69. Polvere e sangue.

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Non c'era tempo per pensare a una contromossa, avevamo un solo ordine da seguire: muoverci il più velocemente possibile.

Puntammo i nostri occhi in quelli del caposquadra che si ergeva imponente caricando il suo stesso corpo di energia. Piegò le labbra in un sorriso bieco. «Dovreste scappare e mettervi in salvo, ma so che non obbedireste. Fate attenzione lì dentro.»

E solo a quel punto ci separammo.

Lake balzò in un cerchio di antimateria all'urlo del suo stesso spirito, mentre Christopher correva nella direzione opposta. Avrebbero perlustrato l'area attorno come prima cosa.

Quando tentai di teletrasportarmi da James per stroncare sul nascere lo scontro coi ribelli, Colton bloccò il mio corpo. «Se le ancore dovessero perire, l'energia dimensionale decrescerà a vista d'occhio e a quel punto sarai l'unica che potrà portarci via da questo inferno. Hai dato prova di essere molto potente, ma ti serviranno comunque tutte le forze per riuscire. A meno che tu non voglia implodere in energia cosmica, trattieni le tue emozioni e portarci al sicuro. James non si farà uccidere così facilmente» ordinò il ragazzo dagli occhi grigi e scuri come la tempesta. La stessa che doveva covare nell'animo.

Avvertivo quanto fosse preoccupato. E non era il solo. Lasciai che aprisse il portale che ci avrebbe condotto dall'altra parte con velocità assoluta.

«Mike,» pronunciò Sol tenendo a cuore la sorte del ragazzo cui aveva promesso di fare da mentore. «Il nostro compito sarà quello di proteggere i nostri compagni dalle retrovie, non distrarti neanche per un attimo.» Il piccolo dai capelli dorati annuì con decisione. Avrebbe dato tutto sé stesso.

Fui l'ultima ad allungare una mano nella pozza di plasma avvertendo il cambiamento di temperatura fin dalle estremità. Ci stavamo spostando nell'epicentro dei combattimenti, origine di tutte le calamità.

Con un salto affrontai di petto quello che sarebbe stato il nostro destino, avvertendo il cambiamento fin sotto la mia pelle.

Le ombre mascherarono i primi lampi di luce dati dalle spade e dai colpi di pistola, ma troppo pochi furono i secondi in cui mi resi conto che si stesse consumando un massacro. Le urla strozzate delle vittime soppiantarono i miei stessi pensieri.

Il corridoio di pietra ero riverso di corpi delle ancore che fino a pochi minuti prima ci osservavano pieni di speranza, sentimento che non eravamo stati in grado di soddisfare. Avevano provato a raggiungerci, ma nessuno di loro ce l'aveva fatta.

Il sangue sgorgava a fiotti da quelle povere anime che non avevano fatto nulla di male se non fuggire da un tempo e un luogo che non permetteva loro di vivere. Scansai le loro carcasse con passo pesante, evitando di osservare quegli occhi spenti.

Ma a dipingere di rosso le pareti del corridoio non c'era solo il sangue delle ancore. Lake era passata di lì e non aveva avuto alcuna pietà per i suoi nemici.

Seguii il resto della mia squadra che si dirigeva verso la grande sala comune. La luce della sorgente diveniva sempre più fievole, decrescendo di intensità ad ogni secondo che passava. Presto l'abazia sarebbe stata inghiottita dall'oscurità eterna.

Lui poteva essere già morto.

«James!» gridai disperata, mantenendo il petto irto e le orecchie attizzate oltre la disperazione.

Ma non ricevetti alcuna risposta.

Quella sensazione di impotenza mi paralizzò all'imbocco della comune. Mi ritrovai bloccata sul posto, mentre la carne chiedeva tregua e la mia memoria veniva inondata da quelle che sarebbero state le immagini che avrebbero arricchito i miei incubi.

Avvertivo il peso dei secondi scorrere come era accaduto altre innumerevoli volte, osservando di sguincio i miei compagni prodigarsi in battaglia e fare del loro meglio.

TravellersWhere stories live. Discover now