70. Resa dei conti.

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Un singolo respiro fu tutto ciò che bastò per circumnavigare il patio distrutto ed evitare che i ribelli ci seguissero. Complice l'oscurità sempre più fitta, ci infiltrammo per il corridoio di pietra rivestito dall'edera rampicante che ci avrebbe condotto dall'altro lato di quel cumulo di rocce sgargianti.

Era quasi fatta: un solo altro battito di cuore era la distanza che ci separava da James.

Lì dietro, proprio oltre la navata centrale e sul patio. Mio fratello era ai piedi di Blake, tenuto stretto per il collo dal ribelle più pericoloso di tutti.

«Shark» pronunciò stretto tra i denti l'uomo che spingeva con tutte le sue forze affinché raggiungessimo i Bellamy in tempo. Ce l'avremmo fatta, se solo...

Avvertii il pericolo quando quel mondo surreale iniziò a rallentare. Il corpo di Blake era stato innalzato al cielo dalla potenza straordinaria contenuta nelle braccia di quel mostro con la cicatrice sull'occhio. A nulla valsero le urla disperate di James in sottofondo che pregavano di arrestarsi.

Era straziante vederne il compimento. Era lancinante il senso di colpa che ne sarebbe derivato.

Il mio stato d'animo variò impercettibilmente la presa che avevo su Christopher, il quale diede tutto sé stesso pur di accorciare la distanza tra la vita e la morte per quel padre appena ritrovato e che stoicamente aveva accettato il suo destino. I suoi occhi sembravano tanto supplicare James di non guardare oltre, implorandolo di fuggire. Conoscevo fin troppo bene quello sguardo.

Non seppi mai se Blake si sacrificò volontariamente o se Shark avesse qualche conto in sospeso con lui.

Purtroppo, non ne aveva più importanza.

In quel singolo istante anche la sua vita terminò.

Un tumulto di pietre e polvere si dipartì dal punto esatto in cui il corpo di Blake sfiorò il suolo.

Come conseguenza causa-effetto della dipartita dell'ennesima ancora, un varco si aprì nelle profondità del santuario, interrompendo la nostra corsa e costringendoci ad accettare il fallimento.

Eravamo arrivati troppo tardi.

Christopher era stato costretto a decelerare e sterzare, variando brutalmente il suo baricentro e capendo che saremmo capitolati in men che non si dica. Aveva smorzato l'attrito facendomi da scudo con il suo corpo, affinché non mi scontrassi contro i marmi dell'abazia. Lo sentii gemere, ma neanche per un attimo perse la sua grinta.

Doveva essere abituato ai cambiamenti repentini della geografia del campo di battaglia, ma neppure la sua accelerazione avrebbe potuto riavvolgere il tempo e permetterci di...

Quando rialzai nuovamente lo sguardo, il sorriso beffardo di Shark anticipò le nostre mosse, mentre ai suoi piedi capitolava l'ennesima ancora senza più respiro.

«Troppo tardi, moscerini» si fece beffa di noi.

«NOO! PAPÀ!» James si appropinquò al corpo di Blake cedevole nella carne e nello spirito. Gli occhi gli si riempirono immediatamente di lacrime, le stesse che allagavano la mia mente, incerta sul da farsi.

Al momento Shark sembrava ignorare la sua presenza, credendolo solo l'ennesimo fuscello che avrebbe spezzato lungo il suo cammino. Lui mirava ad altro, voleva altro e l'avrebbe ottenuto prima di vincere quella guerra ventennale.

«Lo hai capito, vero?» mosse le sue labbra con placida calma, mentre il terrore aleggiava nello sguardo di noi poveri spettatori inermi. Osservavo mio fratello chino e disperato, incapace di respirare e rimanere vigile allo stesso tempo. Per lui non aveva più importanza ormai, quel dolore infinito lo avrebbe seguito ovunque e in qualunque tempo. Ci sarebbe stata solo una fine e voleva farla giungere il più presto possibile. Shark lo sapeva bene.

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