Amae

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Eva

Mi baciò, facendomi rimanere di stucco.
Avevo cercato di evitarlo per così tanto tempo eppure lui lo aveva fatto, in un momento di mia estrema vulnerabilità, senza pensarci due volte.
Non lo avevo schivato, non ne avevo avuto il tempo, forse ero stata addirittura la prima ad essersi fiondata sulle sue labbra senza dargli in realtà troppo peso.
Fu breve ma intenso, ci guardammo negli occhi cercando di capire se ne volessimo ancora ma ci accontentammo di poco.
Non sarei partita in quarta, lo sapeva e lo rispettava.
"Volevo farlo da quando ci siamo conosciuti" ammise e dovetti rispondere: "anche io".
Non gli avrei mai potuto mentire su un sentimento così forte e importante per entrambi.
"Hai letteralmente il mio cuore tra le tue mani, fanne buon uso Eva" mi avvertì e potei sentire tutto il peso che mi lasciò addosso quella frase.
Ciò che non sapeva era che il mio di cuore gli era già stato affidato tempo prima, che lo aveva a volte calpestato con qualche parola o gesto di troppo ma aveva sempre trovato il modo di ripararlo senza lasciare alcuna cicatrice.
Lui alle sue responsabilità sapeva adempiere molto bene, io però non ero certa di riuscire a fare lo stesso con le mie nei suoi confronti.
"Ti va di andare in un posto?" proposi.
Mi era venuta un'idea geniale, anche abbastanza romantica, totalmente fuori dai miei soliti schemi.
Ne sarebbe valsa la pena.
"Vorrei solo fare l'amore con te" sussurrò a un palmo dal mio volto, con la sua bocca che lasciava dei dolci baci sul mio labbro inferiore.
Le sue mani si muovevano gentili sulla mia schiena, senza accennare a spostarsi in posti più delicati e sensibili, se così potevano essere definiti.
Era un vero gentiluomo.
"Ora non pensare di avere il diritto di poter fare tutto, non andremo a letto insieme, non adesso perlomeno" chiarii immediatamente.
Sbuffò visibilmente contrariato.
Ce l'avrebbe fatta, doveva solo stringere i denti e immaginare di meno me nuda sotto di lui.
"Siamo riusciti a costruire tutto questo con delle semplici conversazioni, pensa a cosa potremmo fare ora che ci siamo uniti così tanto, il sesso è lo step finale e ancora non ci siamo, fidati di me"
Gli spettinai i capelli e con agilità scivolai nuovamente sul sedile del guidatore, rubai le chiavi dalla sua tasca e accesi il motore.
"Okay Nena, dove mi porti di bello?"
"È una sorpresa, lo scoprirai tra una ventina di minuti" e partii spedita come un fulmine.
Avevamo dei colli da scalare e in orario serale ormai inoltrato con pochi segnali stradali non sarebbe stato semplice.
Lo stupido arrivati sui tornanti iniziò a spaventarsi ed aggrapparsi ovunque, come se servisse a qualcosa.
Continuava a ripetere: "se cadiamo giù e la macchina si rompe ti ammazzo"
Perché la cosa più importante chiaramente era la sua jeep, mica le nostre vite.
Non sapeva che lassù ci ero salita milioni di volte e conoscevo la strada a memoria, non glielo avrei mai detto, era più divertente vederlo così impanicato.
"Ecco principessina, siamo arrivati, ora puoi sganciare la cintura e goderti l'aria cristallina, non quella inquinata a cui sei abituato" aprii lo sportello e scesi senza pensarci due volte lasciandolo lì a cercare di calmare i suoi giramenti di testa e l'impulso di vomito.
Estrassi una sigaretta dal pacchetto e la portai alla bocca.
"Tutto questo disagio per una basilica?" lo sentì dire alle mie spalle.
Mi girai e con un gesto della mano gli chiesi se avesse da accedere e stranamente la risposta fu positiva, mi lanciò un clipper che portava in tasca.
What a strange thing..
"Si, la basilica di Superga" feci scattare la fiamma che bruciò la carta producendo il grazioso fumo profumato dal tabacco mischiato ad altre sostanze chimiche.
"Cosa ci sarebbe di bello? È anche chiusa a quest'ora"
Ahhh Paulo, piccolo e ignorante Paulo.
"La conosci la storia del grande Torino?" domandai.
"Chi non conosce quella tragedia?"
"Beh, evidentemente tu non abbastanza bene dato che questo è il posto dove l'aereo dei granata si è schiantato"
Lo presi per mano ma prima di muovermi mi soffermai un momento beandomi di quella strana sensazione a me totalmente sconosciuta.
Le sue mani erano così.. morbide e vellutate, le dita s'incastravano perfettamente con le mie.
Iniziai a camminare ma al contempo continuai a guardare verso il basso, le mie unghie in gel laccate, le sue un po' mangiucchiate, erano così perfette vicine, non avrei mai voluto separarle ed effettivamente non lo feci, non nell'immediato.
