Ohana - Epilogo

1K 40 8
                                    

5 anni dopo

"Por una mirada, un mundo;
por una sonrisa, un cielo;
por un beso... yo no sé
qué te diera por un beso!"
Lessi dal libro che tenevo tra le mani contenente tutte "Las Rimas" di Bécquer seduta su una panchina di uno dei tanti parchi di Torino.
La numero ventitré, la mia preferita in assoluto.
La cercavo sempre quando avevo voglia di quel pizzico di romanticismo che da tempo mancava nella mia vita.
"Mamma, mamma" lo sentii richiamarmi.
Sbuffai, non avevo un attimo di pace.
"Arrivo tesoro" e mi alzai abbandonando lì la borsa e tutto il resto.
"Potresti spingermi? Da solo non sono capace"
Era di una tenerezza inaudita seduto sull'altalena per i bambini più grandi di lui, quella senza supporti.
"Certo!"
Avrei fatto di tutto per lui, non potevo rovinargli uno dei pochi momenti di tranquillità fuori dall'ospedale.
"Dimmi un po', dove vuoi andare a mangiare oggi?" gli chiesi mentre lo vedevo parecchio divertito perché lo facevo arrivare super in alto.
"McDonald's"
"Wow, non me l'aspettavo sai?" ridacchiai.
Era la sua classica risposta.
Come avrei potuto dirgli di no? Era abituato a mangiare pastina e purè!
Dovevo ammettere però che anche se non avesse avuto quel problema non sarei stata mai e poi mai una mamma bacchettona, di quelle che fanno mangiare solo broccoli e carote senza mai sgarrare.
Preferivo mille volte la sua felicità, tanto i problemi di salute gli aveva a prescindere e di certo non dipendevano dal cibo spazzatura.
"Ora giochiamo a rincorrerci" e scivolò via dalla seduta.
"Oddio, ho i tacchi, aspetta un minuto"
Tempo due secondi e l'avevo già perso di vista.
Era strano che avesse così tanta energia, significava che le terapie stavano funzionando, grazie al cielo.
Mi guardai intorno e dopo aver perlustrato innumerevoli angoli lo vidi che parlava con un uomo.
"Amore attenzione! La mascherina, lo sai, soprattutto con gli sconosciuti" e gliela portai facendogliela indossare immediatamente.
"Scusa mamma, me n'ero dimenticato"
"Non fa niente" gli scompigliai i capelli lasciandogli poi un tenero bacio sulla testa.
"Ho già avuto il covid non si deve preoccupare, l'ho visto tutto solo e avevo paura si fosse smarrito" disse la persona in questione.
"Se il bambino prendesse il covid potrebbe rischiare la vita e non ci tengo affatto a sperimentare"
Alzai lo sguardo per guardarlo dopo aver indossato anch'io una ffp2 e..
"Ciao Nena"
Non potei credere ai miei occhi.
"Io non.. la tua voce è diversa non ti avevo.." balbettai ma subito dopo mi aprii in un sorriso sincero visibile soltanto attraverso i miei occhi attorno ai quali si era formata nel frattempo qualche ruga d'espressione.
Ero più vicina ai trenta che ai venti, diventava difficile non farci caso.
"Tu sei sempre stupenda"
Non era così, indossavo dei jeans skinny e una felpa, che si sommavano perfettamente ai capelli scompigliati e alle occhiaie.
"Come si chiama?" si riferì al nanetto che mi teneva la mano.
Rispose lui per me: "Mi chiamo Paulo, perché conosci la mia mamma?"
Fu come un fulmine a ciel sereno, per entrambi.
Per tantissimo tempo avevo immaginato quella scena emozionandomi e credendo che non sarebbe mai avvenuta, invece..
Si chinò in modo da arrivare alla sua altezza.
"Anche io mi chiamo Paulo ed io e la tua mamma siamo vecchi amici, non ci vedevamo da tanto"
"Che bello, gemelli di nome!" esclamò e gli diede il cinque con entrambe la mani.
"Torna a giocare tesoro, noi due abbiamo tante cose da dirci" e così fece senza esitare un secondo.
Quando fummo finalmente soli restammo in silenzio per svariati minuti finché non mi sentii in dovere d'iniziare la conversazione:
