All I want for Christmas

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"Es un placer muy grande conocerte Eva, Paulo no ha parlato mucho di te pero sei molto bella, sono feliz che condivida la casa con te, così impara a no estare siempre solo a giocare alla play"
Quella donna era un amore, non appena arrivata si era già messa a sistemare dappertutto per darci una mano.
In quel momento però mi deconcentrai totalmente dal suo discorso e mi soffermai sulla rivelazione fattami poco prima che per quanto fosse stata spontanea e involontaria mi aveva lasciato da pensare.
Non avevo idea di cosa comprendesse il "no mucho", se si fosse spinto quantomeno a farle sapere che eravamo una coppia, se potevamo definirci tali, o per lo meno che fossimo più intimi di un paio di amici.
Insomma, ne avevano discusso poco, ma quel poco era totalmente indefinibile.
Mi presentai a Dolores intuendo quanto mi odiasse dallo sguardo fulminante che mi lanciò, fortunatamente Lautaro parve più felice di conoscermi.
Non potevo biasimarla, aveva pensato sin da subito fossi l'amante, ora ci trovava a vivere insieme e con Antonella fuori dai giochi..
Forse non aveva tutti i torti, mi ero sentita così svariate volte e probabilmente lo ero.
Non avevo idea di cosa poter fare per migliorare la situazione.
"Mi segui in camera? Vorrei parlarti per un secondo" mi avvicinai sfiorandogli il braccio e glielo sussurrai all'occhio in modo che non ci sentisse nessuno, ci pensò lui però a farlo sapere a tutti esclamando poco dopo ad alta voce: "torniamo subito, voi fate come al solito".
Non era la prima volta che andavano lì, almeno sua madre, eppure io non gli avevo mai incrociati, segno del destino.
Mi chiusi la porta alle spalle facendolo andare avanti e ci restai appoggiata.
"Credimi se ti dico che non avrei mai voluto affrontare questo discorso ma mi sento estremamente in imbarazzo e in difficoltà" abbassai il capo facendo fatica a reggere addirittura il suo sguardo, lo stesso ed unico di cui avevo bisogno di cibarmi quando il resto del mondo mi ostacolava.
"Nena, perché? Ho detto o fatto qualcosa di male?" si avvicinò portandomi le mani sui fianchi con fare premuroso.
"No, assolutamente. È solo che non ho idea di cosa sappiano di me e questo mi trasmette tantissima ansia, per altro l'ultima volta che io e tua nipote abbiamo avuto una conversazione non è andata benissimo, non so se ricordi" mi grattai la nuca continuando a sentirmi fortemente a disagio.
Era la sua famiglia e avevo come la percezione di star sbagliando a parlargli in quel modo.
"Sanno che sei la persona più importante che ho qui, che mi aiuti sempre quando ho bisogno, che ci sei quando sto bene ma anche e soprattutto quando sto male" posò la sua fronte contro la mia.
Era sufficiente, no?
"Non gli ho mai detto però che sei anche molto più di questo per me"
Evidentemente no, non lo era.
Sospirai, da una parte sapevo di non poterlo forzare, che ne avrebbe parlato con loro quando si sarebbe sentito pronto, dall'altra però volevo che lo facesse subito, semplicemente per far si che il peso che sentivo starmi opprimendo mollasse un po' la presa.
"Quindi devo comportarmi come la più cara delle tue amiche" lo proferii piuttosto che domandarlo, anche con un pizzico di fastidio nella voce, ma dopotutto doveva aspettarsi una reazione del genere o quantomeno similare.
"Scusami" disse flebilmente pizzicandosi il mento con le dita prima di spostarmi per passare e andare via.
Di che cazzo si stava scusando..
Dopo cinquecento passi avanti nei mesi passati ne avevamo appena fatti venti indietro, un po' per la mia ostinazione nel dovere a tutti i costi etichettarci, un po' per il suo non voler comunicare con me quando pensavo che avessimo scavalcato quella soglia già da tempo.
Certo, io ero abbastanza incoerente, per tutta la vita avevo lottato per la libertà e il non doversi sentire appartenente a nessuno mentre ora avevo bisogno che le persone che ci circondavano sapessero che ci stavamo frequentando, che avevamo intenzione di essere l'uno il compagno di vita dell'altro.