Lo condussi nel retro della chiesa dove si trovava la lapide commemorativa, si leggevano striscioni come "Salento granata", "forza Toro" che affiancavano la foto della mitica rosa della squadra.
Quel 4 maggio 1949 aveva segnato inevitabilmente non solo l'Italia ma l'intero mondo e chiunque si trovava di passaggio per la città passava di lì a fare visita, perché quelle 31 persone decedute durante quel volo se lo meritavano, più di qualunque altra cosa.
"Grazie per aver condiviso questa cosa con me, probabilmente non ci sarei mai arrivato da solo" disse avvicinandosi ancora un po' perché evidentemente mi sentiva troppo distante.
"Ci tenevo venissi, e non è finita qui" lo guardai negli occhi, le sue iridi verdi splendevano.
Sorrisi.
Era così meravigliosamente perfetto.
Lo riportai indietro verso dove avevamo parcheggiato facendolo fermare lungo il muretto non troppo alto, l'unica cosa che ci separava dal vuoto.
"Non vorrai mica spingermi giù e ammazzarmi" ridacchiò facendomi scuotere il capo.
"Guarda in basso, cretino" lo invitai sapendo che quello che avrebbe di lì a poco visto lo avrebbe lasciato senza parole.
Voltò il capo e la sua espressione si tinse di stupore, il panorama sulla città di Torino interamente illuminata era mozzafiato.
Poi i suoi occhi si soffermarono sulla mia persona, mi penetrò con lo sguardo prima di afferrarmi dai fianchi e mettermi seduta facendosi spazio tra le mie gambe e senza lasciarmi obbiettare o semplicemente esprimermi incollò le sue labbra alle mie per la seconda volta in meno di un'ora.
Fu più lungo, più fervente, tanto che lo sentii dalla punta dei capelli fino a quella dei piedi.
Una delle scene più romantiche ed emozionanti della mia vita.
Nessuno mi aveva mai baciata, sfiorata, così come stava facendo lui.
Nessuno aveva mai veramente provato quei sentimenti per me.
"Dovresti smetterla di baciarmi" riuscii a sussurrare tra un respiro ed un altro.
"Perché?" chiese a tentoni non staccandosi praticamente mai dalla mia bocca.
"Perché poi m'innamoro"
Non ho la più pallida idea del perché lo dissi e soprattutto da dove uscirono quelle parole, probabilmente dal cuore, la mia mente non si sarebbe mai azzardata a spingersi così in là da pronunciarle sul serio.
Si fermò, secondi che parvero un'eternità, fatto sta che non avrei mai voluto spezzare quel momento, sarei volentieri rimasta lì immobile a viverlo per l'eternità.
"Beh, io ci sono già dentro fino al collo" sorrise e feci lo stesso.
Avevo vent'anni nonostante per la mia storia ne dimostrassi il doppio, una ragazzina che in realtà era una donna vissuta, una figlia capricciosa, una mamma assente, eppure avevo ritrovato grazie a lui la luce che si era spenta procedendo man mano per la mia strada.
Se tre mesi prima mi avessero detto che io e Paulo saremmo diventati tutto ciò probabilmente gli avrei riso in faccia.
Quel ragazzino incontrato nel bagno di un locale, paranoico e sperduto almeno quanto la sottoscritta.
Quella sera ci eravamo già detti tutto senza aver realmente aperto bocca.
Non so come ma sapevo fosse la mia esatta metà, in veste di amico o di fidanzato, o semplicemente di una persona di passaggio nella mia vita, non importava come sarebbero andate le cose, ero semplicemente certa fosse lui.
Con un balzo si sedette al mio fianco ma non calcolò bene gli spazi e mi colpì ad una spalla, smarrii l'equilibrio e mi sentii perdere nel vuoto.
Lì per lì non capii bene cosa stesse succedendo, l'immagine della sua dentatura perfetta era ancora impressa nella mia mente, realizzai soltanto quando mi accorsi della mancanza della terra sotto ai piedi e il panico mi assalii completamente.
Cosa avrei dovuto fare? Lasciarmi andare?
No, assolutamente no, per la prima volta in vita mia avevo un buon motivo per cui lottare.
Udii il suo urlo disperato, terrorizzato, perciò cercai immediatamente qualcosa a cui aggrapparmi, e fortunatamente lo trovai.
Ebbi il coraggio di guardare il alto, avevo afferrato il suo polso, e iniziai a temere anche per lui, si era sporto troppo, doveva stare attento.
"Non mi lasciare, ti prego" lo supplicai, senza riuscire a respirare, con il cuore che probabilmente nemmeno batteva più.
Allora portò una mano sul mio braccio e disse: "non ti lascio, cazzo se non ti lascio"
E per un attimo mi sentii sicura, fu la prima volta che mi fidai talmente tanto riponendo la mia stessa vita nelle mani di qualcun altro.
Se avesse mollato la presa sarei precipitata e morta sul colpo, era troppo altro per sopravvivere.
No, non lo avrebbe fatto.