"Sai, quando gettammo la monetina nella fontana di Trevi il mio desiderio fu quello di rincontrarti un giorno se tra di noi sarebbe andata male, ed eccoci qui"
"Il mio era di passare il resto della vita con te, ma non ha funzionato"
Gli faceva ancora male, tanto quanto a me, cambiava soltanto che a differenza sua non avevo tanto tempo per pensarci.
Il suo rancore era palpabile, almeno inizialmente, e non potevo biasimarlo, ero stata una vera merda nei suoi confronti.
"Perché gli hai dato il mio nome?" domandò.
"Non c'è bisogno che tu lo chieda"
Entrambi mi avevano slavato la vita, ad entrambi dovevo essere immensamente grata, ed entrambi se ne sarebbero andati prima o poi lasciandomi sola, in un modo o nell'altro.
Ci tenevo che si chiamasse così, davvero tanto.
"Il padre?"
Solo domande sconvenienti a quanto pareva.
Scossi il capo e abbassai la testa, non sarebbe potuta andare altrimenti.
Era terrificante quanto fossi abituata all'agonia.
"Ci sono andata a letto si e no due volte, non mi ero accorta avesse sfilato il preservativo e ovviamente quando ha saputo della gravidanza non è voluto rimanere. Adesso mi ritrovo ad affrontare la sua malattia da sola, devo esser forte perché come si spiega a un bambino di tre anni che ha la leucemia e che forse non sopravvivrà? Semplicemente non si può"
Avrei preferito succedesse a me, il piccolo Paulo non se lo meritava affatto.
Crescere senza una figura maschile come guida era brutto, ma non crescere per nulla era cento volte peggio.
"Cavolo, la vita non ti da tregua.."
"No, è a lui che non ne sta dando"
Quando mi domandò come facessi a mantenere la calma gli raccontai di come correvo sul tapis roulant per tenere a bada l'ansia, poi mi fermavo e piangevo, urlavo.
Una scena alquanto imbarazzante, solitamente odiavo farlo sapere, ma lui era lui, sapevo di potermi fidare.
"Tu invece? Parlami di te" spezzai il discorso in modo che non diventasse ancora più logorante di quanto già non fosse.
"Nulla di nuovo, vivo con Oriana, una ragazza argentina che ho conosciuto due anni fa. Abbiamo cambiato casa, ora siamo sulle colline, in una zona un po' più tranquilla, lontani dal caos della città. Con la Juve va benissimo, rinnoverò presto, il contratto scade l'anno prossimo ma voglio restare fino alla fine della mia carriera. Torino è il mio posto"
Ero felice per lui, se lo meritava più di chiunque altro al mondo.
"Sai, ho una nostra foto appesa in soggiorno, sopra il televisore, proprio dove avresti voluto mettere l'atlante politico per spuntare volta per volta i posti che avemmo visitato insieme"
Che ricordi..
Fantasticare sui viaggi per tutto il mondo era il mio più grande hobby, mi sarebbe piaciuto poter ammirare insieme a lui quantomeno buona parte delle capitali di ogni paese, peccato non averne avuto l'opportunità.
"Io invece non ho mai avuto il coraggio di togliere questa" e con una certa emozione gli mostrai l'anulare sinistro.
La fede brillava ancora come una volta.
Gli s'inumidirono gli occhi, lo vidi, ma Paulino c'interruppe proprio mentre eravamo intenti a darci un abbraccio.
"Mami, posso fare merenda?"
Stavo per prendere il contenitore con la mela che avevo preparato a casa tagliandola sapientemente a pezzi quando..
"Andiamo a prendere un caffè? E per il piccoletto magari un gelato, che ne dici?"
Avrei mai potuto rifiutare?
Sembravamo una famigliola felice, quella che forse saremmo dovuti essere se non avessi perso il controllo e deciso di mandare tutto all'aria.
Ma infondo cos'è famiglia se non "il luogo dove siamo trattati meglio e dove si brontola di più" ?

Él ||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now