Sinceramente le nostre promesse non mi sembravano affatto uno scherzo anzi, ero pronta a rispettarle come mi aspettavo lo facesse anche lui.
Tornai di là cercando di non apparire troppo provata e notai che il pranzo era servito.
"Ti stavo per chiamare"
Oh sì certo Paulo, come no.
"Non dovevi scomodarti Alicia"
Mi sedetti al mio posto osservando il meraviglioso pezzo di rotolo gaucho nel piatto.
Come lo avevo riconosciuto? Lo preparavano in uno dei migliori ristoranti tipici presenti qui a Torino, quello argentino era davvero spettacolare, almeno per me che non ero originaria, magari a loro faceva tutt'altra impressione.
"Non preoccuparti, l'ho fatto ordinare a La Taba e prima di venire qui siamo passati a prenderlo, sono molto bravi in cucina"
Quindi sì, avevo ragione.
"Allora niña, come stai? Come va la tua vita? Sappiamo quasi niente"
Iniziammo subito col botto, che cosa gli avrei dovuto raccontare? Che campavo con i soldi delle misere serate che riuscivo a fare, che il triennio accademico era diventato più stressante di quanto mi aspettassi e che se non fosse stato per Paulo sarei già stata sotto terra da chissà quanto?
"Tutto bene grazie, si va avanti con lo studio e con il lavoro, cerco di dare sempre il massimo, poi stare qui con lui è molto d'aiuto" sorrisi indorando la pillola.
Ero brava a mentire, più di quanto mi aspettassi.
"Sono contenta del vostro rapporto, so che non è stato facile, soprattutto con i problemi che hai avuto con la tua famiglia..."
Sgranai gli occhi, i miei cosa?
"...però siete stati davvero bravi se la vostra amicizia è arrivata al punto da far decidere a mi Pau di accoglierti qui"
Seriamente? No perché ero pronta a esplodere da un momento all'altro.
Lo guardai, era terrorizzato, glielo leggevo in faccia.
"Si beh, molto caritatevole da parte sua" continuai a sembrare cordiale seppur spigolosa.
Lui capì lo stessi sfottendo infatti intervenne cercando di deviare il discorso attraverso i suoi nipoti.
"Sobrinos, che dite? Vi piace l'appartamento?"
A dir poco imbarazzante.
"Molto tío, non vedo l'ora di fare un partido a biliardo con te" rispose Lautaro.
"Se ci fossi solo tu.." aggiunse Dol sottovoce.
Mi odiava, definitivo, e non avevo nemmeno le forze per farla ricredere.
Stava peggiorando le cose secondo dopo secondo e probabilmente nemmeno se ne rendeva conto.
"Abbiamo pensato di farvi stare in camera mia se per voi non è un problema" gli avvisai prendendo un boccone.
Mi dovetti trattenere, cazzo se era buono, avrebbe potuto farmi arrivare all'orgasmo.
"E tu?" domandò la ragazza confermando le mie aspettative.
"Dormiamo insieme" mi precedette lui.
"Nello stesso letto?"
"Non sarebbe la prima volta" la spensi con un sorrisino insolente in volto.
Stavo davvero mettendomi al pari con una sedicenne?
Beh, se venivo attaccata era consuetudine pormi sulla difensiva e non sarebbe di certo stato diverso con lei.
"Ci fai vedere? Almeno iniziamo a sistemare le cose, il jet-lag mi sta distruggendo"
"Certo" mi alzai dalla sedia seguita da Lautaro che me lo aveva appena chiesto.
Dol si fermò ancora un po' a discutere con la nonna e lo zio.
Non le andava bene assolutamente nulla, probabilmente si aspettava di passare delle vacanze diverse, mi dispiaceva si dovesse sentire così ma non poteva capire, non aveva idea di cosa significasse per me e Paulo essere arrivati a quel punto, a stare insieme.
Non avevamo bisogno di ulteriori intralci e se si fosse messa in mezzo non gliel'avrei fatta passare liscia, a prescindere dal fatto che non gli sarebbe stato per nulla facile anche solo provarci.
"Allora, vi ho liberato questa anta dell'armadio, per quanto riguarda i cassetti potete usare quelli lì di fronte e questi accanto al letto, gli altri sono off limits. Penso non ci sia altro" mi girai e lo vidi sulla soglia impalato a guardarmi.
