07. Travellers.

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6 giugno, ore 7.03

Aprii lentamente gli occhi. Sbattei più volte le palpebre.

Stavo osservando un soffitto, perfettamente bianco e così luminoso. Non c'erano suoni, né odori particolari. Alzai di poco il busto per capire dove mi trovassi: pareti libere da ogni soprammobile, pavimento in parquet e solo una finestra a dare luce alla stanza. Ero sicura di esserci già stata.

Alzai un braccio per sfiorarmi la nuca dolorante. Avvertii un bernoccolo a contatto con i polpastrelli. La leggera coperta che aveva rivestito il mio corpo fino a quel momento scivolò via quando ritornai seduta. Avevo scrutato lo spazio intorno a me con abbastanza superficialità, poiché solo dopo un paio di minuti mi resi conto di non essere sola: ai piedi del letto c'era qualcuno che credetti non avesse smesso di scrutarmi un attimo dacché avevo ripreso i sensi.

«Christopher...» sussurrai in direzione del ragazzo che fino a quel momento non aveva mosso un muscolo «... Che è successo?» Di scatto sembrò rendersi conto di qualcosa, si allungò in avanti per tenermi ben salda e stretta nelle spalle.

«Vacci piano, non devi muoverti. Ti senti bene?» I suoi occhi saettarono dai miei verso il resto del mio corpo, tastò a sua volta la mia nuca come per controllare se fosse tutto in ordine aspettando così una mia risposta. Rimasi spiazzata dalla sua premura.

«Mi fa solo male la testa, per il resto sto bene, penso...» confessai arrossendo per quella strana vicinanza. Con il passare dei secondi nella mia mente iniziarono a farsi strada i miei ultimi ricordi. Il mio sguardo tramutò in un'espressione più severa. Eravamo riusciti a scappare? James dove era? E gli altri della squadra? Mi mossi istintivamente: volevo avere delle risposte. Provai ad alzarmi, ma Chris mi tenne ferma, era decisamente troppo forte per me. Spalancai gli occhi chiedendo il perché lo stesse facendo.

«Cosa non capisci della frase "non devi muoverti"?» mi rimproverò tenendomi incollata con le spalle al muro.

«Ce l'abbiamo fatta? È tutto finito, vero?» domandai speranzosa. Lui sorrise. Il primo sorriso vero che gli vidi fare.

«James è di là, ma non ti darò il permesso di vederlo fino a che non la smetterai di agitarti!» rise di gusto, mentre allentava la presa sul mio corpo per potersi sistemare al mio fianco: eravamo spalla a spalla. Calò un silenzio imbarazzante, ma non importava: ero felice, mio fratello era salvo. Posai la testa contro il freddo muro inspirando più profondamente. Forse avrei dovuto riposare un altro po'.

«Perché mi trovo qui, cosa mi è successo?» domandai a cuor più leggero.

«Sei svenuta e hai battuto la testa per terra. Secondo Sol hai avuto un trauma cranico, perciò ti abbiamo portato qui per farti riprendere. Ti abbiamo controllata ogni minuto. Persino James è rimasto a sorvegliarti tutta la notte nonostante le sue condizioni» m'informò.

«Tutta la notte? Quanto tempo sono rimasta incosciente?» lo interrogai stringendo a me le ginocchia. Mi guadagnai un'occhiataccia da parte di Chris, mi stavo ancora muovendo. Sospirò esasperato prima di fissare un punto indefinito dinanzi a sé.

«Quarantadue ore. Sei stata incosciente per quarantadue ore.» Sbarrai gli occhi. Erano quasi due giorni, com'ero potuta rimanere in quello stato per così tanto tempo?

«È normale... Dopo uno sforzo simile» mi rassicurò Christopher posando una mano sulla mia. Deglutii a fatica, il suo sguardo non era mai stato così dolce e sincero.

«Cosa... Cosa avrei fatto?» Mi scrutò cercando di notare un mio vacillamento.

«Ancora non riesco a credere che tu... Tu abbia bloccato il tempo!» mi confessò come se fosse una banalità. Le parole di Sol che mi aveva riservato prima della missione balenarono nella mia mente: la manipolazione del continuum spazio-temporale era cosa possibile? Un brivido di incertezza percorse la mia schiena.

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