33. Paladino e boia.

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«Dici che la meditazione potrà davvero aiutarmi?» Ero forse la persona più scettica al momento, eppure osservare gli occhi di Max così ricolmi di fiducia mi faceva pensare che sarei riuscita a compiere qualsiasi impresa.

Il ragazzo mi scrutava dall'alto scuotendo il capo con ardore. «È un esercizio di focalizzazione, non è niente di complicato. Dobbiamo partire dalle basi, no?»

Strinsi pugni annuendo cosciente. Eravamo da soli in quell'immensa sala d'addestramento. I miei stessi pensieri facevano eco. Non riuscivo a rilassarmi sapendo di avere l'enorme responsabilità di riuscire. E se non fosse stato sufficiente? Non ne sapevo abbastanza per potermi teletrasportare.

Inspirai tutta l'aria che avevo nei polmoni concentrandomi sull'emozioni vivide che avevo vissuto la prima volta. Abbassai le palpebre lasciando che Max facesse il resto, guidandomi verso la soluzione a quel rompicapo.

«Cosa hai provato?» Roteai il capo, mentre avvertivo la stanza girare tutt'attorno. Forse qualcosa si stava muovendo.

«Paura...» ammisi prima di piegare le labbra in una linea meno aspra. «Ma anche eccitazione.»

Guadagnai un ghigno divertito da parte di Max. Non potevo vederlo, ma immaginai la sua faccia compiaciuta a pochi passi da me.

«Il sangue che pompa fin alle tempie, il tempo che smesse di scorrere, la voglia di abbattere le barriere che mi tengono legato al mondo.» I suoi pensieri erano anche i miei pensieri.

Mi morsi un labbro con ammirazione. «Ti senti libero?» osai domandare focalizzando la sua presenza. Lui era sempre stato lì per me, in silenzio mi aveva aiutata svariate volte senza mai ricavare nulla. Persino in quel momento mi stava rendendo partecipe della sua psiche così che potessi inglobare la sua guida.

«E tu ti senti libera?» ritrattò.

Deglutii cosciente del fatto che avevamo già tutte le risposte.

«Non devi temere. Puoi essere chi vuoi, quando vuoi e dove vuoi.» Avvertii i miei occhi inumidirsi. Nonostante le palpebre serrate sapevo che Max mi stava scrutando severo.

«Ciò che voglio non conta più. Ho solo...» non riuscii a terminare la frase. Troppe responsabilità, troppe variabili. Volevo solo essere felice.

«Ci sono io qui, per te.»

Il cuore fermò i suoi battiti. L'avvertivo finalmente. Quello strano calore che esplodeva nelle viscere facendo vibrare la mia anima. Perché in quel momento l'unico pensiero della mia mente era Max. Forse ce l'avrei fatta, se solo fossi riuscita a rimanere concentrata.

«Dely, è una tragedia! Tu e Max dovete ribellarvi!» Lake fece scattare la porta in metallo. Lo scricciolo mi costrinse ad aprire gli occhi e a sbarrare le palpebre così che tutta l'energia che avevo accumulato scivolò via lasciandomi con un nulla di fatto.

Scossi il capo incapace di capire a cosa stesse alludendo. Mi tirai in piedi massaggiandomi le tempie. Era stato più faticoso del previsto.

«Che succede, Lake?» La piccola mi afferrò per un braccio costringendomi a seguirla senza neanche rispondere alle richiesta di Max. Cosa c'era di così urgente?

«Quello lo odio! Non è possibile, ti prego devi dirgli che non accadrà mai! Tu... tu sei mia amica e non sua!» Non sapevo come reagire, mentre percorrevamo il corridoio del terzo piano. Non mi ero mai addentrata troppo in quel labirinto complesso. Persino Maxfield era incerto. Aveva passato tutto il pomeriggio ad allenarmi perciò non aveva la benché minima idea di quell'improvviso cambio di umore.

«Certo che sono tua amica, ma cosa succede?» Sorrisi per provare ad alleggerire la tensione, ma Lake non voleva saperne. Era furiosa e due lacrimoni le si formarono ai lati delle palpebre. Intensificò la sua presa man mano che ci avvicinavamo al grosso tabellone delle missioni.

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