Un po' weird.
"Ah, il bagno si trova qui accanto, potete mettere tutte le vostre cose, non ci crea fastidio, abbiamo il nostro in camera" mi ricordai.
Era una fortuna, ci saremmo potuti sentire tutti più liberi e non troppo condizionati dalla presenza altrui.
Non aprì bocca per qualche secondo, se ne uscì a un certo punto con: "sei davvero bella Eva, lo sai?"
Avvampai di colpo, scatenato il piccolo Dybala.
"Sì, ne so qualcosa, grazie comunque" ridacchiai per stemperare la tensione.
"Hai il ragazzo?"
Non so come feci a trattenermi dallo sghignazzare, quello era l'esempio perfetto del perché avrebbe dovuto parlare alla sua famiglia del nostro vero rapporto.
"In questo momento sto tanto bene con una persona"
Purtroppo non fece in tempo a replicare poiché venni richiamata propio da lui e dovetti congedarmi scusandomi per aver interrotto la nostra conversazione.
Non che mi dispiacesse dato il forte senso di disagio, un po' però m'incuriosiva sapere come intendesse provarci con me, che si comportasse come suo zio? Magari aveva il suo carattere.
Non potevo saperlo, era tutto da scoprire.
Per quanto riguardava Dolores non era assolutamente così, anzi, probabilmente era quello il motivo per cui adorava tanto Anto, sembrava lei in miniatura.
"Ho bisogno di lavarmi, puzzo come una capra" esclamai non appena provò a rivolgermi la parola.
Gli diedi le spalle continuando la mia strada verso la doccia ma mi raggiunse.
Ero vicino allo specchio sul lavabo mente sfilavo i pantaloni quando mi cinse la vita baciandomi la spalla.
"Laviamoci insieme allora" era da giorni che mi supplicava di farlo ma avevo sempre rifiutato e quello non era di certo il momento giusto dato che avevo una gran voglia di litigare.
"Puoi smetterla d'ignorare i problemi? Perché mi dà davvero su nervi" lo spinsi con forza dal petto liberandomi dalla sua presa.
A quel punto mi spogliai completamente avvicinandomi al box e ci entrai aprendo l'acqua calda sperando di riuscire a placare l'agitazione.
Un brivido mi attraversò quando inizialmente scese giù dal soffione ghiacciata bagnandomi la schiena.
"Non lo sto facendo"
Bugiardo.
Rimasi colpita quando si denudò e venne dentro con me, non avrei mai immaginato lo facesse.
Non guardò minimamente il mio corpo, tenne puntato il suo sguardo nel mio e lo stesso feci io con lui.
"Hai avuto tempo e modo di raccontare a tua mamma dei cazzi miei, del fatto che ci siano delle tensioni con i miei genitori, e non hai avuto le palle di dirgli che ci amiamo? Non lo so, a me questo sembra proprio un grosso problema"
Alzai di poco il tono della voce controllandomi per non esagerare, non volevo mi sentissero nonostante fosse improbabile dato che ci trovavamo nel luogo più appartato della casa.
"Secondo te cosa avrei dovuto fare? Me l'ha chiesto e io le ho risposto"
Si stava seriamente giustificando in quel modo?
"Che minchia stai dicendo scusa? Per logica, non penso ti sia venuta a dire "¿niño tu compañera de piso se lleva bien con sus padres?" quindi non scaricare le tue colpe su di lei"
A ventun anni che si prendesse le sue responsabilità quantomeno.
"Okay, non è andata proprio così. Io a mia mamma non riesco a nascondere nulla, è la mia confidente, non riuscivo a reggere il peso della situazione allora gliene ho parlato"
Stavo cercando di mantenere la calma ma mi fu praticamente impossibile a quel punto.
"Sei un falso di merda, come stracazzo fai a tenerti dentro i sentimenti per me allora? Vuol dire che mi stai prendendo per il culo e non c'è niente di concreto"
Mi lasciai sfuggire: "pendejo" alla fine della frase.
Non volevo dargli dello stronzo perché non lo era ma me lo stava davvero facendo iniziare a credere, più che altro pensavo fosse veramente un cretino.
"Sabes que te quiero muchísimo, por favor no tengas dudas sobre esto"
Infondo, era umano sbagliare no?
