48. Velocità di fuga.

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Avevo capito fin da subito che l'unica possibilità che avevamo era quella di eviscerare le verità su quel luogo dimenticato. Avrei dovuto indagare e sfruttare le conoscenze a mio favore. Era tutto in cui ero brava e l'unica cosa che fosse in mio potere in quel preciso momento.

La comunità dei limitanti si divideva tra coloro che apertamente favoreggiavano per la supremazia dei viaggiatori e osannavano Kors, e coloro che avrebbero pagato oro pur di abbracciare i propri cari ancora una volta. Avrei dovuto fare bene attenzione su chi riporre la mia fiducia, se non avessi voluto trovarmi in qualche guaio.

Ero sgattaiolata fuori dalla tenda senza che Sol se ne accorgesse; perciò, necessitavo di mantenere un basso profilo.

"Ma che diamine vuoi? Sto cercando di fare il mio lavoro qui. Se per colpa tua perdo la mia razione di cibo ti verrò a cercare!"

Era difficile riuscire a intavolare una conversazione con perfetti sconosciuti, soprattutto quando le domande poste potevano essere scomode.

«Se so usare i miei poteri?» aveva ripetuto la donna, mentre sfilacciava il ricamo su una delle pellicce. Annuii speranzosa. Se qualcuno di loro fosse stato capace di farlo avrebbe potuto essere la chiave per la nostra via di fuga. «Tesoro, ti farei recapitare un cappotto imbottito direttamente dalla boutique più costosa di Parigi, anziché pungermi con questo ago d'osso, se solo ci riuscissi.» Il mio entusiasmo venne smorzato sul nascere. Era l'ennesimo buco nell'acqua.

«Mi dispiace averla disturbata» scandì mesta. La sarta mi volse un sorriso di benevolenza ricambiando il saluto.

Mi allontanai dalla sua tenda scrutando nella piazza chi avrebbe potuto essere il prossimo. Quello era un luogo di ritrovo per la comunità ed era proprio come me lo aveva descritto James: capanne disposte a cerchio attorno a cataste di beni di prima necessità. Era tutto ben in vista per limitare i saccheggi e gli screzi. A regolare gli scambi erano i produttori di materiale, che in cambio ricevano protezione dai guardiani, ex componenti delle squadre dell'Accademia.

Se qualcuno osava mettersi contro la comunità trasgredendo alle sue regole veniva cacciato senza alcuna pietà. Ciò significava morte certa.

Vi erano almeno un centinaio di sacchi di segale e cataste di ciotole, teli, tavoli e tasselli. In piazza trovavi tutto ciò di cui avevi bisogno per sopravvivere.

«Delaney! Finalmente!» James giunse alle mie spalle affannato e risollevato. Mi voltai osservandolo ansimare, trattenendo un risolino. «Non andare in giro da sola!» mi rimproverò.

Raccolsi le braccia sotto il seno ruotando gli occhi al cielo. «Senti da che pulpito viene la predica.» Lo squadrai dall'alto in basso facendo riferimento al suo status sociale di ancora. Il ragazzo aprì bocca senza proferire parola, rendendosi conto che anche lui aveva violato il nostro accordo: non spostarsi in solitaria.

«Per fortuna che sono qui con te, allora!» si ragguardò. Alzai gli angoli della bocca verso l'alto facendomi strada tra le baracche alla ricerca di una intuizione che avesse potuto fare a caso nostro.

«Non dovevi preoccuparti. Sto chiedendo in giro un po' di informazioni, ma finora si è rivelato un fiasco. Sono in un luogo pubblico, nessuno può farmi nulla!» gli feci notare. Il moro indagò testé la folla che si era raccolta negli ultimi minuti. La piazza era gremita di nuovi volti.

«Oh, la squadra di ricerca è tornata. Forse dovremmo parlare con loro!» mi fece notare James. Ma non avevo la minima idea di chi fossero.

«Come mai?» domandai rimanendo in disparte, mentre i ragazzi venivano accolti dal resto della popolazione con particolare entusiasmo. Persino la sarta con cui avevo intrallazzato poco prima si era precipitata al cospetto del gruppo. Sembravano essere dei veri e propri eroi, mentre la popolazione gli osservava con gli occhi pieni di speranza.

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