mi dispiace, fosse per me glielo lascerei ma se non riusciamo a contattarlo sono costretto ad andare e lasciarvi il foglietto per il ritiro in filiale"
Non avevo per niente voglia di andare fuori città in magazzino e lui non aveva il tempo di farlo quindi si sarebbe incazzato e di conseguenza avremmo litigato.
Non che sarebbe stato un male, almeno ci saremmo rivolti la parola.
Ad un certo punto, mentre continuavo a mostrarmi mortificata per l'accaduto con il ragazzo di fronte a me, lo vidi sbucare dall'angoletto delle scale con la testa bassa.
Ma.. che gli prendeva?
"Perché non hai preso l'ascensore? È guasto?" gli domandai immediatamente quando si avvicinò.
Mi squadrò dalla testa ai piedi, poi guardò il fattorino tornando pochi secondi dopo a concentrarsi su di me.
"Perché sei mezza nuda? E chi è questo qui?" chiese a sua volta.
"Non si risponde mai ad una domanda con un'altra domanda, stupido" e sorrisi come un ebete avvicinandomi a lui come se volessi baciarlo.
Volevo ma non potevo.
Tutto intorno scomparve, sentivo quel momento così nostro nonostante fossimo sul punto di far scoppiare una discussione.
Gli volevo così bene, iniziavo ad amare la quotidianità insieme, iniziavo ad amare lui.. e non mi era mai successo prima, con nessuno.
"Ho provato a chiamarti" gli dissi con un pizzico di preoccupazione nella voce.
Lo vedevo che era strano seppur stesse cercando in tutti i modi di nasconderlo.
"Ero nervoso, e poi mi trovavo già qui vicino" si giustificò.
Tutto chiaro.
"Scusate io non vorrei interrompervi ma, ora che è arrivato, se può mettere una firma qui io le lascio il pacco e tolgo il disturbo" proferì con voce tremante il poveretto che sicuramente ci aveva preso per due pazzi.
"Poteva lasciarlo ad Eva, tanto è per lei" afferrò la penna con prepotenza e incise il suo nome sulla carta.
Per me? Aveva parlato di qualcosa di pregiato e costoso, che cazzo..
"D'accordo signor Dybala, la prossima volta faro così, alla signorina..."
"Eva, solo Eva" non avrebbe saputo il mio cognome nemmeno se mi avesse pagato per dirlo.
"Benissimo, io uhm.. posso permettermi di lasciarle.. lasciarti, il mio numero di cellulare? Non sei obbligata a chiamarmi solo.. prendilo" e mi porse un foglietto che aveva appena preparato con titubanza.
"Ti ringrazio" feci in tempo a dire prima che Paulo mi attirasse prepotentemente dentro sbattendo la porta.
"Si ma calmati" lo spintonai completamente incazzata.
Come si permetteva?
"Io dovrei calmarmi? Sei mezza nuda, tra un po' se ve tu Lola derecha, quello ci provava spudoratamente con te e tu ci stavi pure, se prima ero arrabbiato adesso sono una furia, cazzo" e inaspettatamente tirò un pugno alla parete portandosi l'altra mano sulla fronte sospirando.
"Sei geloso?" chiesi impulsivamente.
"Si" quasi lo urlò.
Andò a sedersi e disse "vatti a vestire per favore" e, contrariamente a ciò che era il mio carattere e modo di pensare, ovvero non ascoltare mai gli ordini poiché simbolo di possessività, lo feci, perché sapevo non me lo stesse dicendo con aria arrogante e che non volesse tenermi in pugno.
Forse sbagliai, forse fui debole e avrei dovuto rispondergli a tono, ma andava bene così per una volta.
"Che cosa è successo durante gli allenamenti Paulo?" era lecito domandarlo, odiavo vederlo così.
"Non sono andato ad allenarmi ma allo J-medical perché sono giorni che ho un dolore assurdamente forte che parte dal polpaccio e s'irradia per tutta la gamba sinistra, a volte anche stando fermo"
Ma..
"Perché non me lo hai detto?"
"Credevo non t'interessasse" e il mio cuore fece crack.
"Qualsiasi cosa ti riguarda m'interessa, a prescindere, smettila di sottovalutare i miei sentimenti"
Non rispose.
Non volevo rimproverarlo, non era assolutamente quella la mia intenzione, ma volevo capisse che nonostante la difficile situazione per me rimaneva sempre lui, il ragazzino steso sul pavimento con le lacrime agli occhi che aveva bisogno di qualcuno con cui sfogarsi.
"Dai ora spiegami cosa ti hanno detto, non tenermi sulle spine" mi stava riempiendo d'ansia.
"Niente Nena, ho un sovraccarico muscolare, starò fuori per almeno un mese"
Oh no, oh nononono.
Lo conoscevo, ne sarebbe morto, ecco perché era a pezzi..