"Lo so, ma rimango comunque arrabbiata" presi il bagnoschiuma dalla mensola e iniziai ad insaponarmi.
"Dai, domani è la vigilia di Natale, la nostra prima Nochebuena, perdonami" mi strappò il tubetto di mano in modo che mi concentrassi su di lui facendomi spalancare sarcasticamente la bocca.
Irruente.
"Mi stai proprio sul cazzo lo sai?"
Guardò verso il basso poi alzò nuovamente la testa esclamando: "non mi sembra tu ce l'abbia".
"No infatti, ce l'hai tu e basta per entrambi" lo sfottei schiaffeggiandogli il braccio.
"Giacché stiamo parlando, posso farti una domanda?" iniziò ad insaponarmi i capelli facendomi rilassare completamente.
Annuii.
"Ti.. ti piacciono le donne?" balbettò facendomi ridere.
Giornata d'importanti chiarimenti di tutti i nostri dubbi, a quanto pareva.
"Perché me lo stai chiedendo, Paulo?"
Non che mi desse fastidio, semplicemente davvero non me lo spiegavo.
"Una volta ti ho trovata con una ragazza, poi le battutine e tutto il resto, non riesco a capire"
Piccolo e ingenuo.
"Forse perché è più semplice di quanto pensi. Sono bisessuale, credevo fosse abbastanza ovvio, non ho mai sentito il bisogno di dirtelo"
La sua espressione fu un misto tra allibita e confusa.
"Lo so che pensi sia strano, anche se non dovrebbe esserlo, è assolutamente normale. Mi sento a mio agio in entrambi i casi, non ho una vera preferenza" feci spallucce.
Lo sapevo, era difficile da comprendere in una società come quella in cui vivevamo ma l'unico modo per cambiare le cose era fare coming out senza troppo timore e lottare fino a farsi accettare perché non c'era nulla di sbagliato soltanto, la gente non lo capiva.
"In che senso? A letto non trovi differenze?" chiese.
"No, parlavo di attrazione, a letto preferisco decisamente le donne"
Il sesso lesbo, puro e sempre efficace.
"E allora perché stai con me?"
Lo guardai intensamente piegando leggermente di lato la testa.
Andiamo, come faceva a non capirlo?
"Perché ti amo sconfinatamente Pau" gli posai le mani sul petto avvicinandomi tanto da far scontrare le nostre intimità.
I suoi occhi si riempirono di lussuria, lo vedevo che non poteva più aspettare, ma io?
"E anche perché do per scontato che tu sia bravo a letto" feci spallucce.
Volevo provocarlo, eravamo stretti l'un l'altro e a quel punto era diventato impossibile tirarsi indietro.
"Potremmo provare" e non feci in tempo ad aggiunger altro che mi trovai intrappolata tra il muro alle mie spalle e il suo corpo.
Mi baciò con foga facendo scivolare piano una mano lungo la mia schiena fermandosi poco prima dei glutei come a chiedere il permesso.
"Vuoi fare sesso con quella che hai detto essere la tua migliore amica sapendo che ci sono loro di là?"
Riuscii a dire tra un gemito soffocato e l'altro.
"M'importa meno di niente"
Senza darmi il tempo per potermene rendere conto mi afferrò da sotto le cosce tirandomi sù, incrociai prontamente le gambe intorno al suo busto facendo nuovamente scontrare le nostre labbra mentre lui, noncurante dello scorrere dell'acqua che avrebbe continuato se non avesse chiuso il soffione, si spostò verso la camera da letto.
Mi posò sul letto con inaspettata delicatezza, il suo ciuffo bagnato ricadde sulla mia fronte facendomi ridacchiare.
Insomma, eravamo molto carini ma soprattutto divertenti da guardare, entrambi fradici con una macchia enorme che si espandeva sul lenzuolo sotto i nostri corpi.
Si spostò per prendere il preservativo dal cassetto ma soprattutto chiudere a chiave la porta, per un momento avevo anche temuto se ne dimenticasse e l'idea di farlo per la prima volta con l'unica persona che avessi mai amato con la costante paura che potesse entrare qualcuno, viste le premesse delle ore precedenti, non mi allettava affatto.
"Ho la spirale, se tu sai di non avere malattie possiamo non usarlo"
Ad essere onesta? Avevo messo l'impianto prima di tutto per non rischiare di rimanere di nuovo incinta per sbaglio e poi perché il sesso senza doversi preoccupare di nulla era la cosa migliore al mondo.
Niente scoglionamenti se capitava di aver finito i condoms, se ci si trovava in doccia, vasca, piscina ecc..
Ovviamente questo non valeva per i rapporti occasionali, non ero così deficiente, anche perchè prendere l'HIV non era certo una delle mie priorità nella vita.
"Non ho mai scopato senza protezioni"
Rivelazioni scottanti da parte di Dybi.
"Ottimo allora, doppia prima volta, con una persona nuova da poter sentire fino in fondo"
Lo vidi sospirare prima d'intraprendere la sua camminata verso di me, era comprensibile che fosse agitato, non sapeva cosa mi piacesse, non conosceva le modalità, se per me era facile venire o meno, se preferivo stare sopra o sotto, come io non avevo idea di come funzionasse lui, l'ansia era del tutto normale ma dovevamo superarla insieme, come avevamo sempre fatto con tutto.
Vissi quegli istanti a rallentatore, mi sentivo in un film, ero sul punto di perdere il contatto con la realtà.
Si piegò su di me baciandomi il collo mentre con le dita iniziò piano ad accarezzarmi l'interno coscia, poi cominciò ad andare giù, sempre di più.
Non ero solita urlare ma sentivo che di lì a poco sarebbe successo, seppur fossi consapevole di dovermi trattenere.
Portai la mano destra tra i suoi capelli mentre con l'altra strinsi il cuscino quando la sua bocca arrivò pungente sulla mia intimità, non resistetti granché e quando mi resi conto di essere vicina al culmine smisi d'inarcare la schiena e ansimare rovesciando i ruoli.
In men che non si dica mi ritrovai a cavalcioni su di lui e soltanto dopo aver ricambiato il favore finalmente ci unimmo in un tripudio di passione e sentimento.
Fare l'amore era una tra le cose più strazianti al mondo, avrei voluto chiudere gli occhi e dimenticarmi di quello che stava succedendo ma non ci riuscii, per tutto il tempo tenni puntate le mie iridi nella sue mentre mi muovevo velocemente scossa da brividi che di tanto in tanto mi facevano sobbalzare.
Il mio cuore sentiva di non poterlo reggere eppure non mi fermai, non potevo, non volevo.
Più mi avvicinavo alla fine più mi caricavo di emozione, di aspettativa, su quello che saremmo stati di lì in poi, sulle decisioni da prendere insieme.
Fino ad allora avevamo vissuto in una bolla, nessun contatto con l'esterno, ma sapevamo benissimo entrambi non sarebbe potuto continuare ad essere così per sempre.
Mi abbandonai sul suo corpo sfinita e tremante mentre dai miei occhi sgorgavano fiumi di lacrime che per troppo tempo avevo trattenuto.
Non disse niente semplicemente mi stette accanto accarezzandomi con estrema delicatezza, come se avesse paura di potermi rovinare.
Al contrario di quanto avevo creduto e sostenuto arduamente non mi feci male, non fu come dare una testata alla parete, piuttosto fu come se mi avesse presa e condotta verso un tipo di felicità a me del tutto sconosciuta, una serenità che il mio cuore non aveva mai avuto modo di sperimentare.
Mi rincrebbe dover tornare ad affrontare la vita che ero stata sapientemente capace di mettere in secondo piano ma era mio compito rimpossessarmene.
Avemmo l'occasione di stare un po' da soli nel pomeriggio, quando i ragazzi uscirono con la nonna che conosceva bene la città a fare compere e curiosare un po' in giro.
Ci confrontammo su un paio di argomenti, discutemmo anche, ma alla fine arrivammo a un compromesso sul da farsi da quel giorno in poi, non potevamo più permetterci di prendere strade separate e viaggiare all'unisono.
Passai la prima parte della giornata della vigilia alle prove per il fatidico concerto del venticinque sera a cui nessuno a me caro avrebbe potuto assistere poiché riservato solo ai parenti stretti, non avevo intenzione di chiamare i miei genitori ed ero abbastanza certa che non si sarebbero presentati.
Paulo non era ammesso perciò avrei suonato solo per me stessa, com'ero sempre stata abituata a fare d'altronde.
Decidemmo invece di trascorrere la serata in modo abbastanza tradizionale, preparammo una buona cena e restammo da noi, per capodanno invece saremmo stati con i nostri amici da qualche parte.
Fu molto divertente, ci fu un interessante miscelamento di culture tra me che gl'insegnavo a giocare con le carte napoletane e loro che mi raccontarono che la notte di San Silvestro indossavano la biancheria intima di color rosa e non rosso come invece si usava in Italia.
Dolores iniziò a tollerarmi un po' di più, riuscimmo addirittura a chiacchierare mentre fumavamo una sigaretta sul balcone.
"Sei un po' piccola per questo, non credi?"
Non volevo rimproverala, anche perché io avevo fatto di peggio.
"Lo stress a questa età ti mangia vivo"
A chi lo stavi dicendo tesoro mio..
"Sì, hai ragione. Ho iniziato anche io molto presto e me ne pento, mi pento di tante cose in realtà"
Aspirai per l'ultima volta e trattenni un po' il fumo prima di buttarlo fuori e spegnere la cicca nel posacenere.
Feci per rientrare ma inaspettatamente mi fermò.
"Mi dispiace, qualsiasi cosa ti sia successa, sono certa non la meritassi"
Accennai un sorriso e presi la decisione di aspettare che terminasse anche lei, seppur non ci rivolgemmo più la parola.
"Ne sei uscita viva vedo" mi sussurrò il mio lui avvolgendomi in un abbraccio prima che riuscissi a sedermi nuovamente a tavola.
"È andata meglio del previsto"
Poi mi resi conto che eravamo lì, stretti e sul punto di baciarci davanti a tutti.
Provai a tirarmi indietro ma me lo impedì.
"Familia, tenemos que hablar"
Oh no, non aveva davvero deciso di farlo in quel momento.
Smisero qualsiasi cosa stessero facendo e si concentrarono su di noi, non mi ero mai sentita così tanto in imbarazzo in vita mia.
"Non ho avuto il coraggio di dirvelo prima, so che volete che io faccia sempre le scelte giuste e ho avuto paura che nel momento in cui lo avreste scoperto avreste pensato che questa non lo fosse. Volevate bene ad Anto e avete sempre creduto fosse la persona perfetta ma in realtà era solo una ragazzina viziata che a livello personale non mi dava assolutamente niente, poi però un giorno ho incontrato Eva, la storia la conoscete, l'unica cosa di cui vi ho tenuto all'oscuro è il vero sentimento che provo nei suoi confronti. Mi sono innamorato sempre di più, partendo dal giorno in cui ho scoperto fosse la mia vicina di casa sino ad arrivare ad oggi, e sento che ancora non sono nemmeno a metà di quanto potrei amarla. Sin da subito ho avuto la percezione che mi desse davvero tanto e in soli quattro mesi sono maturato più di quanto abbia fatto in tutta l'adolescenza, che in teoria dovrebbe essere il periodo di sviluppo, di cambio, e anche di acquisizione di saggezza. So benissimo che in realtà non si smette mai d'imparare e crescere, quello di cui sono certo è che voglio farlo con lei al mio fianco"
Ci fu un minuto di silenzio prima che continuasse con: "vi sto praticamente annunciando ufficialmente che noi due stiamo insieme e che abbiamo intenzione di essere una coppia ancora per molto" 
Il mio cuore perse un battito.
Forse avrei dovuto aggiungere qualcosa, spiegare anche io quanto lo volessi, ma l'unica cosa che fui capace di fare fu sorridere, un sorriso sincero però, che andava oltre la mia corazza.
Ci avrei messo un po' per romperla del tutto, quello era solo un inizio ma poteva bastare.
"Ya lo sabía niños, ahí que guapos eres" esultò Alicia battendo le mani.
Le mamme.. loro sanno sempre tutto, sono in grado di captare anche gli stati d'animo più insidiosi attraverso un semplice sguardo, e io ne sapevo qualcosa, mi bastava guardarla da lontano per capire se avesse litigato con un compagno perché le aveva rubato una matita oppure se era felice perché la maestra le aveva fatto un complimento per esser stata capace di colorare nei bordi.
Rita non poteva sentirlo, non era sua figlia, eppure toccava a lei consolarla fingendo di poterlo fare meglio di me.
