capitolo 28

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Non sapevo bene da quanto ero qui probabilmente una o due settimane, dormivo pochissimo e avevo gli occhi gonfissisimi.
Non riuscivo più a piangere, non ne avevo la forza perché non mangiavo ma non avevo neanche le lacrime, per quanto ci provassi nessun singolo rivolo di pianto scendeva per le mie guance.
Iniziai a disegnare sul muro con un sasso che avevo trovato a terra, spesso non sapevo neanche io cosa rappresentavano quei disegni.
E molte volte avevo tentato di disegnare il suo volto ma non ci riuscivo...
In quel posto l'unico modo in cui riuscivo ad immaginarmelo era con la faccia gonfia e piena di sangue.
Ma nonostante ogni giorno lo vedevo soffrire nella mia mente, io a lui non smettevo mai di pensarci.

Dei passi che rimbombavano in lontananza mi fecero destare dai miei pensieri e d'istinto scattai in piedi e mi avvicinai alle sbarre della cella.
Un uomo in giacca e cravatta, dall'aria dura e fredda si presentò davanti a me, rimanendo in penombra.
<<Shivani Jaanan Taylor... >> esclamò con una voce roca e profonda.
<< s-sono io>> sussurrai senza la forza di far salire il fiato in gola ma con il mio solito tono deciso.
<< domani mattina verremo a prenderti, assisterai all'udienza per la tua condanna e.... Per quella di Mattheo Thomas Riddle>>disse scandendo acido il nome di Theo, poi se ne andò senza proferire parola.
Caddi letteralmente sulle mie ginocchia e scoppiai a piangere.
Da una parte il mio cuore aveva ricominciato a battere perché avevo la certezza che era vivo... ma dall'altra parte io avrei passato minimo 20 anni chiusa qui dentro.
Mi accorsi solo dopo di essermi fatta davvero male alle ginocchia così iniziai a pulire con le mani il sangue che stava scorrendo lungo i miei stinchi.
Erano due settimane, forse, che ero lì e non ero proprio un bellissimo spettacolo.
Avevo le gambe e il volto pieni di ferite che mi ero procurata durante la battaglia, in particolare avevo un taglio profondo che attraversava parte della mia guancia sinistra e divideva in modo netto e perpendicolare il mio labbro superiore.
Indossavo una gonna nera poco sopra le ginocchia, una camicia verde di raso strappata in più punti e il cardigan nero di lana che era l'unica cosa che mi scaldava un minimo in quella cella angusta.

Non sarei rimasta in quel posto neanche se me lo avesse chiesto Lucifero in persona, quindi quegli stronzi del ministero dovevano stare molto allerta, perché la mia vendetta era in fase di escogitazione e sicuramente anche quella di Mattheo. A

&quot;Come neve d'inverno&quot;  -Mattheo Riddle-Where stories live. Discover now