"Ascoltami, io ti tiro sù con tutta la forza che ho ma tu tieniti forte e cerca di spingere verso l'alto, va bene?" e non potei che annuire.
Feci come disse, lo vidi mettercela tutta con le sue braccia non proprio possenti dato che lavorava soprattutto sulle gambe, e pian piano riuscii con l'altra mano a toccare il muro e afferrarlo in modo da poter fare leva.
Mi afferrò da sotto le scapole, mi tirò completamente verso di lui e finalmente toccai l'asfalto della strada.
Attimi di totale angoscia in cui avevo visto gli ultimi anni passarmi davanti e la prima cosa più sensata da fare, ancor prima di ricordarmi che finalmente potevo respirare, mi sembrò abbracciarlo forte e bearmi del suo profumo che anche se per pochissimo tempo mi era mancato da morire.
"Mi hai fatto spaventare, testa di cazzo" mi strinse ancora di più.
"Parla quello che mi ha spinta e che fino a dieci minuti prima pensava volessi farlo io con lui" lo scimmiottai allontanandomi e dandogli uno schiaffetto leggero sulla nuca.
Alzò le braccia in segno di resa, poi mi prese per mano e mi fece fare un giro facendomi sentire la persona più importante per lui sulla faccia della terra.
Di certo non lo sarei stata sempre ma ero sicura in quel momento lo fossi davvero.
"Questo vestito ti sta da Dio" mi accarezzò i fianchi.
"Lo dici solo perché lo hai scelto tu"
"No, è che a te starebbe bene anche un sacco dell'immondizia, sinceramente" mi stava lusingando esageratamente quella notte.
"Hai detto troppe cose belle su di me oggi, risparmiatene un po' per gli altri giorni altrimenti poi rischi che io smetta di crederti" lo perculai.
"A proposito, vorrei chiederti una cosa, se me lo permetti" mi tolse la sua giacca dalle spalle e la tenne appesa ad un dito.
"So che questa adesso vorresti portartela a casa"
Ovviamente annuii, lo facevo praticamente con tutto quello di suo che mi capitava davanti.
"Il punto è che non hai una casa" e mi ricordai delle parole di mio padre.
Dovevo svuotargliela entro domani... ed era già domani.
"Cazzo" esclamai.
Non avevo idea di cosa fare, glielo avevo detto con impeto mentre ero molto arrabbiata ma in realtà avevo bisogno dei suoi soldi, eccome se ne avevo..
"Vieni a stare da me, adesso torniamo, prendiamo le tue cose e le portiamo nell'appartamento del tuo amato vicino" era pazzo o cosa?
"Non posso farlo Paulo, nono, non ho intenzione di abusare dei tuoi soldi e della tua bontà"
"Ti prego, sono disposto a dividere le spese con te se proprio ci tieni, anche se non ce ne sarebbe bisogno, ma per favore vienici, è la soluzione migliore per tutti! Avrai i tuoi spazi e non dovrai stare attaccata a me come fossi la mia fidanzata" mi praticamente implorò.
Voleva aiutarmi e forse per una volta avrei dovuto accettare, anche perché altrimenti sarei rimasta per strada..
"Piuttosto di fidanzata, Antonella?" dovevo saperlo, la rispettavo nonostante quello che stesse nascendo tra di noi e di certo non meritava quel trattamento.
"Non chiedermelo, è complicato, devo prima capirlo io, poi te lo spiegherò" e non aggiunsi altro, era okay così.
"Va bene coinquilino"
Sorrisi vedendolo illuminarsi di gioia.
"Ora andiamo, perché se devo dirla tutta non vedo l'ora!" cercò di portarmi via ma dovetti desistere.
Io per quella lunga nottata avrei ancora un desiderio inespresso.
"Hai anche rischiato di ammazzati, cosa vuoi ancora?" domandò esasperato facendomi ridere.
"Voglio ballare con te" mi morsi il labbro inferiore leggermente imbarazzata dalla proposta che gli avevo appena fatto.
"Como quieres princesa" tirò fuori il cellulare e domandò: "che canzone ti piacerebbe ballassimo insieme?"
Era di una dolcezza estrema e strappalacrime.
"Carol of the Bells" risposi strappandogli l'iPhone di mano.
Aprii Spotify, ovviamente il signorino lo aveva premium, e la cercai.
"Non la conosco"
"Male male" lo ammonii.
Posai il dispositivo sul cofano anteriore dell'auto e ci avvicinammo.
Più scorrevano le note più ci sentivamo uniti l'uno all'altro, la potenza di quel violino che riusciva a tirare fuori tutte le nostre emozioni, le risate spezzate dai baci, le dita che si sfioravano, i respiri che si univano e le anime che si scontravano.
Mi persi tra le sue braccia, tra le sue coccole amorevoli, mi affidai alle sue cure che ero certa mi avrebbe donato sempre, senza se e senza ma.
Ecco perché andare a vivere da lui era la scelta giusta, alla fin fine me lo meritavo, ce lo meritavamo.

Él ||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now