"E io che volevo provarci.." sentii alle mie spalle, era Lautaro che si colpevolizzava di non esser stato più svelto dello zio.
"Sono contenta che tío Pau abbia accanto una ragazza come te" proferì invece la giovane ed ero certa non fosse una frase di cortesia.
In quelle poche trentasei ore avevo imparato a conoscerla e non diceva mai qualcosa che non pensava, bella o brutta che fosse.
Posò la fronte sulla mia e sussurrò contro le mie labbra: "tu mi 24 de diciembre".
Ricambiai con: "y tu mi regalo más bonito".
Carino mi avesse associata a un giorno così importante, infondo ce lo saremmo ricordato per sempre e avremmo dedicato la Nochebuena a noi due, al nostro ennesimo inizio.
"È quasi mezzanotte chicos, mancano cinque minuti, iniziamo a scambiarci i doni?"
Doni, l'ultima volta che gli avevo sentiti chiamare così era stato a dieci anni da mia nonna.
I ragazzi ricevettero un iPhone nuovo da Paulo mentre da parte mia, dato che non gli conoscevo abbastanza bene ma ci tenevo comunque a prendergli qualcosa, un bracciale di Pandora per lei e un orologio DW per lui.
Per Alicia invece avevo pensato a una borsa di Desigual che le piacque tantissimo, riservò invece a me un meraviglioso abito nero in pizzo accompagnandolo con un biglietto che diceva: "per la tua serata di domani, così puoi sentirci vicini"
Fu un pensiero straordinario ed estremamente dolce, quella donna sapeva cosa significava per me la solitudine e stava facendo in modo di spezzarla lasciando trapelare attraverso le crepe il suo amore.
"Para mi Nena" fu il suo turno.
Mi passò un pacchetto nero abbastanza discreto e mi stupii quando vidi che non si trattava di un regalo fisico.
"Studio avvocato Giordano, appuntamento giorno 13 gennaio 2016 ore 17:30" lèssi ad alta voce.
Cosa aveva fatto..
Si sedette sul tappeto accanto a me, posò la mano sul retro del mio collo e fece scontrare ancora una volta le nostre fronti.
Era diventato il nostro gesto preferito per starci vicini.
"Ci penso io, pago tutto io, ti giuro che ce l'avrai con te, che potrai crescerla come merita ma soprattutto come meriti tu, ti amo"
Piansi, piansi così forte che sentii mancarmi l'aria ma ci pensò lui a restituirmela attraverso un lungo bacio.
"Non so come ringraziarti perché qualunque cosa, letteralmente, sarebbe riduttiva. Posso dirti però che non dovevi, non era compito tuo, e il fatto che tu abbia voluto comunque fartene carico mi conferma assolutamente l'idea che mi sono fatta su di te in tutto questo tempo, ovvero che sei una persona splendida e non riesco ancora a capire come abbia fatto a meritarti. Tieni, questo è per te, non è niente in confronto a quello che fai tu ma spero ti piaccia" e gli passai la bustina della Mondadori dove ero stata qualche giorno prima con la scusa di voler comprare qualcosa di nuovo la leggere.
In realtà gli avevo preso il mio libro preferito, quello di cui gli parlavo in continuazione: "Piccole donne" di Louisa May Alcott.
Lo adoravo perché era la dimostrazione esatta di come l'unione potesse fare la forza e di quanto il sostegno della famiglia fosse importante.
Amavo leggere perché pensavo che la realtà non fosse abbastanza per me, difatti in quel romanzo vedevo ciò che la mia vita non era mai stata, mi aiutava a sognare.
Gli avevo scritto una dedica, che gli pregai di visionare in solitaria e non lì davanti a tutti poiché troppo personale e privata, dove gli dicevo che donandogli quello che reputavo il più bello dei capolavori letterari gli stavo al contempo dando in mano parte dei miei pensieri più profondi, se avevo preso una decisione del genere era perché mi fidavo di lui e avevo bisogno mi conoscesse fino in fondo.
Andammo a letto con la consapevolezza di star diventando l'uno la parte più importante dell'altro e che oramai era troppo tardi per tornare indietro.
Era nostro compito perciò rimboccarci le maniche se volevamo davvero fare quello che ci eravamo preposti: viverci senza confini e nel miglior modo possibile che la vita ci avrebbe offerto.

Él ||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now