Però aveva ricominciato a chiamarmi Nena e mi era mancato infinitamente sentirglielo dire.
"Quindi rientri dopo le vacanze di Natale" era un'affermazione seppur potesse sembrare una domanda.
"Penso di sì, non lo so, al momento sono distrutto. Volevo chiederti di venire a vedermi uno di questi giorni, ti avrei preso il posto in tribuna d'onore con le poltrone comode, avrei segnato e quel gol sarebbe stato tutto tuo. Adesso invece dovrò aspettare chissà quanto tempo prima che questo possa accadere"
Mi resi conto dell'importanza che avesse per lui dagli occhi che gli s'inumidirono diventando due pozze d'acqua.
"Lo faremo te lo prometto, magari mi ci porti proprio per il derby d'Italia, che dici? Juventus-Inter del 27 gennaio, sono sicura che spaccherai" gli presi la mano e con gesti circolari del pollice sul palmo cercai di tranquillizzarlo.
Era in crisi ma sarebbe andato tutto bene, ne ero assolutamente certa, un giorno ne avremmo riso insieme ricordando la sua disperazione per una cosa rivelatasi poi da poco.
"Non ci riesco, mi ha messo in crisi e ho tanta paura Eva, non mi ero mai infortunato, quantomeno non seriamente" e portò le mani a coprirsi il volto scoppiando a piangere.
Era così fragile in quel momento e così esposto con al suo fianco la persona meno indicata per sopprimere gli attacchi di panico.
"Ehi no, non fare così, ci sono io con te mmh? Se non ce la farai da solo ce la faremo insieme, chiaro?"
E glielo avrei voluto dire che lo amavo, quelle emozioni così grandi che provavo sia quando eravamo insieme che quando mi ritrovavo da sola.
"Sai, questa mattina mi mancavi così tanto che mi sono sdraiata sul tuo letto e ho odorato le lenzuola"
Diventai completamente paonazza, con che coraggio glielo avevo rivelato?
"Anche tu mi mancavi, e pensavo a tutte le tue dimostrazioni d'amore mettendole a confronto con le mie e mi sono reso conto che sono davvero stupide e insulse"
"No non è assolutamente vero, tu non parli ma dici tutto con lo sguardo. Forse non te ne rendi conto ma le tue pupille, cazzo Paulo, si dilatano ogni volta che incrociano il mio corpo"
Era tremendo ma al contempo sensazionale, come se ne volesse ogni secondo di più, come se avesse bisogno di prendermi, stringermi e assaporarne ogni millimetro.
Probabilmente era cosi.
"Non capisci, non si limita solo all'aspetto esteriore, rimango estasiato ogni volta che apri bocca"
Risi.
"Sì, si vede" e mi avvicinai ancora un po' accovacciandomi tra le sue braccia, necessitavo di sentirlo.
"C'è una cosa che non ti ho mai detto ma è quello che più mi fa impazzire di te"
"Cosa?" mi venne spontaneo domandare.
"Sanpaku"
Eh?
"No ti giuro non ho capito, questa parola non appartiene al mio vocabolario"
"Le tue iridi, sono più piccole del normale e lasciano intravedere la parte bianca inferiore"
"La sclera?"
"Esatto, la scelera"
Ridacchiai per il modo improponibile in cui l'aveva pronunciato ma il suo accetto era così fottutamente ammaliante che me ne dimenticai un millesimo di secondo dopo.
"Insomma, Lady Diana aveva lo stesso problema, che poi in realtà un problema non è, si tratta di una caratteristica ben visibile e affascinante, seppur chi lo presenta sembri sempre annoiato o imbronciato, in realtà io ne sono rimasto colpito, quando l'ho notato ho fatto delle ricerche e ho scoperto tante cose, tu ci avevi mai fatto caso?"
Ah Paulo, dimenticavi spesso che io mi conoscevo molto più di quanto mi conoscessi tu.
"Certo, penso sia una delle caratteristiche che più preferisco del mio volto, nonostante per la traduzione cinese sia segno di psicopatia e tendenza alla dipendenza, che nel mio caso tra l'altro risulta essere verissimo"
Ero l'eccezione che confermava la regola praticamente.
"In realtà non è così, sei solo convinta di esserlo"
Ingenuo.
Non volevo rovinare l'immagine pura e casta di me che la sua mente aveva concepito, non conosceva ancora tante sfaccettature del mio essere e di certo non gliele avrei spoilerate, perciò risposi solo con "va bene" generando silenzio da entrambe le parti, non uno di quelli imbarazzanti, non era da noi, ma uno di quelli che ti fanno sentire bene e ti fanno riscoprire parti della coppia andate perse o dimenticate, e per un attimo mi sentii di nuovo su quella panchina di fronte a San Siro in quella umida notte di fine estate.

Él ||Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora